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mercoledì 31 ottobre 2012

Didietrologia

Mentre sul blog impazza ormai la moda di comporre la propria squadra dei sogni, colgo l’occasione per fare il cambio dell’armadio e così tirare fuori anche qualche scheletro tipo Rebonato, e poi rispondere alla vostra occupazione preferita, che devo riconoscere è minuziosa e tiene conto degli equilibri e quindi anche degli aspetti delle due diverse fasi di gioco, aggiornando così anche quella che è invece la mia top-a ten, ovvero la classifica della miglior didietrologia che si possa fare nella fase Rem. E quella della foto di oggi sembra una fase a forma di anfora senza manici, roba da maniaci della fase, e se mancano le anse quelle che non mancano sono invece le ansie che mi assalgono al pensiero di una fase che prevede la vista non accompagnata dai raddoppi del tatto, e alla vigilia di una partita che a proposito di sogni fa agitare il sonno di adrenalina e ormoni fino alle polluzioni che poi riempiono l’anfora fino all’orlo. Se non siete troppo distratti dal romantico ricordo di Ardiles non sarà ardito spostare un attimo l’attenzione sulla partita di domani e magari sperare di dare un paio di pere anche al Genoa dopo la Lazio, come anche ai più sensibili amanti della frutta a fine pasto non mancherà di fare didietrologia proprio sull’anfora contestandone la similitudine a favore di una più familiare pera, che vi da lo spunto per andare oltre e parlare più propriamente da un punto di vista tecnico della qualità superiore della nostra squadra che ci lascia tranquilli e fiduciosi, come se parlassimo di qualità “coscia” riferita appunto alla pera, perché saremmo assolutamente in tema con la didietrologia, e ci permetterebbe nel poscia partita di toccare il cielo con un dito mentre fuor di metafora e in piena fase Rem, il culo con l’intera mano. Qualcuno eccepirà sul fatto che non si può sostenere che un paio di mele abbiano la forma di una pera, e vi capisco perché avete eccepito a pomeriggi interi tra chi fosse stato degno da essere inserito nelle vostre liste di proscrizione, che non sono altro che il registro storico di chi ha la prostata infiammata dalla passione di un calcio che fu, e che per molti è proprio un calcio nella prostata, allora viro e prendo spunto dalla maglia della signorina che è il momento più lirico della foto, l’aspetto più fine che l’autore ha voluto dare all’immagine scegliendone non a caso una a coste fini, perché mi piacerebbe che a Genova si rivedesse finalmente la squadra sotto la curva a lanciare le maglie, che è un gesto che accompagna un risultato positivo a un immagine che invece sta scomparendo, come se fosse diventato un momento troppo intimo che il calcio non si può più permettere perché è sempre più lontano dalla gente. E anche un augurio rivolto al Tocca perché gli possa arrivare addosso la maglia di Roncaglia nello stesso preciso momento che la mia serata tocca invece con mano tutto quella formosa didietrologia della vittoria. Spero che l’immagine di oggi non abbia offuscato troppo quella di Ardiles, non era mia intenzione distogliervi dalla fisicità di giocatori così epici, so che preferite il rotolare della palla al rantolare sopra alla pelle così volgarmente depilata e liscia, so che di liscio preferireste il rinvio di Sampirisi con Jovetic pronto a ribadire in rete. Capisco che una donna così spoglia, senza il boato di una rete e senza neanche la miseria di una calza a rete non possa aspirare ad entrare in una vostra classifica dei sogni, vorrei comunque farvi presente che nella scelta ho accuratamente tenuto conto che le braccia fossero attaccate al corpo per evitare il solito fallo di mano, che nell’occasione però potrebbe spingervi a fare almeno un bagno di umiltà, se non turco, o semplicemente un momento di riflessione da spendere nel bagno di casa vostra per ritrovarvi alla fine magari proprio con il fallo in mano.

martedì 30 ottobre 2012

Tecnologia nel campo visivo

Nel calcio ci sono tante idee d’azzardo che alla fine formano una grande bisca d’idee, certe strisciano come una biscia, altre sono frutto di una tresca, di una matrioska che serve a nascondere gli scandali dentro a se stessi, ma dalla bisca si staglia, illuminato, il suo esponente più innovativo che è sempre stato Biscardi, il più longevo sostenitore della tecnologia in campo, un autentico Rommel nel deserto della moralità ma non del tartaro, come invece aveva scritto erroneamente Dino Buzzati, perché nel calcio si è contraddistinto sempre e solo chi ha masticato le regole della connivenza e della sudditanza, magari davanti a un fritto di paranza. Biscardi, un’autentica volpe che già ai tempi di Tonino Carino, Bubba, Necco, Ferruccio Gard e Cesare Castellotti era un precursore a tutto tondo, e quindi non solo della moviola, ma anche dell’uso del congiuntivo con il primo algoritmo del rapper, il più colorito uso della lingua italiana e dei capelli, il cui tono caldo della carota è stato poi ripreso dal Mulino Bianco per dare alle Camille l’aria sana dell’ortaggio più comune, un uso sgangherato del congiuntivo quindi, che avrebbe visto poi la sua età dell’oro con l’avvento sulla scena di Corvino. Mentre Della Valle dovrebbe prendere esempio proprio da quella grande schiera d’inviati del Novantesimo Minuto, perché mentre lui non è riuscito a realizzare ne Cittadelle e ne parchi a tema vari, Ferruccio Gard realizzava Gardaland e tra i giocatori Pietro Fanna, l’Aquafan. E in una giornata infernale come quella di domenica, dove le malefatte degli arbitri fanno di Biscardi addirittura il nuovo che avanza, il vero rottamatore della discrezionalità nel calcio, da disinnescare con l’occhio tecnologico che non è quello di Marotta, appare Moggi come un’ulcera duodenale, che a proposito di tecnologia propone con fare mafioso a Della Valle l’arte della conservazione delle intercettazioni, tirate fuori dalla pece della sua reputazione e conservate alla scapece, lui che è il vero Scarfece del calcio, che a differenza di Al Pacino non è imbiancato dalla cocaina ma dalla farina del suo sacco, che ha usato per la frittura delle griglie arbitrali al posto delle triglie. E non è un caso che Lukcy Luciano esca fuori proprio il giorno che si riparla di tecnologia, argomento che viene usato come un defibrillatore dalla famiglia Biscardi per ridare ad Aldo una scossa prima di rimetterlo nella formalina, o come si dice in suo onore, nella formaldaide, perché Moggi, oggi, non vorrebbe più essere costretto a chiudere manualmente gli arbitri nello spogliatoio, ma farlo almeno con un telecomando se non inviando un sms che agisca sull’elettroserratura, così come fa Conte da vero innamorato del calcio che non usa il Ponte dei Sospiri sempre troppo congestionato, ma usa invece il ponte radio per dare indicazioni alla squadra e scansare così le code e aggirare le sentenze. Tecnologia che mortifica anche il povero Marotta, che ha la vista disassata, anche se bisogna dire che per quello che ha combinato alla Fiorentina nell’affare Berbatov, con le successive e reiterate fesserie per giustificarsi, meriterebbe una sassata nel capo, ma noi siamo la società del fair play e alla lapidazione preferiamo sempre la depilazione, vedi Borja Valero, Migliaccio e Olivera, perché Biscardi in preda a un rigurgito di formalina e incurante degli inviati di Striscia sempre a caccia di ciarlatani, si è fatto passare per un luminare in grado di correggere il difetto di Marotta che ha un occhio che rotea normalmente mentre l’altro è fisso sulla linea del fuorigioco di Catania e praticamente sempre al di là o al di qua di dove dovrebbe guardare, insomma, alla fine il piacere che ci ha fatto lui nella vicenda Berbatov evitandoci delle brutte figure, gliel’ha fatto Biscardi impiantandogli un sistema di lettura targhe, nella foto alcuni momenti della messa a punto, in modo da evitargli la brutta figura di scambiare la luce di un top player, per quella degli stop di una Crysler.

