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martedì 31 dicembre 2013

"Un pacco di perridere"

Si è parlato molto di Pizarro in questo periodo, non solo perché in tempo di consuntivi la sua stagione non è stata all’altezza di quella scorsa, ma perché ultimamente certi aspetti del suo carattere hanno generato più di qualche perplessità. Permaloso, schivo, i suoi atteggiamenti sembrano far emergere un certo disagio, e ripensando al fatto che la scorsa estate aveva persino manifestato la volontà di andarsene, è cresciuta in me l’esigenza di capire cosa ci fosse dietro a quel carattere che genera la stessa ombra del Cupolone. E chi meglio della Bice poteva indagare così in profondità, lei che prima di lavorare per la Riblogghita viveva nelle metropolitane indagando nei cestini, e così è riuscita a intervistare il vicino di casa del cileno raccogliendo indiscrezioni molto importanti. Intanto ha confermato i nostri sospetti, l’uomo ha infatti dichiarato che il centrocampista Viola è un misantropo della peggior specie. Odia gli altri esseri umani, soprattutto quando sono arbitri, li rifugge e quindi preferisce starsene sempre da solo per godere pienamente dell’unica compagnia di se stesso. Ma il vero scoop della Bice è stato quello di riuscire a fotografare nel garage del cileno l’ultimo suo grande acquisto, altro che Ferrari o Porsche, perché David si è comprato un tandem per andarci in giro da solo. Poi incalzata dalla mia sete di conoscenza, la Bice ha fatto luce anche sullo strano comportamento di questa estate, quello che il suo procuratore aveva scambiato per la voglia di cambiare aria. Non era così. Scosso dal finale di campionato, infuriato con la classe arbitrale aveva solo deciso di scappare da tutto e da tutti, non solo quindi dalla Fiorentina. Da tutto. Il suo caratteraccio aveva definitivamente preso il sopravvento. La Bice ha tracciato un quadro fosco di quelle frenetiche ore subito dopo la fine della stagione, mentre ne ha disegnato un profilo psicologico chiaro anche se lui alla fine è bruno, e così sono giustappunto venute fuori  delle analogie caratteriali con l’orso bruno marsicano. Il giocatore ama il mare ma odia le persone. Ama il mare anche se poi è troppa tutta quella sabbia, troppo il caldo, e insopportabili tutti quei bambini che frignano. Già odia il Guetta figuriamoci le radioline a tutto volume. E così finito il campionato aveva deciso di andarci cercando però gli angoli più lontani dalla confusione. La Bice racconta che per raggiungere oasi di pace aveva messo in conto di affrontare anche un po’ di cammino per arrivare fino alla battigia. Insomma, Pizarro aveva deciso di andare al mare sulla riviera romagnola ma era stato costretto a piantare l’ombrellone in piazza Maggiore, a Bologna. Chiarito poi che per fare i regali di Natale è dovuto andare in un centro commerciale dismesso in Abruzzo, è arrivata l’ora di fare gli auguri a tutti quelli che mi hanno sopportato, mentre ci accingiamo ad aspettare l’anno nuovo e Gomez con più di qualche speranza. E non moriremo cacando. Solo un velo di risentimento mi accompagnerà verso il citofono, si lo so che quando suonerà non potrò fare altro che chiedere se è il 2014 ed  aprire, stapperò un Franciacorta, ci abbracceremo, ma so già che un pensiero dolce-amaro mi porterà diritto all’ultima considerazione dell’anno, al fatto che non sarà finito solo il 2013, ma anche una lunga stagione della nostra politica, e se Berlusconi prima di andarsene ci avrà comunque fatto il regalo di portarsi via Montolivo, il nostro amato Renzi, invece, ci ha tirato un “pacco di perridere”, più ancora di Calvarese. Ci ha portato Max Pezzali. Comunque in alto le Coppe. Tutte e due.


lunedì 30 dicembre 2013

Un cronometro come quello di Mazzarri

Dopo aver ingerito una terribile lattina di Red Bull sono stato in un cinema d’essai a vedere un film francese degli anni ’30. Mi sono vestito come Jean Gabin, Gauloises comprese. Prima di entrare in sala ho preso anche una baguette, una crepes e un Pastis. In occasione di questo evento che vedeva il meglio d’Oltralpe e il meglio d’Oltrarno, ho mangiato anche una “francesina” rifatta in via della Chiesa. Poi mi sono lasciato andare. Belle le atmosfere nebbiose dalle quali mi è sembrato di scorgere anche il profilo insulso di Montolivo, belli i dialoghi pesanti e drammatici. Quei visi espressivi senza neanche un sorriso. Bello quel ritmo lento proprio come una giocata di Montolivo. Si, allora era proprio lui. Quella musica triste e quel languore sottile che metteva un’angoscia senza fine. Evvai!!. Ora che avevo sopportato tutto questo ho pensato di avere le carte in regola per potermi concedere, senza grandi sensi di colpa, qualcosa di più leggero come ad esempio la visione del numero di utenti on line su Fiorentina.it. Per la cronaca è invece sorprendente  prendere atto dei ritardi reiterati di Pepito agli allenamenti, e chi l’avrebbe mai detto di una persona così corretta e disponibile, ma vista la sua importanza sottoporta è comunque meglio che arrivi puntuale al gol e che calci bene anche di destro. L’intervista di Montella tocca però un aspetto che riguarda un mio problema che è proprio l’esatto contrario di quello di Pepito. La troppa puntualità. Un eccesso che mi porta a presentarmi agli appuntamenti in largo anticipo, a prescindere che l’appuntamento sia in un largo piuttosto che una via o piazza. E siccome molto spesso l’appuntamento è con persone che arrivano tardi, dura più l’attesa per l’appuntamento che l’appuntamento stesso. E poi Montella con quella puntualizzazione mi ha ricordato molto il padre del Centi, severo e inflessibile oltremodo al rispetto della puntualità, aveva un cronometro come quello di Mazzarri e aspettava Riccardo davanti all’uscio di casa. Appena arrivava a toccare lo zerbino stoppava il tempo, guardava il quadrante e a seconda degli accordi sull’orario di rientro partivano le pesanti ripercussioni. Il Centi era terrorizzato dal padre per via del rispetto degli orari e dalla madre che gli misurava il mangiare per una leggera tendenza all’obesità che faceva pendant con la sua grande voracità. Il momento più critico era quando andavamo a ballare perché lui doveva gestire l’orologio e lo stomaco allo stesso tempo, perché quando ero ragazzo, andavamo a ballare la domenica pomeriggio, subito dopo pranzo e lui era perfettamente affamato come prima del pranzo. Il Babbo del Centi lo salutava azionando il cronometro e la mamma raccomandandosi di non mangiare niente. Ricordo che alle 15,30 eravamo già tutti in pista a dimenarci senza sosta fino alle 19, orario entro il quale era obbligatorio rientrare a casa. Una volta il Centi si sentì male mentre ballava, era un periodo dove era anche sottopressione per la scuola, e la Fiorentina aveva acquistato Gola e Bertarelli. Non certo un bel momento per il povero Riccardo. Fu chiamata l’ambulanza e il medico stabilì che certamente doveva aver ingerito “qualcosa”. All’ospedale accorsero anche il babbo con il cronometro e la mamma con il babbo, fecero indagini approfondite e fu segnalato all’Autorità Giudiziaria per aver assunto una dose massiccia di melanzane alla parmigiana.

domenica 29 dicembre 2013

La Maserati e i capelli sciolti

Tutti hanno già fatto le pagelle, e chi non l’ha fatto ha comunque indicato per tempo il momento migliore di un 2013 davvero emozionante, a me quindi non resta che fare come Montolivo arrivato fuori tempo massimo all’appuntamento con il Milan dei grandi successi, e così mi accollo l’onere del peggior gesto, che non è quello di Calvarese come si potrebbe superficialmente dedurre. Da italiano ferito nell’orgoglio scelgo invece quello di Luca Parmitano, l’astronauta italiano che ha fatto scalpore quando durante una missione spaziale ha fatto una lunga passeggiata all’esterno della navicella Iss. Alla fine ci siamo fatti riconoscere anche nello spazio per quelli che vanno a spasso in orario di lavoro. Chissà se ci riuscirà Renzi a togliere certe brutte abitudini, certi marchi di fabbrica prima che le fabbriche siano tutte delocalizzate, chissà se ci riusciranno soprattutto i Della Valle e Montella a togliere la più brutta consuetudine, quasi un abito su misura per Firenze. Una moda che però non nasce a Pitti quella di non vincere, un costume che non è quello della sfilata del Calcio Storico, ma ormai un uso, una pratica, una routine, insomma un tran tran che trova la sua massima esaltazione con l'inaugurazione della tranvia. Il 2014 dovrebbe essere finalmente l’anno nel quale riusceremo a far deragliare questa inclinazione, e così portare a casa una delle due coppe in palio, mentre vorrei precisare a Chianti Giano che nel parlare di coppe non c’è nessun riferimento subdolo alle poppe. Intanto quel genio di Berlusconi con un solo gesto risolve il razzismo e la discriminazione territoriale negli stadi vendendo Balotelli. E se solo cedesse pure Montolivo e liberasse così la Milano rossonera anche dalla nebbia calcistica lo rivoterebbero tutti, anche gli interisti, a quel punto a Renzi non rimarrebbe altro che regalare l'area Mercafir ai Della Valle. Un 2013 che ha visto l’aumento indiscriminato della benzina, un anno nel quale per molti mesi non sono più riuscito a fare il pieno alla mia macchina, poi la beffa proprio il giorno che ci ho messo 110 euro tutti insieme e si è fermata per overdose. E  a proposito di auto devo dire che a Firenze siamo pronti per vincere perché nell’ambiente si è instaurata la giusta fiducia, come quella necessaria quando si deve acquistare appunto un auto usata. E se dico che il momento è quello ideale è perché me ne intendo abbastanza, so stare in guardia dalle dichiarazioni di certi venditori o dalle mancate dichiarazioni di certi altri venditori di se stessi a Galliani, perché le macchine che vorrebbero mollarmi sono sempre state di qualche vecchietta che le usava pochissimo. Lontane almeno 100 km dal mare. Di ex proprietari non fumatori e non trombanti. Di gente che non ci ha mai mangiato le patatine o ci si è scaccolato a un semaforo. Mai una volta che sia appartenuta al cugino di Vargas. Per festeggiare la vittoria sulla Juve tempo fa avevo deciso di comprarne una sportiva ma non sapevo decidermi su quale modello perché dovevo trovarci almeno un nesso con quell’esaltante partita, fino a quando non misi gli occhi su una Maserati Quattroporte. Ecco, secondo il venditore era appartenuta ad un ex bracciante agricolo del Molise che la usava solo una volta al mese per andare alla posta a ritirare la pensione. Se anche Calvarese andrà in pensione andremo a fare due sgommate al Piazzale, con le sciarpe di fuori, suonando all’impazzata perché il clacson è come nuovo, l’ex bracciante agricolo infatti non lo usava mai perché era sordo, e ci andremo per festeggiaere una coppa. Mi scuserà Chianti Giano se nella foto ci s’è infilata per sbaglio una donna. Comunque di spalle e vestita. Sui capelli sciolti, invece, non ho potuto farci niente.


