Adesso
la cosa che ci interessa di più è solo di tornare a giocare, per
mettere fine a questo gioco al massacro imposto dai frutti
dell’astinenza che ha reso cupo questo nostro cielo in una stanza,
sperando poi che i sogni non abbandonino mai il gioco, e che il tifoso
non sia costretto a chiedere al solito cartellinogiallomunito davanti a
un Pizarro mai così tanto punito, “ma a che gioco giochiamo?” Continuare
ad avere un buon gioco sarà importante, come importante sarà che anche
la società entri in gioco nel caso si verifichino delle interessanti
occasioni di mercato, saldi o non saldi, sempre e comunque se il gioco
vale la candela. Sembra un gioco da ragazzi battere il Pescara,
attenzione però al gioco delle tre carte, o addirittura al doppio gioco
celato nel raddoppio delle forze che potrebbe mettere in campo una
squadra costretta a giocare sporco e che sembra non avere scampo. Specie
quando in gioco non ci sono le tre carte ma i tre punti che fanno
sempre gioco. In questo caso sarà compito della difesa mettere in fuori
gioco l’eventuale gioco pesante, che a differenza dell’alito per il
quale potremo fare anche buon viso a cattivo gioco, o alito, sarà
importante renderlo innocuo in modo che nessuno possa prendersi gioco
delle nostre speranze. E se prendersi gioco della tavola significa
mangiarsi un panino con il lampredotto in piedi, Firenze è sempre pronta
a mettersi in gioco soprattutto quando in piedi c’è da mettere su una
polemica, di fatto il suo gioco da tavola preferito. Ed è così che anche
su operazioni marginali come quella di Larrondo c’è già chi si presta
al solito gioco immondo, torna fuori così il checchisterismo di
bassofondo nel gioco perverso dell’autolesionismo che spesso a Firenze
gioca in casa. Oggi a maggior ragione che la grande distribuzione
permette a chi ha individuato nei Della Valle il vero vaso di Pandora
che contiene tutti i mali, con un solo euro di comprare un Bauli e
toglierlo dal mercato per conservarlo con cura, e allo stesso tempo
tempo di usare la busta dello zucchero a velo per calare un velo pietoso
sulla storia della pontellizzazione. E allora se basta un Larrondo per
tirare fuori il peggio del checchisterismo da bassofondo, è meglio un
fondoschiena di un bassofondo, meglio ancora un fondoschiena che non sia
basso, mentre il popolo dei sub cerca il relitto della smobilitazione
in fondo al proprio animo derelitto, quel popolo che ambiva ai giochi
Preziosi, o a quel Delio uno di noi, ma anche Delio giochi di mani
giochi da villani. Oggi davanti a un culo non certo piatto, e a un
piatto ricco di soddisfazioni che non piange certo come invece i soliti
quattro sfigati o al massimo i quarantaquattro Gat, sul piatto, al disco
incantato del gospel dello scetticismo cantato a cappella, che così
bene rappresenta un certo tifo, preferiamo metterci il disco di Narciso
Parigi. E per non sentire i fruscii di quella puntina di ridicolo, basta
girarlo sul lato B evitando così giri di parole e ascoltando invece punti
fermi come la fede incrollabile. Insomma, trentotto punti fermi in
classifica invece di 45 giri di parole dei soliti quarantaquattro Gat.
Quarantacinque per quarantaquattro perché quello che straparla vene
considerato due.