lunedì 29 ottobre 2012

"Rosso" al campionato

Sotto a un paesaggio quasi padano, piovoso ma obbligatorio passaggio tra le grandi, diciamo quasi, e padano come il grana, torna finalmente la Fiorentina dal sapore più blaugrana, mentre scoppia fragorosa la grana degli arbitri, e lì sono bombe come quella dell’Eta, perché questa sembra proprio roba da Paesi Braschi. E sono cazzi nostri. Di un calcio italiano sempre meno credibile e bello, da “rosso” insomma, con partite squallide e stadi vuoti, con la Fiorentina che per essere eccezione importa idee tattiche che non ci appartengono e che per questo ci consentono di esprimere un gioco che si distingue nettamente in mezzo alle macerie di un campionato che sembra giocato all’interno di un vecchio cortile di periferia, dove l’emozioni più grandi sono i campioni che se ne vanno, e come fattore tecnico più rilevante ci sono le svirgolate arbitrali che rompono i vetri della credibilità, poi una volta messa fuori la testa dal cortile Italia prende scoppole e calci in culo da chicchessia. E la Fiorentina che passa davanti alla guardiania di Nicchi è oro colato, il suo primo tempo è forse la miglior espressione del Montella pensiero, che nel secondo invece arretra troppo proprio come a Parma, che dimostra comunque di aver già fatto un miracolo a trovare questa dimensione in così poco tempo, ma non ancora sufficiente per essere considerata una grande, e per questo ho usato quel “quasi” iniziale. Mentre per il portierato arbitrale che sfigura il campionato non esiste quasi, sono proprio delle teste di cazzo. E’ incredibile come la Fiorentina sia riuscita a registrare una difesa così nuova e sempre diversa perché continuamente azzoppata da quella che è diventata una vera piaga, la classe arbitrale, che ha fatto come le assicurazioni, o come la criminalità colombiana, anche se da omini come si stanno dimostrando non sono riusciti a fare cartello ma cartellino, comunque in tutta questa macelleria sociale la Fiorentina dimostra di non buttare mai via il pallone grazie alla perfetta scelta di giocatori tecnici e compatibili al suo nuovo modo di fare calcio, e pensare che lo scorso anno la fase difensiva veniva interpretata da Gamberini e Natali, in una squadra che sembra intollerante solo al calcio di rigore, che per essere così spudoratamente tecnica è un’autentica bestemmia. E adesso dopo aver giocato con tutte le migliori possiamo stilare un primo bilancio positivo della stagione, che ci lascia ragionevolmente pensare di poter dare uno strappo alla classifica nell’immediato, visto che adesso potremo mettere a frutto la superiorità nei confronti delle prossime avversarie. Fermo restando che ad oggi non abbiamo sfigurato mai con nessuno, e direi senza passare troppo da talebano Viola che ci mancano almeno i due punti di Parma. La cosa più incredibile di questa squadra sono i margini di miglioramento, e se si pensa che a questa percentuale va aggiunto l’innesto di Aquilani che è il giocatore migliore della rosa, potremo toglierci davvero delle grandi soddisfazioni, cercando già da giovedì di recuperare anche il miglior Jovetic che è andato via via spegnendosi. E a proposito di salto di qualità, se l’asticella è quella che ha posizionato Montolivo, allora i dieci minuti di Aquilani, anche se facilitati dalle condizioni favorevoli della partita, aprono davvero il cuore, mentre fanno capire allo stesso tempo come mai il Milan sia caduto così in basso. E solo il pensiero al gioco melenso di Montolivo a deturpare quello di questa squadra fa venire le bolle, Riccardo che a proposito di giornata piovosa si è dimostrato il più fantozziano dei giocatori in attività, seguito com’è dalla nuvola della smobilitazione fino a Milano, dove anche Pontello nel frattempo ha preso la residenza cercando di confortarlo. E mentre Abate, Acerbi, Yepes e De Sciglio, a turno gli tengono l’asticella dell'ambizione, quei dieci minuti di Aquilani ci fanno benedire la smobilitazione dei Della Valle e apprezzare la politica della Branchini band che punta molto al parametro zero, risparmio e qualità che hanno portato alla corte di Berlusconi un carciofo a chilometri zero.