sabato 28 dicembre 2013

Le curve

Il Natale è passato in fretta così come Alonso, ho rivisto un paio di volte la partita con la Juve, così come le vecchie foto di famiglia, la riapertura di certe scatole con le polaroid riscuote più successo della tombola dalle mie parti, roba da parenti nelle brevi parentesi tra un’abbuffata e l’altra. Ricordi, il parentame evoca ricordi, ci sono cose che mi fanno rivivere con dolce struggimento i tempi lontani della mia infanzia, quando per esempio andavamo a rubare la frutta. Perché Firenze nasconde un’anima verde insospettabile, un’anima tergale fatta di giardini ridondanti, e basta una finestra sul dietro per dimenticare il traffico, il marmo e la pietra serena. Ieri sera, appena calato il tramonto, ho visto alcuni bambini che scavalcavano il muro del vicino per andare a rubargli la frutta. Come facevo anche io con i miei amici quando avevo la loro età. “Finalmente dei bambini che con queste piccole monellerie innocenti stanno alla larga dal freddo mondo dei videogiochi e di internet”. E mi è preso un sottile struggimento mentre li ho visti arrampicarsi come scimmie su un albero di albicocche, mentre uno di loro teneva a bada con un coltello l’anziano proprietario. Noi scavalcavamo anche i cancelli dello stadio e ci facevamo scavalcare dalle bambine dopo aver organizzato giochi con il solo scopo di guardargli le mutande. Non a caso amiamo Cuadrado, uno dei pochi in grado di scavalcare l’avversario, e poi c’è la cosa che amo di più insieme alla Fiorentina. Una passione che ho fatta mia grazie allo zio Sergio che era un tipo molto deciso. Un uomo sbrigativo, un po’ ruvido ma efficace come una labbrata, e quando si mise in testa di insegnarmi ad andare in bicicletta, non perse molto tempo. Mi mise su una Romanelli senza freni e mi buttò giù per la discesa di Marignolle, giù dritto verso Porta Romana. Fui costretto ad imparare in pochi secondi, ricordo che riuscii in qualche modo ad affrontare la prima curva, poi la seconda e quindi tutte le altre, mentre pian piano la bicicletta rallentava la sua corsa, perché fortunatamente, alla fine di quella serie di curve riuscii ad imboccare la salita del San Gaggio sano e salvo. Mi fermai con il cuore che andava a mille, mentre dentro di me ringraziavo lo zio, che con quel metodo così rude era riuscito ad insegnarmi in pochi secondi quello che altri ci avrebbero messo giorni. Da quel giorno non ho mai smesso di amare le curve.

venerdì 27 dicembre 2013

Non tutto fila liscio Diladdarno

Non tutto fila liscio Diladdarno, se guardiamo dentro a un buco non vediamo Santa Croce, perché o è tutto meravigliosamente buio oppure vediamo solo l’acqua defluire velocemente. Ieri parlavo della forza di San Frediano, di quella sua energia positiva che regala in certi casi persino la forza di abbattere tabù, in mancanza di alberi, mentre la Polizia, all’alba, preferisce abbattere le porte. I più romantici aspettano invece il tramonto sul ponte alla Carraia per abbattere gli ultimi luoghi comuni rimasti, come per esempio i bagni pubblici ormai superati dai più moderni Sebach dei muratori. San Frediano abbatte anche i detti popolari perché vive di luce propria, la sua saggezza si rinnova continuamente, tanto che invece di respirarla nelle vecchie botteghe si può aprire in franchising, e solo gli interrogatori dopo avere abbattuto le porte al’alba vengono svolti sotto la luce artificiale delle lampade. E siccome siamo furbi, Porta Romana la lasciamo aperta dall’alba al tramonto in modo che nessuno la possa buttare giù. Solo un detto resiste ancora, dopo che con le lavanderie a gettone anche i panni sporchi non si lavano più in Arno, un detto che resiste più ancora della Rificolona o del pan di ramerino. Duro a morire come il pane duro per la ribollita. Perché ho scritto almeno una decina di lettere a Scarlett Johansson per invitarla qualche giorno a casa mia Diladdarno. E non mi è arrivata nessuna risposta. E’ proprio vero che anche in San Frediano le Poste non funzionano. A dire la verità ci sarebbe qualcos’altro, forse di ancora più negativo perché un po’ mi ha segnato, più ancora del Tozzi che ci segnava la spesa della mamma, più grave perché in questo caso non è un modo dire ma purtroppo di fare. Diciamo che sono stato iniziato male come quando si aprono certe confezioni di biscotti dalla parte sbagliata, come quando la difesa è troppo alta e poi t’infilano per vie centrali, noi che di vie centrali ce ne intendiamo, e nel genere contempliamo anchei vicoli, borghi e piazzette. Per noi che un viale sembra un’offesa e che la cosa più larga che preferiamo sono le cosce. Insomma, non sono mai stato un grande seduttore, probabilmente perché non ho una buona tecnica. Ci provo e ci riprovo come un giocatore davanti al muro per affinare quella di calciare meglio. Ogni tanto, infatti, invito a casa mia delle donne con la scusa di fare l’amore. E poi mostro loro la mia collezione di farfalle.


giovedì 26 dicembre 2013

Intanto la cicala

Al di là di  tutte le possibili valutazioni di natura tecnica, per le quali siete molto più bravi di me, vorrei invece mettere l’accento sulla bontà del gruppo in quanto persone, che oltretutto senza accento sarebbe bonta. Perché oggi la Fiorentina rappresenta un modello di calcio sano e divertente, anche se ancora non vincente. Dalla proprietà allo staff tecnico, dai giocatori fino al suo pubblico, tutti sembrano incarnare perfettamente questo modello. Non solo, si sono avviate collaborazioni con onlus importanti, si sono abbattute le barriere, e anche se non proprio abbattuti del tutto vengono comunque mantenuti i toni bassi, anche le polemiche non ristagnano più, insomma, non più solo un buon drenaggio del campo come un tempo, tutti i messaggi che escono dalla sede del viale Fanti tendono ad essere positivi, c’è il giusto equilibrio, il rispetto dei ruoli, c’è spirito di appartenenza. Per avere la perfezione ci manca solo la sede in Santo Spirito. Il tutto sommato alla qualità del gioco e ai risultati che fanno della Fiorentina un esempio che ormai sembra essere guardato con interesse non più solo in Italia. Mi sento molto orgoglioso di tutto quello che è stato creato in questi ultimi anni, perché questo è veramente molto vicino a ciò che intendo come modello ideale. Nessuna puncicata, niente isterismi balotelliani o mazzarriane recriminazioni, non ci sono guerre intestine come quelle tra Barbara Berlusconi e Galliani, non ci sono presidenti senza casco che scappano in motorino in mezzo a turpiloqui, non c’è isteria ne arroganza, non ci sono curve chiuse, allenatori in bilico e nessuna smorfia di Cassano. Oppure quelli che la notte di Natale scappano con l’amante dopo aver rubato il panettone ai bambini, no, non ci sono nemmeno quelli che credono che Gesù bambino sia Babbo Natale da giovane. La squadra è veramente un gruppo e non un groppo in gola,  nello spogliatoio non ci sono più quelli che vogliono alzare le asticelle, quelli furbi che vogliono guadagnare alla faccia della società, quelli che non hanno nessun rispetto per la passione dei propri tifosi, c’è solo chi è contento di starci, che lo ritiene un onore, c’è addirittura un flusso immigratorio contrario, di chi cioè abbandona società che sono sul tetto d’Europa pur di venire a indossare la maglia Viola. Un clima che ha fatto bene anche al Santo bevitore Vargas che sembra aver ritrovato improvvisamente il gusto per l’analcolico, uno che sa di aver ricevuto molto più di quello che ha dato. Insomma non ci sono più mele marce, il gruppo è unito, e la sensazione è quella che ci sia una sorta di patto per poter regalare alla città qualcosa di finalmente tangibile. C’è un legame forte, l’unità d’intenti si taglia a fette come il mio meraviglioso panettone. Professionalità e perfetta lievitazione delle ambizioni. Non si alzano più asticelle o gomiti, a parte Rebic, nel presente solo indumenti femminili, con la speranza che molto presto possa mettere la foto di un trofeo. Ormai siamo inattaccabili anche dalle voci che via via vengono messe in giro ad arte per destabilizzare, il portiere, il mercato, l’allenatore, la difesa, e per rendere bene il senso di quello che voglio dire quando dipingo un quadro così idilliaco, devo per forza parlare di San Frediano che come la Fiorentina è una famiglia sana. Perché nel nostro idilliaco microclima diladdarniano anche certi detti perdono molto della loro accezione negativa, e penso al proverbio che chi va con lo zoppo impara a zoppicare. Non nell’Eden d’Oltrarno dove mia cugina Marina da circa un anno esce ogni sera con una sua amica che, malgrado sia vistosamente claudicante, si dice che faccia la puttana. Tornano sempre all’alba, un po’ sbattute. Ma per fortuna il proverbio non vale nel nostro Paradiso, perché mia cugina cammina ancora benissimo.