domenica 28 ottobre 2012

Gioco bassotto con palla a terrier

Dovremo essere più cinici, per non dire cinofili. Perché per battere la Lazio non basterà essere solo belli da concorso, bisognerà essere soprattutto figli di un cane, e Montella con Ljajic sembra proprio aver scelto questa strada, quella della manovra, dello scambio veloce, un percorso a ritroso sui propri passi con il ritorno alla palla a terra, al giropalla rapido, sciolto, spigliato, disinvolto. Si insomma, un classico percorso di agility dog,  per una partita che richiede una buona armonia tra il Mister che conduce e la squadra che deve assecondare gli schemi, quella che si definisce un’ intesa perfetta. Per non incorrere negli incidenti di percorso come quelli che si è trovato ad affrontare il Milan con Montolivo, una razza la sua che è un incrocio tra un campione e il sapore tutto campano di un uomo mozzarella, che ha dato vita a un cane da ferma, che non è ne un mastino e ne tantomeno un campione, piuttosto un lampione napoletano, una sorta di palo fioco che illumina il gioco fino a un metro di distanza, che tende a schiantarsi sull’asticelle, e che dopo Firenze sta contribuendo a svuotare anche il Meazza. Attenzione però al pastore tedesco Klose che spesso ci ha azzannati e che poteva trovare difficoltà contro il dogo argentino Roncaglia se non ci fosse stato Guida, un cane che nasce come guida per ciechi ma che alla fine è risultato il più cieco di tutti. E per superare gli ostacoli di una partita tosta, difficile, punterei sulla razza più geometrica che abbiamo, la più capace nello slalom, quel Cuadrado che può creare la superiorità numerica, scambiare con i segugi serbi e montenegrini, oppure dare lui stesso finalmente una zampata vincente. Lieviterà il gioco a terra senza il levriero là davanti, permettendo così a Pasqual di non sbagliare più tutti quei cross, semplicemente perché non serviranno. Nessuno si dovrà rifiutare e fermarsi davanti all’ostacolo Lazio, mai mollare l’osso, mordere le caviglie di Hernanes e sfiancarli a rincorrere come cani da slitta, e vincere potrà dipendere molto dalla capacità di Adem di essere fiinalmente cattivo sotto porta come un Doberman, e da Jovetic di non mangiarsi un altro rigore concesso dalla mano di uno sconosciuto, e poi capace di dividere la pappa anche con gli altri senza necessariamente provare a sbranare il pallone da tutte le posizioni. Sarà anche una grande occasione per Mati per dimostrare di avere quel fiuto del gol prezioso come un tartufo, perché per vincerla alla fine qualcuno dovrà pure buttarla dentro, si è fatto un gran parlare delle doti degli uomini di Montella, delle loro qualità tecniche, delle proprietà associate ai fondamentali di assoluto livello, tutti indizi che non dovrebbero escludere la capacità di nascondere il pallone agli avversari e quindi di sotterrarlo anche al di là della linea di porta. Ma a prescindere dalle condivisibili intenzioni di Montella di tornare alla Fiorentina spagnoleggiante delle prime giornate, quando Toni era ancora alla ricerca di una toilettatura decente, e quando il gioco non era quello elementare di lanciare i palloni per aria in modo da essere riportati ai piedi del padrone per poi rilanciarli di nuovo, e da lì non si usciva mai, perché la partita di oggi va vinta anche giocando male, oggi va bene anche un gol randagio, anche brutto e mi viene in mente Conte che è un cane da riporto, cioè brutto con il riporto ma capace di riportare a casa anche il risultato però, perché vincere anche rubando servirebbe alla classifica e anche a cancellare quell’alone di squadra che si guarda troppo allo specchio e poi rimane in mutande, proprio come con un bel paio di boxer. Bisogna vincere e basta, e se per farlo occorrerà una rapina, sarà una decisione illuminata come il  film di Lumet, “Quel pomeriggio di un giorno da cani”, appunto.

sabato 27 ottobre 2012

Trine e trame

E’ arrivato il momento di capire che cosa c’è veramente sotto il vestito della Joma, capire se la squadra è veramente “bona”, è ora di scoprire quel popò di progetto e vararlo come una nave, fare della Lazio una nave scuola per uscire dall’adolescenza, tastando con mano per verificare cosa c’è dietro a quell’idea di calcio pensata in una calda estate di rivoluzione sessuale perniciosa. Per farla diventare la nostra droga, efficace come Drogba, un Didier che per noi potrebbe avere l’aspetto sano di quel magnifico didietro. Ancora non troppo svelata, è sembrata una squadra che però lascia intuire forme generose e rotonde come il gusto di un buon distillato, whisky and soda, insomma, perché la forma che ci ha fatto girare la testa sembra proprio  quella bella soda di una squadra in forma, frizzante, di fondamentali eleganti, di trine e di trame, di manovra ricamata col pizzo ad accarezzare un gran bel mazzo, che è quello che prima o poi dovremo fare ad una cosiddetta grande, perché ancora non si è svelata del tutto, e pensiamo che possa finalmente spogliarsi domani. E apparirci una squadra carnosa come un’orchidea, un’idea di squadra che faccia venire alla Lazio l’orchite, a noi solo venire, mentre ai tifosi biancocelesti la lotite, un monte di discorsi ma neanche un punto. Vediamo se la Fiorentina sarà davvero quel gran bel pezzo di squadra, finalmente convincente e allo stesso tempo vincente al cospetto di chi ormai ha preso confidenza con l’alta classifica. E per dire di poter essere tornata a far sognare i propri tifosi, una squadra deve per forza dimostrare di essere bella tornita, capace di riempire lo stadio e gli occhi, ma anche allontanando la pantomima di un calcio che interrogato sul bel gioco faccia scena muta. E così provo in anteprima a svelare le sue forme, che poi sono quelle che dovrebbe prendere la partita una volta rifatti gli occhi, dopo aver verificato che in quelle forme ci si potrebbe posteggiare una bicicletta, magari quella di El Hamdaoui dopo che l’ultima pedalata del genere toccò ad Osvaldo per tagliare il traguardo della qualificazione Champion. Sembra che Montella non voglia sfigurare tutto quel ben di Dio di manovra con protesi al silitoni là davanti, e al posto del pennenciola dovrebbe tornare Liala Ljajic per un romanzo rosa dal finale che ci piace, e se avrà avuto ragione il Mister, allora sarà arrivata l’ora di brindare rigirandola dall’altra parte, per vedere se ci sono tutte le cosine al suo posto, se le distanze tra i reparti saranno state rispettate, e se evitando l’uso del lancio lungo come le cosce di Giovannona si sarà ricamato davvero un calcio più sinuoso e dall’aria più sexy. Ma se tutto questo non accadrà allora sarà arrivato il momento di pensare a un piano B più che a un lato B.

venerdì 26 ottobre 2012

Anda e rianda

Oggi ho dovuto riempire la vasca per raffreddare un po’ i vostri bollenti spiriti, presi come siete da una sorta di eccitazione infettiva che ha contagiato anche il povero Bucchioni, che come potrete vedere sembra più interessato al culo della signorina che a un’arabona di Mati Fernandez, e allora è proprio vero che tira di più un pelo di Fac che un carro di vincitori. E Bucchioni è molto più fortunato dei colleghi di Genova, perché lui almeno gli occhi li sgrana per verificare meglio il baricentro della Miss e accorciare in pressing, mentre alla presentazione di Gigi Delneri gli occhi sono stati sgranati dopo non aver capito una sega di quanto veniva farfugliato dal redivivo Superciuk, come del resto succedeva da noi quando c’era Corvino. E’ bene quindi tornare a mettere la testa sulla partita, perché altrimenti alla fine il culo ce lo faranno a noi, intanto Montella sembra aver escluso l’utilizzo dal primo minuto di Aquilani e si dovrebbe andare verso un centrocampo con Olivera, Valero e Fernandez, davanti il solito ballottaggio con ancora Toni in vantaggio dopo gli exit poll del giovedì, dietro, Savic per il rimpasto della difesa orfana di Roncaglia. Ancora grande attesa per una partita trampolino o trappola, che ci vede di fronte a una squadra dal rendimento robusto, affidabile, mentre noi siamo ancora alla ricerca di un identità precisa, combattuti tra l’egoismo di un possesso palla troppo sterile, e quel dar aria ai lancioni per fare di Toni il nostro organo riproduttivo, da una parte quindi parecchi preliminari e poco trombare e dall’altra forse un eiaculazione troppo precoce, in mezzo le squalifiche ma anche il ritorno di Aquilani e il fattore campo. Gli ingredienti ci sono tutti per misurare ancora le qualità, le ambizioni e il carattere di una squadra nuova ma che sembra essere stata disegnata bene, molto motivata e secondo me anche capace di ritagliarsi una dimensione che possa essere qualcosa di più di quella di una semplice squadra rivelazione. Certo è che i centrocampisti devono dare un apporto superiore in fase realizzativa, che le palle inattive vanno sfruttate meglio nella direzione di un calcio moderno che ormai lo ritiene requisito indispensabile per risolvere le partite, e che Jovetic bene come media gol prenda atto però che non è Carmelo Bene, e abbandoni il monologo per dividere la scena con il resto della compagnia. Siamo a venerdì e quello che vi chiedo è solo di mettere la testa sulla partita, anche per rispetto di Antoine, che sgranerà gli occhi come Bucchioni nel vedervi sbavare per signorine discinte invece che per giocatori prestanti come De Sciglio, qua bisogna parlare di calcio e dei protagonisti che lo interpretano proprio con la loro fisicità, e quindi bisogna interessarsi di uomini per di più in mutande, e non di poster squallidi da attaccare nella cabina del proprio camion, vorrei sdoganare lo stereotipo di un ambiente calcio avvolto da gretto maschilismo, e non solo per accattivarmi le simpatie dei metrosexual, che non è come pensate voi un disperato tentativo marketing tutto sanfredianino per non perdere utenti e anzi guadagnarne molti altri, ma è soprattutto un modo per dare al blog una modernità più trasversale, un attualità che ne faccia un contenitore più evoluto, e non un Drive In scollacciato con io che sembro Greggio a fare battute datate, dove insomma la cultura non sia solo quella della mercificazione dell’immagine femminile ma anche di quella maschile. L’idea è quella di alternare la Bice con Cecchi Paone e le foto dei culi non solo limitate a quelle femminili, perché il grande vantaggio dell’espressione fisica dell’uomo è che a differenza di un culo femminile è molto meno connotata di retaggi sessuali, e l’esempio è proprio nella foto di Bucchioni che inaugura così la nuova rubrica, una faccia la sua che non è solo faccia, insomma, ma anche culo.