mercoledì 25 dicembre 2013

Il sogno confessato

Ho sofferto la corsa ai regali quasi quanto Tomovic la velocità di Gervinho, ma alla fine ce l’ho fatta, come tutti gli anni. Alla Rita ho regalato un classicone senza tempo, per le notti senza pigiama. La mitica maglia del vecchio libero, campionato francese, il  “Number 5” per eccellenza. E poi visto che me ne sono pentito subito, faccio gli auguri di Natale a tutti,  belli abbondanti per poi finalmente redimermi e cercare di andare verso una vita fatta di meno sprechi. Finirò il panettone artigianale con le albicocche candite e il foie gras con la confettura di fichi, e poi basta, più, cercherò di risparmiare su tutto. Questo sarà il mio proposito per il prossimo anno, non scriverò di meno ma solo perché le parole non costano, manterrò la passione Viola perché esentasse, ma in compenso smetterò di frequentare ristoranti, e non facendo più nemmeno vita mondana a cosa gli servirà lo Chanel alla Rita? Ma questo ancora non glielo dico, gli proporrò di andare a fare delle belle e sane escursioni arrangiandoci facendo dei pic-nic sull’erba. Sempre quando non gioca la Fiorentina. Si, voglio davvero limitare le spese, mi porterò tutto da casa. Perfino le formiche. Voglio dividere con voi questa mia scelta etica e responsabile visto che già ci accomuna quella di tifare per la Fiorentina, so che mi capirete, e proprio adesso che siamo a un passo dal pranzo di Natale, voglio anche sottolineare quale sarà l’altro mio impegno, olio, vino, formaggi, salumi, carne, perché far trasportare le merci su e giù per l’Italia quando ognuno può andarsi a comprare tutto ciò che viene prodotto vicino a casa. L’unica cosa a cui non potrò mai fare a meno sarà la vittoria in trasferta. Spesso lontano da casa. Mi sto sempre convincendo che questa mia scelta sia giusta e responsabile, nella speranza che non si riveli fallimentare come quella di Montolivo. Alla Rita questo gliel’ho già detto, e la maglia del libero francese numero 5 serviva anche a farle digerire certi miei colpi di testa, in attesa di quelli decisivi di Mario Gomez, gli ho imposto di dover comprare solo nei negozi che vendono prodotti a km zero. Anche a costo di fare centinaia di km per trovarli. In un giornata dove la dichiarazione d’intenti supera abbondantemente quella dei redditi, e mentre vi rinnovo ancora gli auguri che tanto non costano nulla, mi sento anche in obbligo di dover denunciare certi atteggiamenti riprovevoli messi in atto addirittura dal prete di Serumido. E poi te lo ritrovi oggi a dire la messa di Natale come se niente fosse. San Frediano è passato sempre come un quartiere malfamato, dove quasi tutti sono conniventi con la malavita, o comunque sono influenzati da certi comportamenti border line come quelli di chi mangia il panino di McDonald’s, cuoce troppo la bistecca o tifa Juve. Il nostro parroco, ad esempio, è una brava persona, però dopo che ci confessiamo ci chiede sempre qualche soldo per tenere il becco chiuso. Allora gli ho confessato il sogno del terzo scudetto, lo dica pure, lo racconti anche nell’omelia di oggi, per un Natale alla grande, per dire no alla grande distrbuzione e si invece a una grande Fiorentina 2014.

martedì 24 dicembre 2013

Il miele della Majella

A noi di città tutti questi prodotti a km zero ci affascinano un casino perché sono quanto di più lontano dalla nostra dimensione fatta invece di negozi più o meno omologati, di marchi più o meno famosi, insomma, di prodotti industriali. Più o meno come si legge anche sulle pile. Ora ha aperto pure Eataly di Farinetti, e ha aperto nel cuore della città, là dove c’era la libreria Marzocco e comunque non l’erba di Adrianone nazionale e anche un po' rintronato. Possiamo definirlo un supermercato dell’eccellenza italiana, prodotti di qualità che dovrebbero garantirci appunto dall’omologazione e dall’appiattimento industriale del gusto. Per esempio l’aglio rosso di Sulmona, aglio che rappresenta uno spiraglio tra il buio delle tante porcherie, come il miele della Majella paragonabile solo a quello di una maiala. Diciamo però che la formula proposta da Farinetti, in questo caso non è troppo convincente, anche perché molti dei marchi proposti sono già presenti sul mercato, gli spazi sono angusti e la location non invoglia affatto a consumare quelle che vengono proposte come golose tipicità. Da una parte si cerca d’invogliare per esempio con il lampredotto di Luca Cai, oppure con pani speciali, carne sceltissima o pizza fatta con tutti i crismi della scuola napoletana e quindi con ingredienti inseriti in un rigido protocollo, ma dall’altra si abbassa drasticamente il desiderio concentrando tutto in un formicaio fatto di luci artificiali, dove non ci si sente per niente a proprio agio ma all’interno di un circuito che alla fine somiglia molto come filosofia al percorso obbligatorio dell’Autogrill. Molto meglio andare a trovare Luca Cai in piazza della Passera oppure da Nerbone al Mercato Centrale, anche se bisogna riconoscere che ci sono prodotti interessanti e molti anche di non facile reperibilità, ma preferisco un altro tipo di “mercato”, questo mi da l’impressione che del km zero abbia soprattutto il cetriolo che alla fine ti ritrovi in quella parte di te che vorresti mantenere inviolata ancora un po’. Un po’ come la porta di Neto, perché è comunque sempre fastidioso prendere un gol anche se vinci già quattro a zero. Poi ci sono quelli che stanchi del traffico, del parcheggio, del bed and breakfast che ha aperto al piano di sopra, della zona a traffico limitato, truffati per anni dalla pubblicità del Mulino Bianco decidono di andare a vivere in campagna come se davvero fosse una passeggiata di salute. Conosco persone oneste che prima di fare un passo così importante mi hanno voluto manifestare la loro piena consapevolezza per una scelta così estrema, riconoscendola come estremamente faticosa ma allo stesso tempo indispensabile, puntando molto su una certa manualità a proposito di lavori, che alla fine sono abbastanza semplici da imparare e comunque intuitivi. L’altro giorno ho trovato il Centi che è uno di quelli che se ne è andato in Maremma decidendo così di dare un taglio netto a quelle sue origini per ripercorrere in senso inverso quelle dei suoi genitori. Prima di andarsene mi aveva raccontato quel suo progetto di allevamento di animali, ma che volendo procedere per gradi, aveva pensato di iniziare con qualcosa di piccolo. Era contento di quello che era riuscito a fare in così poco tempo, contento anche di come si era subito adattato alla nuova vita, non rimpiangeva niente se non il lampredotto di Marione. Mi ha raccontato quindi di aver messo su delle arnie, intanto, e quindi che adesso ha tantissime api. Eccitato come quando andavamo all’apertura dei cancelli di curva Fiesole, mi ha confessato con un entusiasmo insospettabile per un tipo depresso come lui, che il prossimo passo sarà quello di capire come si fa a mungerle. Mi ha fatto davvero piacere rivederlo così motivato, e per capire chi era il Centi prima di andarsene in Maremma, visto che non a tutti San Frediano fa così bene, bisogna ricordare che durante una seduta di ipnosi regressiva, aveva scoperto che in una vita precedente era stato un coniglio. E sua moglie, piangendo, mi aveva confidato di spiegarsi alcune cose.