giovedì 25 ottobre 2012

Malizia

Ha ragione Lotito a temere un condizionamento arbitrale dopo le rimostranze di Pradè, e ha ragione perché conosce molto bene la politica del calcio, lui che a Roma è presidente di una della “società dei magnaccioni”, infatti è sempre lui che di fronte ai debiti cantava “c’hai messo l’acqua e nun te pagamo “, annacquando l’Irpef in 21 anni. E poi mal si sposa il fair play con le proteste così terra terra, la Fornero direbbe che siamo troppo “choosy” perché non si può fare così tanto gli schizzinosi per du’ cartellini gialli e allo stesso tempo mettere sulla maglia “Save the Children”. Ora se si vuole spaccare il capello e la faccia in quattro a Guida per una trattenuta di maglia, quando Lotito ha invece 21 anni di trattenute Irpef arretrate, si capirà bene perché il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali si rivolge ai tanti giovani come Ljajic, poveri viziati che spalmano la Nutella sul pane invece di fare appunto come Lotito che si adatta ad ogni tipo di rateizazzione, e mentre gli interessi dei comuni mortali volano con Equitalia lievito madre, Lotito si limita a far volare sull’Olimpico l’aquila biancoceleste. La foto di copertina mostra la malizia con la quale il tifoso Viola interpreta le decisioni arbitrali che viste con gli occhi di chi guarda dentro a quello scollo risulteranno sempre delle decisioni a pera, sviste e riviste, torti arbitrali ma anche occhi storti a forza di guardarle, tanto e comunque prima o poi gli errori si compensano, e se a quei seni manca solo la parola ai tifosi Viola manca un cazzone come Rosetti a proprio favore che non si è mai paventato, altro che compensazione, mentre il Presidente della Lazio si ricorderà bene la mano di Zauri, che alla fine è la spiegazione più semplice di come mai la Fiorentina negli ultimi cinquantanni abbia messo in bacheca Zauri tituli. Riconosciamo alla Fornero il nostro essere troppo choosy, e le chiediamo però se è possibile allungarci quella delega alle Pari Opportunità, in modo che tutti abbiano le stesse per avere un calcio di rigore a progetto, oppure un call center come Conte con il quale poter svolgere la propria professione anche durante una squalifica, tutti a suo servizio e rigorosamente a settecento euro il mese tanto per non passare troppo da choosy.. E’ anche vero che la squadra va tenuta lontano dagli alibi, e Montella questo lo sa bene e non parla di episodi a sfavore, ma si concentra sulle primarie per capire chi tra Toni e El Hamdoui scenderanno in camper domenica, e chi di aquila ferisce di Aquilani perisce ci viene da augurare a Lotito, mentre a chi ci fa le paternali suggerendoci che gli arbitri vanno aiutati, che vanno messi in condizione di sbagliare il meno possibile, rispondiamo che sono anni che lo prendiamo nel culo senza mai protestare, e l’ultima volta che l’abbiamo fatto ci siamo ritrovati nelle aule improvvisate della giustizia sportiva, e giudicati mentre c’era chi inzuppava la brioche nel cappuccino prima di sottrarci una caterva di punti tutti insieme, senza neanche spalmarceli in una quarantina d’anni. Ma il fair play è il fair play e non si può rinnegarlo solo perché ci è capitato qualche episodio sfavorevole, gli arbitri vanno aiutati e noi lo faremo come sempre, anzi visto come il blog è prodigo di iniziative, la seconda foto mostra proprio lo strumento principe, a dimostrazione di come a Firenze siano tutti ben disposti ad aiutare chi svolge una professione difficile come quella dell’arbitro, squadra e tifosi accettano di buon grado gli errori perché coscienti che vengono commessi in buona fede, anzi la foto mostra proprio come i tifosi siano addirittura disposti a dare una mano all’arbitro. Con tutta la forza.

mercoledì 24 ottobre 2012

Ho solo la Fiorentina in testa

Ho solo la Fiorentina in testa, e soffro, dopo l’arbitraggio di Verona sono pervaso da cattivi pensieri, mi alzo nel cuore della notte, vado in bagno e piscio fuori dal vaso, poi mi rigiro dentro al letto come a voler rosolare quelle ingiustizie per farle diventare spiedini da offrire a Lotito, un vero maestro della spennellata finale, anche se la sua scuola di pensiero non prevede l’olio d’oliva ma lo spalmadebiti su tutta la superfice, per anni. Ho solo la Fiorentina in testa, mi sveglio con gli occhi sbarrati pensando alle squalifiche di Roncaglia e Pizarro, e allora scatarro, mentre mi tremano le mani al bollettino medico sulle condizioni di Aquilani, l’unico pensiero leggero oltre il Viola, è quando in compagnia del budino di riso rifletto sull’asticella di Montolivo abbassata sull’ingresso del ritiro punitivo, Faac come la marcatura di Faacundo che chiude tutti gli spazi. Ma è solo un attimo, perché poi il mio pensiero torna subito alla Fiorentina, a quando potremo finalmente vedere la terza maglia oppure il terzo scudetto, e penso al CCVC che vive il disagio della coppia di fatto, schiacciato sotto il peso del sospetto che quella Della Valle-Renzi possa alla fine risultare fatale, teme e allora scrive lettere augurandosene una molto meno ingombrante e già si fa il nome di quella Della Rocca-Te-Renzi. Perché ho solo la Fiorentina in testa anche se la Rita ha qualche sospetto che non sia così, ma non è vero, anche ieri la rassicuravo che il mio unico pensiero in questo momento è quello di capire come mai quella manovra bella dal sapore di paella si è andata via via mutando, desertificando il giropalla a favore di un lancione dal retrogusto un po’ rancido. Ho solo la Fiorentina in testa anche quando vado alla lavenderia a gettone sotto casa per lavare il piumone, penso sempre e solo a quella passione che ho in seno, ed è soprattutto mentre aspetto che asciughi, che m’incanto su quel seno, quando cioè ci sono i tempi morti, è in quel momento che mi vengono i cattivi pensieri, alcune volte anche biondi, ma essendo cattivi si mescolano per non darmi punti di riferimento e a volte sono mori, poi mi scuoto e ripenso alle difficoltà della partita contro la Lazio, dove però potremo vincere e farli sparire quei brutti pensieri, si insomma, diciamo più nudi che brutti. E non sono fessa lo dice anche la Rita quando mi giro a guardare le ancheggianti presenze che animano la lavanderia sotto casa, quindi non solo Pradé sospetta ed esige rispetto, perché come la Fiorentina si è fatta sentire rivendicando lo stesso trattamento nella gestione dei cartellini, alla Rita non è piaciuto il trattamento che ho fatto al piumone, secondo lei sono troppo distratto quando vado in quella lavanderia sotto casa e sbaglio il programma, perché lei dice che è frequentata da persone che non la convincono. A lei però, a me convincono molto le persone di quella lavanderia sotto casa, perché sono pulite dentro, persone che oltretutto hanno la sana abitudine di lavare i vestiti che indossano senza portarsi dietro il ricambio, ed è mentre aspettano di rimettersi i vestiti lavati che mi vengono i cattivi pensieri sugli arbitraggi. Devo confessare che molto spesso mi apposto fuori dalla lavanderia, e quando invece le incontro al bar lì accanto alla lavanderia sotto casa faccio finta di inciampare e gli verso il caffè addosso, riempendole poi di gettoni. Ho solo la Fiorentina in testa, l’ho detto alla Rita con forza dopo aver preferito mangiare un panino in lavanderia invece di salire su a cena, l’ho supplicata strappandole tutta la biancheria sporca di mano, cercando di farla crescere, per renderla meno provinciale e abbandonare usi e costumi popolari che vogliono che i panni sporchi si lavino in famiglia. Mi ha visto turbato ultimamente, gli ho detto che la colpa è della classe arbitrale, non ci crede, gli ho detto che il comportamento di Montolivo mi ha ferito, cazzate, che El Hamdaoui non sembra uscito da un digiuno ma dal dietista di Vargas, sei un buffone mi risponde, dura, non credendo affatto che ho solo la Fiorentina in testa, sei troppo svagato oltre che a essere la solita fava. Mi è toccato rassicurarla promettendole di andare a fare una visita specialistica dal marito di una sua amica che è bravo a curare gli esaurimenti nervosi. Tutto bene fino a quando non sono tornato a casa carico di gettoni e l’ho trovata alla finestra a guardare la tac del mio cervello, come se la volesse vedere meglio con la luce diretta, tutto bene prima di avermi posto la domanda che aveva tutto il tono perentorio dell’ultimatum, alla quale ho risposto senza nessuna incertezza “ho solo la Fiorentina in testa”. Poi non ricordo più niente.