lunedì 23 dicembre 2013

L'apostrofo

Una brutta Fiorentina per una bellissima vittoria. Plasmata da Pepito che trasporta sul suo destro rasoterra una sacca di sangue al capezzale di una squadra troppo anemica fino a quel momento. Una trasfusione secca dal limite dell’aria, una scarica che ci toglie l’abulia di dosso e ci regala un Natale meno apatico. Una rasioata che fa la barba al palo e a Pegolo. Un sacco di gol sotto l’albero di Pepito, fenomenale, che sfrutta un’accelerazione impressionante della squadra, diciamo pure senza limitarci troppo che sono stati cinque minuti da grande squadra, e che subito dopo il quattordicesimo lampo di Pepito c’è stato anche il palo interno di un buon Ilicic a legittimare la vittoria nell’azione più bella della partita. Del campo brutto malgrado tutti i prodotti della Mapei sembra aver sofferto più di tutti il raffinatissimo Borja Valero, costretto Rossi e Pizarro a cambiare scarpe, e Montella a cambiare interpreti inserendo il propositivo e sempre più convincente Mati Fernandez.. Non era semplice senza il generatore colombiano di superiorità e il regista della difesa che comunque non subisce gol per la seconda partita consecutiva. Intanto anche Palacio sembra prendere di tacco le ambizioni di Montolivo mentre al ritorno dopo la sosta ci sarà Juve-Roma, con la speranza di riavere Gomez.. Complessivamente c’è da dire un bravo a Montella che è riuscito a farci rimanere attaccati al treno Champion senza il tedesco e senza Ilicic, sloveno che dopo tanti problemi alla fine potrebbe rivelarsi decisivo nel girone di ritorno. Chiudiamo un gran bel 2013 con una vittoria esterna molto importante che ci permetterà a gennaio di presentarci contro il Livorno pronti a rosicchiare ancora punti importanti sperando che qualcun’altro invece si ritrovi a sputacchiare i canditi del panettone. Continuo a pensare che potremo essere proprio noi la squadra con i maggiori margini di crescita nel girone di ritorno grazie ai gol di Gomez e non solo, visto che Ilicic può portare a sua volta sostanza e tanta qualità sotto porta. Sott’olio sono invece i pomodori secchi che insieme al salame ho mangiato ieri sera per festeggiare questa bella vittoria rustica, salame come chi non è mai contento, che sminuisce  gli avversari e le vittorie con meno di tre gol di scarto, per esaltare poi le vittorie stiracchiate degli altri, esaltandole come precise connotazioni della grande squadra. Il brontolio del resto è una tradizione tutta toscana come il brodo di cappone per Natale o i crostini di fegato, come appunto qualche cappone, e qui Montolivo non c’entra niente, che "buba" sempre e non riesce mai a godersi il presente, un po’ come una ragazza che soffre (senza apostrofo). In San Frediano invece amiamo molto le vittorie così popolari, amiamo tanto anche l’apostrofo che le nostre donne usano con più generosità proprio quando la Fiorentina vince soffrendo. Ripagandoci. E poi due passi distesi in centro con tre punti in saccoccia, quattro chiacchere del più e del meno, anche per dire che abbiamo più punti dello scorso anno, che gli addobbi più belli di una Firenze bellissima e illuminata a festa sono naturalmente gli ombrelli bianchi di via Romana, per fare il più grande in bocca al lupo ad Acerbi, e perché no, per dire che ieri più ancora di Pepito e Ilicic, il migliore in campo è stato finalmente  Cinicic.

domenica 22 dicembre 2013

Panchine vuote

Solo per la cronaca ieri c’è stato il solstizio d’inverno, che non è un tizio strano che è passato sol per San Frediano, ma è il giorno più corto dell’anno e vale per tutti. C’entra anche poco con il sapore che vorrei dare al post di oggi ma è un ingrediente che andava usato visto che il Milan giocherà con un preservativo di un centimetro al braccio per ricordare che anche la società di via Turati ha conosciuto il suo inverno con l’arrivo di Montolivo, giocatore che oggi rappresenta nel campionato di calcio italiano non solo il suo capitano ma soprattutto il giocatore che  ha l’uccello più corto. Ancora a margine del senso che vorrei dare al post di oggi ci sono le dichiarazioni di Bobo Vieri che recentemente ha sostenuto, che se davvero Riccardo avesse voluto alzare l’asticella non avrebbe dovuto portarsi dietro una velina di RTV 38, perché a Milano ci sono quelle di Striscia ed è inutile poi lamentarsi che Nocerino gioca partite a Barcellona in Champion, e gente come Matri che tra l'altro nemmeno gioca si tromba le veline vere. Per arrivare così al senso di quello che mi premeva raccontare oggi, tra tweet, hastag, relazioni in rete, rapporti virtuali che contrastano con le panchine delle piazze sempre più vuote oppure occupate solo dagli anziani. Parliamoci chiaro, i “Social” con Facebook in testa nascono solo per far ritrovare le vecchie fidanzate, per cercare storie disperate, o per organizzare cene con i compagni di scuola dispersi tra le nostalgiche reminiscenze della vita. Un tempo invece c’era solo il quartiere, l’amicizia si chiedeva in piazza, la chat era per strada. Ci si annusava nei giardini, tra le macchine, “mi piace” lo mettevamo sul ghiacciolo al limone, dividevamo il flipper giocando con un tasto per uno invece di “condividere” link o foto. Il juke box era il nostro You Tube, non invitavamo a giocare a Tetris ma con la cerbottana. Certo, non c’erano ancora le fidanzate e i compagni di scuola non erano ancora dispersi. C’era però ancora il quartiere a disposizione per le nostre relazioni, ci si aspettava alla panchina, appunto, ci si suonava il campanello, nessun SMS, oggi aspettando la vittoria con il Sassuolo, il ritorno di Deyna e del Colonnello, notizie su Foco, voglio raccontare come certe dinamiche resistano ancora all’orgia di Faceboock, ma sempre più a fatica. Momenti preziosi, il gusto ancora rotondo del tatto, le curve sode della memoria. L’ oro di quartiere, insomma, come del resto la bottarga è quello di muggine. Naturalmente lasciando sempre aperta la porta del blog a chi non trova spazio nel salotto di Bruno Vespa e ha voglia di pubblicizzare il proprio libro, perché capisco che venire a trovarmi in centro sia troppo scomodo, fa freddo e non si sa mai dove parcheggiare la macchina. Insomma, da ragazzi, c’era il Bicchi che era un vero campione a giocare a nascondino, lo guardavo attentamente per rubargli i trucchi, per imparare, ne ho conosciuto solo uno più bravo di lui e l’ho riconosciuto in Daniel Bertoni che quando c’era il sole si nascondeva all’ombra della tribuna. Comunque nessuno riusciva mai a trovare il Bicchi, specialmente il Benedetti che impazziva per ore e ore, a volte per pomeriggi interi, tentando di scovarlo dai suoi incredibili nascondigli. Poi c’è stato un periodo che il Bicchi se n’è dovuto andare via e così perse di vista tutti i ragazzi della compagnia di Porta Romana. Ieri è ritornato per rivedere quei posti che lo videro bambino. E in piazza ha ritrovato anche il Benedetti, anche se un po’ rintronato, con la pancetta, i capelli sale e pepe, qualche ruga e la solita faccia a culo. Era in piazza e quando lo ha visto si è alzato, lo ha guardato fisso negli occhi ma invece di andargli incontro per abbracciarlo è corso verso il muro, lo ha toccato con la mano e ha gridato “tana!!”.

sabato 21 dicembre 2013

Cavilli

Ha fatto un po di rumore in questi giorni l’accordo messo nero su bianco tra l’ex assessore alla cultura della Regione Abruzzo e la sua avvenente segretaria, contratto che prevedeva anche prestazioni sessuali calendarizzate. Quattro prestazioni al mese, accordo saltato non certo come viene detto a causa delle indagini, con le intercettazioni telefoniche che hanno portato alla luce lo strano accordo, no, è saltato per una banale storia di tredicesima perché il contratto prevedeva che fosse la giovane segretaria a doverla  riconoscere con una ulteriore prestazione, e non il contrario. Cavilli, pensate al contratto di Gomez messo a punto da quattro avvocati, con i bonus, gli sponsor, il rendimento, il numero delle partite, e comunque ancora niente se pensiamo alla confusione che certi cavilli generano nella giustizia italiana, per non parlare di quella sportiva che ne è addirittura dilaniata. Non ci dimentichiamo certo di che cosa è successo alla Fiorentina in Calciopoli, e intanto aspettiamo le motivazioni della sentenza di appello di Napoli che di fatto ha prescritto tutti i reati ipotizzati. Cavilli dicevo, che inchiodarono alla sbarra anche il Bambi l’unica volta  che non era coinvolto, forse prorprio a causa di una certa confusione che alberga nei tribunali fu condannato per non aver commesso il fatto. Intanto devo far chiarezza sulla vicenda Deyna che è riapparso prendendosi gioco di noi che invece eravamo seriamente preoccupati. E così quando voglio andare a fondo e non è possibile ingaggiare Schettino, telefono alla Bice. L’ho sguinzagliata nella zona di Lucca per capire, anche perché rientrato da La Spezia appena in tempo per prendere atto della lesione muscolare di Gonzalo,  mi giravano alquanto le scatole. Non c’è voluto molto a districare la matassa e portare alla luce la truffa indecorosa messa in piedi da Deyna, oltretutto moralmente reticente anche dopo aver preso atto del falso allarme procurato. Insomma, la storia è questa, per ritrovare se stesso tempo fa decise di andare ad abitare per almeno un anno dentro all’Antro del Corchia, crisi esistenziale minuziosamente ricostruita dalla Bice grazie ad una vicina gobba e gola profonda alla quale Deyna sta altamente sul culo in quanto Viola, maschilista, amante di cani feroci, filoargentino, antitaliano. Crisi d’identità anche scontata visto l’elenco delle tremende inclinazioni del soggetto. Aveva scelto quel luogo freddo e umido, situato dentro a una montagna, lontano da tutti, aveva dichiarato di volersi nutrire di radici e di bacche, dormendo sulla nuda terra e sfidando i rigori di qualunque stagione. Il primo giorno è stato duro ma così duro che prima di sera la vicina ha raccontato alla Bice di averlo visto fare ritorno alla chetichella a notte fonda per non farsi vedere. Lui sostiene perché per fortuna si era già ritrovato. Poi ha portato avanti la farsa chiudendosi in casa come fanno certe persone d’estate fingendo di essere state in vacanza chissà in quali mete esotiche. Ma io già avevo capito tutto, non sono di San Frediano a caso, non è certo un lucchese rimpiattato in cantina che può fregarmi, così come nessuno può fregare uno d’Oltrarno. Anche su Pasqual ho più di qualche sospetto che sia tutto questo gran esterno basso, ci vorrebbe forse un Pallavicino per vedere di regalarlo al Milan fosse anche solo per aiutare Montolivo ad alzare l’asticella. Comunque a parte certi dettagli, dicevamo che sono troppo furbo per un Deyna qualsiasi, l’altro giorno, mentre mi addentravo dentro la foresta del Bobolino, ho visto uno strano tipo, e dopo essermi assicurato che non fosse Cerci, ho notato che indossava una pelle di leopardo, si muoveva da un albero all’altro lanciandosi attaccato alle liane e non faceva altro che gridare battendosi i pugni sul petto. “Povera fava”, gli ho gridato.”Oh bischero! T’ho riconosciuto subito. Hai voglia a toglierti la mascherina e la spada, in San Jacopino la potevi anche fare franca”. Era Zorro. Ho trattenuto solo Jane travestita, poco, da messicana.