martedì 23 ottobre 2012

Tecnologia in campo sentimentale

Hai voglia a dire “arbitro cornuto”, frase inefficace come l’apporto alla manovra di Montolivo che per ora ha fruttato un ritiro punitivo, e diventata ormai puro folclore, come la Taranta nel Salento, un modo di apostrofare che ha perso tutto il suo potere offensivo, al quale rimane attaccato solo un po’ di quel “colore” che guardandolo oggi ritroviamo ancora nelle corna di Gassman durante il “Sorpasso”, oppure come la “sgozzata” o la “spunzonata” che i nostri figli non tirano più. Bisogna evolvere anche le proteste, lottare in maniera più efficace contro chi dopo aver costituito una cupola ha pensato di prendere di mira il Cupolone, e non è sufficiente ingaggiare un criminologo declinato proprio dal Brunelleschi come potrebbe essere Francesco Bruno, perché uno è chiaro autore dell’opera architettonica e l’altro è invece più Bruno appunto. La categoria arbitrale si è fatta furba e se ne frega degli epiteti sfocati, di offese alle mamme che si riconoscono orgogliose della loro professione, che viene urlata dietro ai figli come fosse un’offesa invece del mestiere più antico del mondo, e per combatterla bisogna fare come hanno fatto i reparti d’investigazione scentifica tipo i Ris di Parma, che oggi adottano strumenti che permettono l’acquisizione di prove della presenza dell’indagato sulla scena del crimine, quello che un tempo non era possibile ricavare se non con la flagranza di reato o attraverso testimonianze oculari. Questo la categoria arbitrale lo sa bene, e infatti non vuole la tecnologia in campo, perché sarebbe come concedere al sistema calcio la prova del DNA di un rigore o di un fuorigioco, togliendo la mitica discrezionalità che fa tanto carriera. Il loro grande merito poi non è stato quello di lasciare la tecnologia fuori dalle loro decisioni concordate a tavolino, ma sono stati così bravi da innescare addirittura un circolo vizioso che invece di ridurne i poteri ne aumenta proporzionalmente proprio la percentuale di discrezionalità, che è un autentico obrobrio dei nostri tempi, perché da tre sono passati a quattro e poi a sei, aumentando così solo la percentuale dei cornuti in campo invece di diminuire gli errori, fino a quello che sarà il grande disegno finale intercettato attraverso una di quelle famose tessere telefoniche svizzere, dove si è svelato il perché gli stadi oggi si svuotano, lo ha spiegato molto bene Moggi a Bergamo, gli stadi vengono svuotati a lotti di decisioni appaltate proprio dalla categoria per impossessarsi del calcio, e attraverso l’uso di strumenti come tornelli, tessere del tifoso, zone di prefiltraggio e televisioni, tutto alla fine per riempirli di arbitri, passando così dagli attuali sei fino a una media di trentamila a partita, e con gli stadi nuovi si consentirà alle famiglie degli arbitri di trascorrere le domeniche in ambienti più confortevoli, fino a quando l’evoluzione della specie porterà l’uomo a perdere la lingua come le foglie d’autunno, e non ci saranno più proteste per gli episodi dubbi, e in ultimo l’uomo potrà esprimersi usando solo il fischietto. Ma il blog lancia oggi la sua grande iniziativa per bloccare i furbini della discrezionalità assistita, per colpirli là dove oggi invece si sentono più forti, perché attaccati con armi spuntate o avvelenate solo da folclore o da azioni tragicomiche come il Fantozzi di Luciano Salce, che non fanno male neanche a una mosca, che tra l’altro è animale connivente con la categoria di merde sulla quale come sappiamo ci si posa molto volentieri, ma chi di mancata tecnologia ferisce, di applicata tecnologia perisce, perché il blog ha chiuso un importante partnership con Google Maps, in modo che nessuno si possa più sentire protetto da frasi da avanspettacolo come appunto l’ormai patetico “arbitro cornuto” diverso invece se all’arbitro viene mostrato alla Domenica Sportiva la prova dell’attività ludica della moglie mentre lui è ad arbitrare Chievo-Fiorentina, con Baconi che illustra attraverso le frecce come il piacere della consorte sia frutto di una manovra curva con marcatura a uomo che non sia il suo. La foto di copertina è il primo esempio della collaborazione satellitare che ci permette di applicare oggi per la prima volta quella tecnologia che gli arbitri non vogliono in campo, almeno nel loro campo sentimentale.