venerdì 20 dicembre 2013

Specchio dell mie brame

Caserta non è solo la Reggia, tutto il resto è molto inferiore. Figuriamoci se non ci fosse o se togliessimo Diamanti al Bologna. Una delusione. Un po’ come la nostra vita che è scandita dal tempo, quando in giornate come quella di oggi non ho il tempo nemmeno di scrivere le solite cazzate. Come non trovare il porto a La Spezia, come non riuscire ancora a girarvi il messaggio del Colonnello. Come se tra il primo e il secondo tempo di una partita non ci fosse l’intervallo per andare a pisciare. Il tempo è arrogante come lo zio Gigi che ha fatto i soldi quando non esisteva ancora il registratore di cassa e fare “il nero” non era considerato una forma di razzismo morale. per Natale voleva fare sempre il ganzo, ostentare, fare quello che può fare regali importanti, anche se inopportuni. Come comprare Bale a 100 milioni o Montolivo a zero. Il troppo è come il poco diceva invece la mia povera nonna. Ricordo ancora quando lo incontrai in piazza della Repubblica con il suo foulard rosso, perché ci teneva anche a mostrare che era molto comunista oltre che molto ricco. Mi volle offrire un caffè, si, proprio Paszkowski. Mi sarei accontentato di Boruc. Oppure della sua polacca ossigenata che amava tanto gli specchi.

giovedì 19 dicembre 2013

Pollòck

Anche se in notevole ritardo devo una qualche spiegazione sul perché mi sono scelto un nome d’arte, si insomma, diciamo una specie di pseudonimo. Un nick se preferite, chiamatelo pure come vi pare. Un tempo era il soprannome. Ne avevo scelti alcuni poi sono andato a cercare nel celebre “Annuario degli scrittori di tutti i tempi” e ho dovuto fare qualche passo indietro. Un po’ come Gamberini. Ho dovuto constatare cioè che roba tipo Alessandro Manzoni, Italo Calvino, Leonardo Sciascia e Dante Alighieri esistevano già. Furbo come il clan di Montolivo in grado cioè di danneggiare la Fiorentina e allo stesso tempo di far credere di essere stato danneggiato, mi sono scelto uno pseudonimo che non era in quell’annuario. Non è male, è simpatico, nel napoletano viene pronunciato con l’accento sulla seconda “O” che ne stempera un po’ l’insipienza americana dandogli un sapore mediterraneo che ricorda il rosmarino. Poi si memorizza alla grande. Oltretutto credo che come nome per uno scrittore Pollòck suoni bene. Anche perché mi da un aria internazionale visto l’apprezzamento che riscuote la Fiorentina a livello europeo, visto che tra le italiane in certi paesi è diventata addirittura la squadra più seguita. Insomma, sono di San Frediano ma anche cittadino del mondo, mi piacciono i grandi giocatori di casa nostra e gli stranieri, le belle donne d’Oltrarno ma anche d’oltremanica, d’oltreoceano e dell’Oltrepò Pavese. Donne che vanno oltre ai soli preliminari, donne che vanno fortunatamente al sodo. Le nostre donne sono le più belle della città come si può facilmente verificare dalla foto della Fedora, donne che non hanno bisogno di calare nessun velo pietoso, perché belle come sono il velo se lo possono permettere trasparente. A conferma della scelta corretta di un nick che richiama l’internazionalità del mio progetto-blog, sono stato in Amazzonia e ho conosciuto alcune affascinanti amazzoni. sono stato anche in Austria a mangiare la torta Sacher per la parte gastronomica del progetto, e perché volevo vedere quanto sono belle le austriache, quanto sono buone le sue fette e quanto grandi le sue tette. Per Natale vado in Polesine per ripercorrere le orme di Gauguin che intanto ha aperto un un blog sul vino, e anche perché ho sentito dire meraviglie sulle polinesiane. Mi scuso perché oggi vado un po’ di fretta, sono a Caserta mentre domani sarò a La Spezia, giro e quando giro rimpiango casa, e la sera, solo in certe camere omologate penso alla frustrazione che avranno provato i genitori di Paris Hilton, che a differenza nostra saranno stati sicuramente privati di frasi di riferimento tipiche di intere generazioni, quelle insomma da dedicare con rammarico ai propri figli, frasi come per esempio “questa casa non è un albergo”. Stamani quando sono partito c’era già grande fermento in via Sant’Agostino pur essendo ancora molto presto, perché stanotte la banda del buco ha colpito ancora. E non mi riferisco ai centrali del Milan, ma ai ladri che sono entrati nel negozio di frutta e verdura del “Puntine” e hanno portato via tutta la merce. Mi diceva un giornalista sul marciapiede che sembrava uno di quelli di Rete 4, e che a quell’ora aveva raccolto alcune indiscrezioni, che i ladri dovevano essere dei veri professionisti perché sono riusciti a eludere tutti i sistemi di allarme e a evitare la saracinesca blindata sfondando un muro e passando dalla gioielleria accanto.

mercoledì 18 dicembre 2013

Le caccole sotto il Bukara Russo

E’ giusto che continuino ad accusarmi di avallare una marcata violenza verbale, del resto il mondo cambia velocemente, non ci sono più le mezze stagioni e neanche le mezze offese di una volta. Bombe d’acqua e improperi, allagamenti, siccità, fiumi di parole, clima tropicale e scurrilità a momenti. Il blog è passato dall’essere un luogo ossigenato fino ad assumere i connotati della bettola più maleodorante, di quelle con la sputacchiera d’ottone. Proprio come i negozi dei fiorentini che lasciano il posto alla volgarità del franchising più dozzinale, al kebab, alla fascia di capitano a Pasqual. Ma è arrivato il tempo dell’esame di coscienza, e non solo, perché altri esami come vedremo più avanti mi faranno ancora più male, mi sono chiesto come mai ho perso la connotazione del salotto buono, come avranno fatto a scoprire che butto le caccole sotto il Bukara Russo? Purtroppo, a parte qualche rutto veniale dei neonati, devo riconoscere che in famiglia abbiamo una certa tara, così come Lotito ha Igli, una violenza non solo verbale, la foto di oggi dimostra per esempio come anche la passione per la fotografia sia solo volgarità, è insomma una grave patologia che non avevo mai voluto guardare in faccia perché me ne vergognavo. Più ancora che appallottolare le caccole alle spalle della Rita e del suo Vaporetto. Più ancora che sfruttare le capacità di comunicazione di un mammifero marino, così come faceva senza scrupoli il circo con la donna cannone. Una violenza cieca come quella di Delio Rossi la mia. Oggi però grazie a persone moralmente ineccepibili come Prandelli, ho trovato il coraggio di confessare. E penso ad alcuni membri della mia famiglia che hanno un carattere davvero tremendo e dai quali fino a ieri ho invece sempre preso ispirazione con orgoglio. Mio zio, ad esempio, domenica scorsa ha accoltellato un tizio per una lite di parcheggio davanti alla chiesa del Carmine. Poi, come se niente fosse accaduto, è andato a celebrare Messa. Gente moralmente ripugnante la mia, in un quartiere piccolo le cose poi si vengono a sapere con una velocità superiore a quella di Cuadrado, tutti sanno tutto di tutti, e i pettegolezzi sono la colonna sonora delle nostre giornate. Infatti, grazie a un mio cugino, quando rimase incinta la figlia del fornaio, tutta San Frediano ne era a conoscienza solo dopo dieci minuti che l’aveva posseduta. Niente esami di coscienza naturalmente per Dimitri, e nemmeno quelli clinici per la figliola visto che già si sapeva. No via, non ce la faccio più, non posso pentirmi solo a metà, e allora agli amici che mi puntano il dito e che mi guardano dal sitone disprezzandomi giustamente, non posso più mentire, se devo fare outing è giusto che mi metta a nudo davvero e dica tutto, così mi libero da questo mattone che ho sullo stomaco, e non parlo dello stracotto di gota di Luca Cai, ma di un peso grande come quello di chi ancora tiene custodito il segreto delle pernici. Non era stato affatto Dimitri a trombare la figliola del fornaio, no, se n’era vantato per fare il ganzo dopo che avevo messo io in giro la voce solo per depistare, l’avevo trombata io. Un rapporto sessuale tumultuoso, un approccio animalesco tra sfilatini e schiacciata all'olio, che mi aveva lasciato strascichi tremendi sull’umore, nausee, vomito morale, ero diventato irascibile e offendevo tutti non solo sul blog, non solo quindi i nick dei nostri amici più cari di sempre come Babbo Natale, Topolino, il Mago Zurlì e Calvarese, una tempesta ormonale pari solo a quella di Schettino che è costata un naufragio. E’ da quel momento che il blog è degenarato, che ho tolto il preservativo alle parole. Che ho pensato di suicidarmi come è stato giustamente evidenziato anche sul sitone, a proposito d’informazione sulla Fiorentina. Non ho avuto il coraggio di farla finita e allora l’inferno è proseguito anche dopo aver ritirato le analisi del sangue e aver visto che alcuni valori sono, a mio parere, completamente sballati. Sono andato a protestare e il tecnico analista mi ha detto che a Careggi utilizzano tecnologie all’avanguardia e strumenti sofisticatissimi. Oltretutto, il personale è molto preparato e di grande esperienza. Quindi mi ha convinto e ho dovuto rassegnarmi. Ho trombato la Sonia ma sono rimasto incinto io.