lunedì 22 ottobre 2012

Guida pericolosa

L’ennesimo Giuda Guida sapientemente la Fiorentina ai bordi della zona europea che conta, e gode, perché porta a termine una conduzione che ormai si è rivelata concordata, chiara, che ricalca un andamento della gestione dei cartellini e dei calci di rigore, in flagranza di malafede, una società dei magnaccioni quella arbitrale, che sanziona la Fiorentina in maniera fiscale, che siano rigori, ammonizioni, espulsioni, falli di mano, mentre quando subisce lo stesso tipo di episodi, la precisione fiscale diventa evasione totale, giudizi con sede legale alle Cayman, giochi di scatole cinesi utilizzate per nascondere la moralità, insomma, un trend ormai consolidato dall’inizio di un campionato falsato. Poi la squadra ci mette del suo, ma se Montella rimane a parlare con l’arbitro e poi dichiara che non c’è stata collaborazione, Pizzarro che di partite ne ha viste fa dichiarazioni gravi, e Pradè per la prima volta racconta quella che è diventata ormai una chiara insofferenza per la classe arbitrale, perché per chi mastica calcio è palese che anche l’arbitraggio di ieri abbia guidato la partita lontano dalla buona fede, allora vuol dire che la misura è proprio colma. E che ci sia una regia lo dimostra il fatto che la Fiorentina viene affossata non solo con le grandi, ma sistematicamente, a Parma, come in casa con il Bologna oppure a Chievo. La squadra poi, pur forse nella sua versione più opaca, come imballata dalla sosta e dalle Nazionali che richiamano al fronte i riservisti, succhiandogli al lavoro di Montella che se li ritrova poi frastornati da jet lag vari e check-in, avrebbe probabilmente vinto, e comunque anche in questa sua versione più imprecisa e meno manovrata, comunque capace di procurarsi più palle gol che nelle altre versioni esterne dove aveva convinto di più. E’ difficile fare un’analisi tecnica quando è chiaro che gli episodi avrebbero cambiato la partita, e se questa squadra avesse quattro punti in più, che sono quelli che gli sono stati sottratti di concerto, oggi saremmo qua a spellarci le mani pur essendo consapevoli che siamo in costruzione, che è una squadra nuova e ancora irrisolta, che nello specifico di ieri Montella ha fatto tre cambi che hanno avuto un impatto sulla partita uguale e contrario a quello di Viviano sul terreno di gioco in occasione del gol del Chievo. La squadra nel suo complesso, escluso Cuadrado, è sembrata sotto il suo standard anche se tutti i numeri della partita sono a suo favore, e nella quale spicca la quantità di cross sbagliati da Pasqual che sono quelli che solitamente un giocatore di serie A sbaglia nell’arco dell’intera stagione. Sarà interessante vedere adesso come Montella cambierà la squadra contro la Lazio dopo la liposuzione dell’arbitro alla sua formazione, forse Mati, Aquilani forse un azzardo, comunque le alternative ci sono, anche dietro per sostituire Roncaglia. Braschi invece dovrà tirare le orecchie a Guida che in sala operatoria si è dimenticato un cartellino giallo nella pancia di Jovetic, che lo avrebbe così tolto dalla strada della Lazio come ha fatto con gli altri, chiaro esempio di malaarbitrarietà. Servisse almeno a caricare il gruppo con la rabbia necessaria ad affrontare una partita per certi versi complicata ma per altri invece ghiotta occasione per accreditarsi al desk delle migliori della stagione. Comunque la partita di ieri è l’esatto specchio dei tempi che cambiano, di quando un tempo il culo era quello della Guida e tutti i salmi finivano in Gloria e in gabinetto, mentre oggi il culo ce l’ha fatto un altro tipo di Guida che nel cesso ci butta il regolamento e che per ironia della sorte, visto il suo rapporto così bipolare con quel cartellino giallo dai riflessi d’oro, a Pompei dove è nato, per prenderlo per il culo lo chiamano Johnny dai cartellini Dorelli.

domenica 21 ottobre 2012

Ponti

In anticipo sui fatti mi gioco subito un bel Ponte alle Grazie di cuore per quello che sarà il Ponte alla Vittoria là a Verona in un pomeriggio tinto di Viola, ci credo, e poi il mio povero cuore Ponte Vecchio ne ha tanto bisogno. E’ arrivata l’ora del salto di qualità da un ponte all’altro, è tempo di remare verso la consacrazione, di pescare dalla Pescaia di Santa Rosa la maglia rosa di chi comanda il giropalla e sprinta un’idea di squadra che fila via che è una bellezza, che sale in classifica, che salta anche sopra l’asticella di quel Montolivo che Corvino ha lasciato in via Turati come fosse un pacco bomba, e che per questo oggi è indagato come anarco insurrezionalista, mentre i tifosi rossoneri imbufaliti stanno cercando con i forconi quel “Re Mida” di un Gat che lo spaccia per oro dimostrandosi invece un monarco insurrezionalista. Intanto Montella magnifico canottiere, mette la prua diritta verso il sogno del terzo scudetto, e con il timoniere Roncaglia passa sotto il Ponte Santa Trinita, da dove si è suicidato l’uomo della gomma del ponte, un allenatore che ha usato gli sganassoni invece del gioco per lasciare l’accento su un’esperienza allucinante e sulla A, come una lapide sulla carriera e sul quel ponte da dove si è gettato, tanto che continuavano a chiamarlo Ponte Santa Trinità. Abbiamo voglia di tuffare il cuore in questa squadra e poi farci interrogare in geometria, parlare di manovra palla a terra, di disegni cachemire, possesso palla e trame di gioco che finiscono col gonfiare la rete. Vincere per dare uno scossone a chi ancora tituba, a chi si perplime sotto il Ponte di Varlungo, uomini che lo sguardo lungo l’hanno avuto su pontellizzazioni però ancora troppo premature, mentre sotto il Ponte di Baracca c’è un omin che fa la cacca, che per colpa di smobilitazioni fantasma non la fa dura dura dura e il dottore non la misura, perché nel frattempo gli si è sciolto il corpo. El Ham facci godere, e dopo la fine del Ramadan rompi anche il digiuno del gol, regalaci un pomeriggio di gioia e nuove consapevolezze, così posso andare finalmente a spostare quel tronco di traverso che blocca il sogno e non lo fa passare dal Ponte alla Carraia, per farlo diventare finalmente carrabile. Togliamo la polvere, apriamo il bandone e usciamo dal garage dei sogni accatastati, dimenticati, e andiamo incontro a quello nuovo che ritorna da Verona, un sogno pandoro che luccica e lievita sulla pietra serena Diladdarno, dove si distinguono i passi da gigante, da ieri quando non c’era futuro, ma solo Vuturo a vomitare mediocrità. In questo giro della città tra ponti, e chi per salire sul carro del sogno ha bisogno di un carroponte perché ha il cuore pesante, un sogno che vogliamo portare in giro fino al piazzale, e allora per farci entrare tutti, dal garage tiriamo fuori un vecchio autobus a due piani. Oggi la squadra deve dare una risposta prima di tutto a se stessa, per gonfiarsi il petto di orgoglio e autostima, per far lievitare la classifica e impreziosire il suo presente da portare in dote al campionato, per dare un senso alle tante parole e per dimostrare che quei complimenti erano meritati, per presentarsi al sogno dalla porta principale, e mettere sul panno verde le fiches necessarie a sbancare, per fare un ulteriore passo verso il calcio dei grandi, ma soprattutto per dimostraci che non sarà stata illusione, insomma, che il sogno non faccia il Ponte all’Indiano.