martedì 17 dicembre 2013

Il santone

Fino al sorteggio quella di ieri è stata una mattinata passata a preferire, si, a preferire la squadra meno forte e allo stesso tempo a temere la trasferta meno attraente, piuttosto che Amsterdam per esempio, dove invece si può unire l’utile al dilettevole, quando per utile e dilettevole s’intende il sottobosco del peccato e del vizio, che per me è quello di ritornare per l’ennesima volta a vedere il Van Gogh Museum. Storie di attese quindi, sempre le stesse e sempre diverse. E poi, infischiandosene delle preferenze, l’urna ha scelto per noi l’Esbjerg. Una gran bella Trasferta. Così mi sono subito attivato e ho trovato una bella stanza a casa della danese Trasferta che gentilmente mi ha mandato anche la sua foto. Spero che la stanza a mia disposizione sia anche la sua camera da letto e così me ne farò una ragione se non potrò rivedere le opere dell’olandese, mi farò bastare quella di Sneijder dell’altra sera, e magari la partita la posso sentire anche solo per radio nella stanza della bella Trasferta. Il sorteggio è andato meglio di quanto mi è successo da “I Raddi” dove evidentemente non sono proprio all’altezza della situazione, un po’ come Montolivo, forse perché non hanno ricevuto una preparazione adeguata dalle scuole professionali, molto diversa da quella di Borja Valero. Avevo studiato bene la carta dei vini, come era stato fatto in mattinata con tutte le possibili avversarie europee della Fiorentina, ho chiesto quindi un vino importante. Uno Chateau Lafite Rothshild del ‘97. E il sommelier, un “piercolo” dell’Antella con i capelli unti come la fettunta, dopo essersi complimentato per la mia scelta da vero intenditore, mi ha chiesto se lo preferivo liscio o gassato. Le preferenze appunto. Come il pareggio tra Milan e Roma. Come c’è chi ha Firenze preferiva Delio Rossi a Sinisa, o Prandelli al Resto del Mondo, all’euro, alla propria famiglia, alla danese Trasferta, non a caso Cesarone nostro è d’istanza a Coverciano da sempre il regno della competenza, della Polizia e degli avvisi di garanzia. Mi ricordo che appena se ne andò dalla Fiorentina, quando cioè il mondo Viola lacrimava sangue e il calcio era sprofondato in una realtà senza più futuro, avevo provato anche ad andare in visita dal santone a Coverciano. Per cercare di capire se la Fiorentina poteva essere ancora una nostra passione oppure solo la nostra croce. Mi ha accolto e mi ha fatto entrare in una stanza piena di incensi, con i profumi forti dell’Arbre Magique al mango e lo sterco della campagna bresciana. Del resto a Firenze tutti lo incensavano e per questo c’era un gran puzzo di merda e cocco. Lì però mi ha illuminato la mente con la sua saggezza, con la sua proverbiale etica. “Cerca di vivere la tua esistenza senza farti fuorviare dalle tentazioni del mondo”, mi ha detto con fare grave come quando fu sorpreso a braccetto con Bettega. Poi ha continuato: “Le cose che contano sono solo gli eterni principi dell’essere e della verità assoluta. Il quattro quattro due. Solo questo conta, l’ordine tattico, perché tutto il resto è solo vuoto e perdizione”. Sono rimasto colpito da queste parole, anche se oggi sono rimasto più colpito dal gioco di Montella, e gli ho chiesto quando sarei potuto tornare per avere altre perle del suo sapere. Ma mi ha risposto che fino alla fine del mese non era possibile incontrarmi di nuovo, perché doveva andare in vacanza alle Maldive. Insomma, la Fiorentina di Montella è la dimostrazione che il mondo non era finito e che il bel calcio oggi è più bello anche delle spiagge bianche dove il Santone mette a punto la sua etica, dove anche se il sole picchia forte, essendo già nero Balotelli non si brucia mai.

lunedì 16 dicembre 2013

Il presepe e la beauty farm

Da una parte manovre d’oro zecchino e dall’altra “d’oro di Bologna che diventa rosso di vergogna”, giocate di fino e giocate grezze, calcio e calci. Splendida Fiorentina che non risente dell’avvicinarsi delle festività, mentre il Bologna sì, visto che pianta l’albero di Natali al centro della difesa, là dove Montella invece scopre l’uovo di Colombo e mette Pasqual a rassodare in panchina. Dopo la partita di ieri dovrei pubblicare solo foto di Borja Valero nudo e non più quelle di donne discinte, dovrei mostrare le acrobazie sessuali di Rossi oppure i tatuaggi più intimi di Vargas. Dovrei essere più attinente alla bellezza della squadra, ne sa qualcosa Mazzarri che per non essere se stesso e voler fare il Montella a tutti i costi ha preso 7 gol in due partite, mentre “Gangnam style” da quando si è messo in testa di fare anche il presidente dell’Inter s’è abbattuta sul tecnico di San Vincenzo la Corea nerazzurra. Ieri intanto difesa a tre, centrocampo a cinque, Ilicic insieme a Rossi, gran gol, equilibrio, zero gol subiti, si, anche un avversario scarso, ma la squadra sembra comunque aver tratto vantaggio da questo riassetto, c’è chi dice non voluto ma solo a seguito delle non perfette condizioni di Pizarro e Pasqual. La squadra del resto è come un presepe, tra l’altro ieri la giornata era bellissima così come il muschio del Franchi che sembrava il tappeto di un biliardo, o meglio ancora il panno verde del Subbuteo dove i Re Magi hanno portato in dono ai tifosi, l’oro, l’incenso e la mirra, tre gol preziosi seguendo la nuova stella cometa di Montella. Menomale che il Mister non ha fatto come me che non capendoci molto di come assemblare un presepe organico al gioco che deve fare nelle case dei fiorentini per creare l’atmosfera di Champion, sono stato in un mercatino di Natale. Volevo comprare un presepe di quelli già fatti, ma erano troppo grandi o troppo piccoli, troppo semplici o troppo complicati, troppo pieni di personaggi o troppo sguarniti. E soprattutto erano troppo cari o fin troppo economici. E allora l’ho composto da me, cercando di bilanciare la mia capacità di spesa con un risultato accettabile. Ora ho un bellissimo presepe, peccato solo che manchino il Bambinello, la Madonna e San Giuseppe. A Montella invece manca solo Gomez, i tre punti con il Sassuolo e poi possiamo tagliare il panettone rigorosamente con uvetta e canditi, atlrimenti sarebbe incompleto come il mio presepe. Grandissimi gol dicevamo, qualità estrema, il trattamento di palla di Borja Valero sul passaggio di Pepito prima del gol è più che altro un trattamento di bellezza, troppo bello per essere semplicemente un’azione di gioco, e allora ho chiesto a Mencucci che mi ha fatto i complimenti per la domanda che gli ho posto e mi ha spiegato che la Fiorentina si era chiesta quale potesse essere un’idea originale per i regali di Natale ai tifosi, e così ha deciso per i trattamenti di bellezza, veloci come Cuadrado, poco invasivi come Pasqual inpanchina, per un look più fresco e giovane della squadra. Riprendendo il discorso già iniziato nella settimana di Coppa ma con nuove proposte di medicina estetica del calcio. Sono soluzioni adatte sia alle donne che agli uomini, ha spiegato, dunque un’ottima occasione per condividere un momento di benessere a due. Una sorta di “coccola” della giocata, di momento speciale all’interno dell’azione di gioco, da regalarsi o da regalare. Il ricorso ai trattamenti medico-estetici calcistici da parte degli uomini, del resto, è un fenomeno accertato e in crescita ormai da alcuni anni, o meglio da quando è arrivato Montella secondo i dati più recenti (del Torrino di Santa Rosa), tra il 2012 e il 2013 c’è stato un aumento del 86 per cento degli interventi maschili. E un incremento dell’81 per cento solo delle procedure mini-invasive per ringiovanire il viso della squadra o per il restyling corporeo della società. E’ sempre più facile, dunque, vivere questi ritocchi “soft” come un piacere di coppia, per questo si era pensato alla coppia Rossi-Gomez, un momento di relax e di cura di se stessi, e per questo alla fine la società ha deciso di mettere a disposizione la beauty farm del Franchi per i weekend a due sotto Natale. Pioli invece è parso non gradire, è parso tanto invecchiato.

domenica 15 dicembre 2013

Le mani d'oro del Nenci

Il quartiere sta invecchiando inesorabilmente, i giovani vengono mandati in prestito negli altri paesi dell’interland a farsi le ossa, e con i vecchi rimasti non si vince nemmeno la coppa del nonno. Altro che l’Europa League. Per le strade ci sono più bastoni che carote, badanti polacche e scaracchi di sigaro toscano intercalati da moccoli di modernariato, la tecnologia latita, le prostrate s’infiammano come un tempo le passioni. Di giovane in San Frediano sono rimasti solo i cani dei vecchi, i bambini che nascono stanno sempre con i nonni, e così come i cani che assomigliano ai padroni, i bambini assomigliano ai nonni. E’ rimasta giovane solo la passione per la Fiorentina, mentre gli asili sono frequentati da bambini che giocano guardando gli operai per strada che lavorano, non si gioca più al dottore ma a guardare i cantieri. Come se non bastasse i vecchi non muoiono più nemmeno quando sono morti, imbalsamati amorevolmente dai figli nell’armadio della camera per non lasciarli andare via, per non lasciare andare via la loro pensione. Anche se l’immigrazione ha portato Diladdarno molti pugliesi, non c’è nessun tarantino che sostiene che il quartiere non sia un paese per vecchi, forse solo quei burberi dei fratelli Coen che abitano all'albergo popolare, anche Ambrosini ha scelto San Frediano per vivere la sua esperienza a Firenze. In via Romana dove un tempo c’era il cinema Astor c’è un supermercato un po’ angusto, l’altro giorno avevo preso le cose che mi servivano ed ero in fila alla cassa quando una signora anziana mi ha chiesto se potevo farla passare perché aveva mal di schiena, non poteva stare in piedi e si sentiva mancare il respiro. Il ritornello che si fischietta nel quartiere quando non si è a fare i fanghi oppure a Trespiano. L’ho guardata ed era davvero una bellissima vecchietta, con i capelli bianchi immacolati, lo sguardo stanco e un sorriso angelico. Ho sentito una fitta al petto che non era ancora un infarto, sembrava proprio la mia povera nonna. Il cuore ha cominciato a battermi forte per l’emozione, mentre tanti ricordi si affacciavano alla mia mente, sì, sembrava davvero la mia nonnina che ho amato tantissimo. L’ho guardata con dolcezza, mentre i miei occhi si riempivano di lacrime. Poi le ho detto di no perché avevo fretta. Dovevo andare dal Nenci, il fabbro di via della Chiesa sotto la casa della mamma di Furio, ci lega un segreto e anche un bel progetto che ci serve per...si insomma, questo lo capirete.  Frequento la pubblica assistenza di via Sant’Agostino dove vado ad adescare le anziane che giocano a carte, il Nenci mi ha insegnato come sceglierle, quali caratteristiche sono più indicate al suo tipo di artigianiltà, insomma, mi ha dato certe dritte preziose, l’esperienza di una vita di manualità intera messa a mia disposizione in mancanza di un apprendista, per portare a termine il nostro progetto. Le guardo mentre faccio finta di leggere il giornale, la caviglia, l’altezza, le vene varicose, devo privilegiare certi tratti somatici e certe proporzioni che sono indispensabili per ottenere il miglior risultato finale. Poi una volta individuata la vecchietta perfetta, scelta la giornata ideale, spesso quando piove forte o fa molto freddo, tiro fuori tutto il mio fascino, tutti i miei modi garbati per offrirmi di riaccompagnarla a casa. E invece la porto in via della Chiesa. Ieri ho raccattato la vecchia Gori che faceva l’ortolana all’inizio di via Romana dalla parte di piazza della Calza, il Nenci ci lavora un po’ con le sue manone d’oro e me la fa diventere una bella fica, giovane, come mostra la prima foto ancora in lavorazione mentre la seconda testimonia quanto sia bravo come fabbro il Nenci e quanto sia diventata “bona” la Gori ultimata, che poi ributteremo libera a ringiovanire il quartiere. Dopo averla trombata bene bene naturalmente, e prima di andare allo stadio a vedere la Fiorentina contro il Bologna.

sabato 14 dicembre 2013

E poi faccio le pedate sul blog

Si lo so che mi hanno attaccato il blog, mica come a “Foco” che tranquillo tranquillo è lì a scrivere le sue storie metalmeccaniche senza neanche l’ansia di uno straccio di contratto di categoria da rinnovare, o una bella mobilitazione dei “forconi” a bloccargli i carroponti che spostano la fantasia fino alla tastiera dell’iPad. Io sono stato colpito alle fondamenta, sono stato indicato come ricettacolo di cafoni, mi si dice senza nessun accorgimento per la mia igiene mentale che sul pavimento del blog ci sono le impronte di chi prima di entrare si pulisce le scarpe sopra la merda di cane. Una vecchia storia che mi perseguita fin da quando ho cominciato a difendere le mie origini da luoghi comuni come quello più classico, insomma, che San Frediano sarebbe un luogo malfamato, come del resto anche quello che riguarda il centrocampo del Milan, diventato con Montolivo un luogo mal frequentato. Questo però mi interessa il giusto, mi preme molto di più difendere la Fiorentina dai vari Calvarese o dai Tagliavento di turno che in Europa intanto è stato contestato pesantemente anche dal Basilea, la stampa ha quantificato in 8 milioni il costo dell’arbitro parrucchiere, alla fine molto meno di quanto sia costato a Conte il lavoro del suo. Comunque mi preme soprattutto difendere San Frediano da calunnie, attacchi da quartieri senza identità alcuna che cercano di far emergere la propria periferia di cemento ai danni di un quartiere bijou, colesterolo dell’invidia che vorrebbe attaccare il cuore sano della città. Retaggi culturali del passato. Ruttaggi. San Frediano è oltretutto un quartiere alla moda, vivo, dove brulicano anime che a volte brucano nel sottobosco dello spaccio, ma ormai anche le aziende dell’alta moda hanno tutte il loro spaccio, è realtà metropolitana vera con i pro e i contro, non è comunque un ghetto ma un richiamo, non è nemmeno mughetto, è vero, ma è comunque l’epicentro sociale che a volte sa un po' di piscia. Santo Spirito ombellico del mondo, riconosco solo a via del Corso di avere un ombellico più goloso e zuccherato nelle ciambelle del Cucciolo bar. Solo voci distorte, diffamazioni di stolti, disinformazione di stalker, disagio di disadattati, disprezzo di gente discutibile, perché la gente di San Frediano è invece solidale e la violenza non abita qui, fervono le iniziative mirate a premiare la qualità di gesti carichi d’altruismo. Altro che disadattati abitanti disorientati dalla violenza cieca, solo ieri sono stato a fare la spesa da quello che un tempo era il Materassi, una signora dagli occhi neri e i modi garbati, squisitamente dolce, di quelle che ti invogliano a tornare come farebbe una puttana che ti vuole fidelizzare, mi ha guardato lo scontrino e mi ha detto che avevo diritto a 20 punti. E così mi ha sfregiato con un rasoio. C’è gente di cuore, non solo quindi alla Fiorentina del terzo tempo, del fair play e di quella che continua a schierare Pasqual capitano, siamo sempre stati generosi, specie con gli stranieri ai quali regaliamo l’illusione di comprare artigianato vero e vario spacciandolo per fiorentino, e quindi alla fine facendogli risparmiare anche un monte di soldi. C’è gente che aiuta davvero come la Milena di via della Chiesa, anche troppo buona, una bischerona dal cuore tenero che si accolla le problematiche di tutti gli animali in difficoltà del quartiere. Ha riempito la casa con un gatto cieco, un cagnolino zoppo e un pesce nero, mentre ha portato il pappagallo dal logopedista, e li ama proprio per le loro menomazioni, come dice lei quando mi incontra, gli vuole ancora più bene. Gli ho fatto presente che però tutto ha un limite, specie quando arriva in città il circo Orfei e in lei scatta qualcosa di furibondo, d’irrefrenabile, vorrebbe liberarli tutti e allora comincia ad andare a protestare davanti al tendone e dall’assessore. Ormai la conoscono e allora la disinnescano tendendole una mano finta, la rabboniscono tendendogli un tranello, tutti gli anni la fanno sentire importante consegnandogli un animale con problemi vari, in segno di pace. Allora torna a casa trionfante vantandosi di essere più forte anche di famiglie importanti come quella dei circensi più famosi. Quest’anno però ha esagerato, e il problema ce lo sta creando a noi, specie nel tratto che va da via della Chiesa a Piazza Tasso quando porta a spasso l’elefante con la diarrea. E poi faccio le pedate sul blog.

venerdì 13 dicembre 2013

Il confessionale della chiesa di Serumido non è a porte chiuse

Per buona parte del primo tempo ho persino rimpianto “Il giardino dei Finzi Contini”, una noia terribile che mi ha segnato l’infanzia, prima che segnasse Joaquin, ieri con meno gente di quella già poca che c’era al Goldoni quando era mezzo vuoto. E’ mancata solo la “maschera” con la pila, sostituita però da buoni 35 minuti di squadra in maschera. La sensazione è che abbia fatto più fatica io a salire le gradinate della Maratona che non la squadra, sotto tono, sotto ritmo, e addirittura sotto dopo il gol del giocatore migliore del Dnipro. Fiorentina anche sotto il fuoco incrociato dei cartellini gialli di un sottosviluppato. Poi Montella a grande richiesta suona il suo successo più amato e inverte gli esterni, ormai un classico come può essere “Impressioni di settembre” della PFM ed è subito pareggio. Un evergreen, insomma, che sostituisce la chitarra nelle serate davanti al camino, di quelle con la nostalgia che prende il sopravvento sulla digestione. E così Cuadrado accende la partita a intermittenza, insieme a Joaquin sono le lucine dell’albero di Natale di Montella, gli unici due che accelerano e saltano l’uomo mentre Matos sembra meno brillante e determinato. Centrocampo un po’ svogliato a parte Ambrosini che randella come un celerino di destra, non convince Roncaglia che sembra dare ragione a Montella che lo ha relegato in panchina. Per il resto arriva il primo posto nel girone con 5 vittore e un pareggio, complimenti, un cammino quasi perfetto sporcato solo dal pareggio targato seconde linee. Una serata un po’ più umida dello streaming e nella quale mi è sembrato di scorgere anche i fari di Ilicic all’uscita del tunnel, mentre Montella ha finalmente spiegato da cosa nasce la mossa vincente dell’inversione degli esterni che è ormai diventato il jingle più riconoscibile della sua discografia. Vincenzo si è ispirato ad una delle IGP più ricercate dalle forze dell’ordine della sua terra natia, l’inversione appunto, che non è solo quella di marcia sulla striscia continua. Il Mister ha raccontato il fatto che lo ha ispirato, come novello Verdone ha voluto precisare di aver attinto dalla realtà di tutti i giorni quando in un tardo pomeriggio di giugno a Mergellina mentre era alla guida della sua auto, fermo a un semaforo con il braccio fuori dal finestrino, i ladri di quella zona del resto sono tra più abili, gli hanno sfilato l’orologio che aveva sul braccio destro. Dalla sorpresa all'idea di cogliere di sorpresa gli avversari con lo stesso tipo di mossa. Allo stadio ieri ho avuto la stessa sensazione che provo quando vado nella mia parrocchia che è sempre meno frequentata, insomma, spazi larghi tra gli spalti come tra i banchi quando c’è la messa, certo le cause non sono le stesse, l’orario della partita, il fatto che comunque la squadra era già qualificata, il poco fascino dell’avversario e la gara europea a ridosso della partita di domenica da giocare ancora in casa. A Serumido gli orari bene o male sono sempre gli stessi, il fascino dell’avversario di sempre è immutato, Satana non conosce crisi, e non ci sono messe di giovedì all’orario del TG 3. Anzi si è scelto proprio una strada diametralmente opposta, perché mentre la Fiorentina blinda i suoi allenamenti, il prete di Serumido se ne fotte della privacy e così ha messo dei microfoni nel confessionale e li ha collegati all’altoparlante del campanile.

giovedì 12 dicembre 2013

Festa di Gala-tasaray

Mentre Renzi spopola, viaggia tra Firenze e Roma lasciando un profumo di rose come Padre Pio, e a Ballarò tocca un paio di persone guarendole, mi sono accorto di essermi esposto troppo su Montella. Più ancora di una maiala sui viali o della trippa del Carocci sul banco del Mercato Centrale. Mi sono lasciato coinvolgere da quel cazzo di spirito da crocerossina, più ancora di quando vado con una maiala sui viali solo per dargli 50 euro, per aiutarla in qualche modo, e poi mi ritrovo costretto a trombarla perché non vuole l’elemosina da nessuno. Ora non vorrei dovermene pentire e magari rimpiangere Delio Rossi, visto che ancora non mi sono pentito di non essere andato a portarlo in trionfo quando arrivò a Firenze masticando calcio, per andarsene via, invece, fendendo sganassoni. Del resto l’allenatore è da sempre la figura messa  più  in discussione, e non a caso Zamparini è diventato il braccio armato del tifo, più ancora di una leggera “puncicata” o di una bomba leggera in quanto carta, un capo ultrà con potere di firma, un Vuturo con i soldi, colui che ascolta i tifosi più di un maresciallo prima del Daspo, uno che ne raccoglie i malumori, l’unico che ancora oggi assume e continua a pagare quelli che licenzia, ce n’è forse solo un altro che cavalca i malumori come lui, Berlusconi, che infatti è già andato ad ascoltare quelli dei “forconi” dopo aver finito di cavalcare privatamente. Del resto sta sparando le sue ultime cartucce prima di cavalcare il proprio malumore eterno. Prendiamo Conte, un allenatore sulla cresta dell’onda che diventa una testa di cazzo solo a causa di una leggera nevicata, e per di più a Istambul. Menomale che Mancini è italiano e così almeno il ranking è salvo visto che pure Benitez non passa, ma lui per fortuna non è italiano, e anche se Montolivo è buono solo per portare cappello Allegri invece salva il culo a fatica. Oggi c’è il Dnipro e tocca a Montella oscillare tra le grandezze di coppa e le pochezze di chi toppa, confini labili, separati magari da un palo interno o dalla nebbia di questi giorni, la mia paura non è tanto per il risultato sfavorevole perché comunque il passaggio del turno è ormai al sicuro, non vorrei però che il risultato mi costringesse ad attaccare l’allenatore, insomma, non vorrei fare la figura del parolaio. Oltretutto ho un problema serio di sintassi, perché ci sono due categorie che si caratterizzano in assoluto per essere le più diffuse sul pianeta, quella di chi critica l’allenatore e quella di chi usa il congiuntivo in maniera critica. Io faccio parte della seconda e quindi in caso di risultato negativo stasera non lo “criticherebbe” solo perché non ho gli strumenti adatti. Insomma, era meglio se mantenevo un PH più neutro, il rischio adesso è quello di fare come faceva “Ovomaltina”. Come potrò fare un domani a criticare Montella? So già che mi aspetterete al varco, alla fine sento che farò davvero la fine della povera “Ovomaltina” che mi è morta di crepacuore quando ha saputo che Ljajic non aveva rinnovato. Era una gallina intelligentissima, tutte le uova di Colombo l’aveva covate lei, ma cosa più incredibile parlava pure. A volte si metteva nel cortile della casa di campagna e teneva dei veri e propri comizi sulla campagna acquisti, mentre i vicini ascoltavano rapiti, veri e propri ostaggi della sua parlantina. Però alla fine un monte di discorsi, tutto il tempo a dare consigli a Montella su come organizzare la fase difensiva, ma intanto aveva disimparato le sue funzioni primordiali, tra l’altro non sapeva più fare le uova e non riusciva più neanche a cercare i lombrichi nascosti nel terriccio. In altre parole quello che ho paura possa succedere a me con Montella, Ovomaltina predicava bene ma razzolava male.

mercoledì 11 dicembre 2013

A Firenze si fuma un fascio di tutta un'erba

La Fiorentina ha la possibilità di chiudere il girone di andata con 2 punti in più dello scorso anno, ma la crisi dei consumi diffonde una percezione distorta della realtà, e così il primo a farne le spese è Vincenzino Montella “contestato” durante la rivolta dei “forconi” nata anche per reagire a tema alle famose “puncicate” del post partita romano. E se il napoletano, pur senza Mario Gomez ed Ilicic, riuscisse davvero a chiudere il girone di andata a 37 punti, avrebbe compiuto la non facile impresa di abbassare addirittura lo spread. L’anomalia secondo me non è tanto la Fiorentina a 27 punti, l’anomalia sono la Juve e la Roma che marciano abbassando il record del primo intertempo. In un campionato non dopato dai record, la Fiorentina sarebbe quarta tendente al terzo posto, la crisi post sconfitta apre invece la stagione dei processi, con il rischio di rimettere in discussione tutto là dove se proprio c’è da mettere in discussione qualcosa a Firenze è la scelta di Max Pezzali per l’ultimo dell’anno. La Fiorentina ha intrapreso un percorso che sta proseguendo spedito, sta crescendo e lo farà ancora di più quando saranno finalmente iniettate nel corpo della squadra le flebo di mercato. E su questo telaio saranno saldati ancora pezzi importanti in futuro, proprio per arrivare a vincere, quello che oggi non siamo ancora in grado di fare, ma non possiamo mettere l’audio nel presepe con uno che bestemmia. La tanto bistrattata difesa è la stessa dello scorso anno, e se guardiamo bene i numeri ci accorgeremo che dei venti gol subiti solo 4 sono ad opera degli attaccanti (esclusi i 2 rigori), 4 da difensori e 10 da centrocampisti. Anche se di San Frediano penso che sia più appropriato parlare di fase difensiva che non può essere quindi circoscritta ai soli difensori. La crisi insomma non ci colpisce così virulenta, e se chiudessimo davvero a 37 punti probabilmente porterebbe tutte queste critiche verso Tavarnuzze facendole salire in piazza della Calza proprio sul 37. Se Neto poi passa dal bidone al potenziale campione con la stessa isterica fluttuazione dello spread, con Montella bisogna avere un po’ più di equilibrio visto che bisognerà riconoscergli tra l’altro anche qualche merito sul recupero di Vargas, il napoletano sbaglia come tutti gli allenatori del mondo, e lo ha fatto, ma non so chi più di lui oggi ci avrebbe potuto garantire lo stesso spessore europeo in così breve tempo, e con  gioco contemporaneo. Oltretutto Montella è un valore aggiunto anche fuori dal campo, il suo atteggiamento che include serenità, equilibrio ed ironia è impagabile, a meno che non si voglia, oltre al catenaccio di ultima generazione anche la capacità di recriminare ad oltranza del Mazzarri di turno. Altrimenti devo pensare che tra i 180 milioni di consumatori di marijuana nel mondo, cifra che dimostra come sia la droga più usata dopo il calcio, la cui percentuale di consumatori media è il 3,9 per cento, mentre in Italia, Francia, Spagna e Nordamerica la percentuale dei consumatori sul totale della popolazione supera l’8 per cento, dicevo che devo pensare che proprio a Firenze se ne fa un largo uso, anzi un uso in lungo e in largo. Capisco la crisi in generale e capisco ancora di più la crisi del post sconfitta, ma non si può fare di tutta un’erba un fascio specie dopo aver scoperto che a Firenze si fuma un fascio di tutta un’ erba. Contro la crisi del resto vanno adottate contromisure adeguate, per questo Natale volevo comprarmi un bell’orologio, ma siccome non ho il fatturato della Juve e nemmeno quello della Roma in grado di riconoscere a Ljajic uno stipendio superiore di tre volte a quello che percepiva a Firenze, solo per tenerlo in panchina, sono andato in un negozio di cinesi per comprarmene un’imitazione. Però costava troppo anche quella e allora mi hanno proposto un’imitazione dell’imitazione. Ieri sera grazie al mio nuovo orologio mi sono collegato perdendo 25 minuti buoni di Galatasaray-Juventus, ma ero ben disposto perché per la prima volta ho sentito il richiamo della patria, si, lo confesso ho sentito l’esigenza di fare il tifo per Mancini. E puntualmente ha nevicato.