sabato 20 ottobre 2012

Non bere tutte le cazzate che scrivo

Ogni soggetto ambizioso almeno quanto Montolivo, a un certo punto sente l’esigenza irrefrenabile di istituire un premio, lui si dice stia pensando insieme alla compagna ad un riconoscimento per tutto ciò che gravita intorno allo zero, indiscrezioni milanesi racconatano che stiano pensando di rendere merito al mondo del tasso zero, ai cibi a zero calorie, alla carriera di Renato Zero, ma con un focus importante per i giocatori che vanno via a parametro zero. Sono in molti dicevamo, a sentire questo desiderio di consegnare più che di ricevere un premio, perché per quello ci vogliono capacità riconosciute da qualcuno di diverso dalla propria madre, premi che vanno dal Nobel fino all’ultimo e interessantissimo cartellino Viola, solo per ricordare i più prestigiosi, ma oltre a questi vorrei citarne uno che ha caratteristiche sostanzialmente differenti e che ci piace perché è un premio dal confine molto labile tra appunto il riconoscimento e la presa per il culo. Ci piace per quella sua aria un po’canzonatoria, e anche perché è l’equivalente del comfort food, diciamo da una parte, latte, Nesquik e le Macine, biscotti che hanno la migliore capacità di assorbire la giusta quantità di liquido, e dall’altra il cosiddetto premio di consolazione. Siccome noi siamo ambiziosi e irrefrenabili, e siccome ci piace l’idea di un premio che possa essere consegnato agli ultimi dei bravi o ai primi degli sfigati, anche il blog vuole istituire il suo. Dichiariamo subito che non lo daremo a Klose, perché non risponde a nessuna delle caratteristiche richieste, troppo sobrio, e poi già al centro di polemiche da premio di consolazione questa volta del giornalismo, categoria secondo la quale, o meglio secondo quelli che girano in città a piede libero e di porco con il quale forzano il bandone della decenza professionale, compreso Luca Calamai, Klose avrebbe dovuto dichiarare di essere in fuorigioco senza saperlo, primo imbecille al mondo a farsi annullare un gol, forse perché i geni della polemica insulsa sono convinti che il giocatore giochi oltre che con i parastinchi anche dotato di un body network Wi-Fi al quale Carlo Sassi trasmette gragnuole di comunicati di moviola in tempo reale. Tanta demagogia, risentimento e dichiarata superiorità, per quella capacità nauseabonda di riconoscere un merito anche a un giocatore così indegno, mentre il risentimento dovrebbe riguardare tutti coloro costretti a subire questo provincialismo gretto e questa intelligenza volgare come un rutto. Il nostro sarà un premio settimanale e si chiamerà “ La poltrona di Tannino”, sarà come il Tapiro di Striscia, verrà fisicamente consegnato al vincitore, e nel nostro caso dalla Bice. La poltrona di Tannino verrà realizzata con i sugheri delle bottiglie utilizzate da Vargas durante la settimana, manufatti, ovvero fatti a manu da artisti anonimi dalla sezione sarda degli Alcolisti Anonimi, là in Sardegna anche per promuovere il loro sughero di qualità, e vista la problematica del bere che spesso colpisce gli extracomunitari del calcio anche per promuovere Alghero in compagnia di uno straniero. Verranno quindi premiati i giocatori che bevono di più o che hanno comunque una tendenza ad ingrassare, e mentre a Firenze è stata data la cittadinanza onoraria a Prandelli, noi daremo il premio onorario ad Adriano, mentre il Masala e il cugino di Vargas non potranno essere votati. Riteniamo la nostra una iniziativa socialmente utile perché avrà soprattutto il significato del monito, dell’invito alla moderazione, anche perché il campione del calcio a torto o a ragione molte volte è un modello per i nostri ragazzi, e ci sono quelli che hanno come modello Montolivo che già scontano un rendimento scolastico vicino allo zero, allora abbiamo pensato che al momento della consegna, la Bice chiuderà la premazione pronunciando quello che sarà poi lo slogan della Poltrona di Tannino “ Tutti quei tuoi brindisi alla fine ti porteranno a giocare in Lega Prosit”.

venerdì 19 ottobre 2012

"Senza" è un sottoprodotto della domenica, come la sansa

Come si esprime la mancanza, quel disagio del senza, dove la carenza toglie il cielo dalla tua stanza, alla faccia di Gino Paoli, intanto prendendo atto che senza il Viola è una domenica che sa di mattanza, ti alzi, esci dalla camera da letto ed entri direttamente nella camera della morte, senza passare dal bagno che è sempre occupato. E mentre rimpiangi i tornelli che ti filtrano un po’ l’adrenalina, ma che comunque poi ti spalancano le porte della passione, nuoti svuotato in mezzo ai tonni, e se c’era Corvino anche senza Patronni, così dopo la messa già t’inscatolano in un pomeriggio sottolio che è peggio della messa in piega di donne alla riscossa, forti del fatto che senza il pallone sei uomo dentro a una fossa, insomma, arpie che fanno prendere alla tua domenica una brutta piega. Confessati! Ordine categorico di chi ha sfruttato il golpe della Nazionale sulle nostre vite per salire al potere, e la messa in piega da sola è il monumento della devastazione, così laccata, spiega in maniera cruda quanto Prandelli ci abbia rovinato il fine settimana. Mi inginocchio e intravedo Dom Bairo, che quando non mi sente chiamo l’uvamaro perché somiglia al fraticello della pubblicità, lo intravedo dalla grata mentre scarta un Kinder Pinguì e mi dice “dimmi  figliolo”, “ ho mandato affanculo Montolivo”, mi guarda, da un morso alla merendina e mi risponde “anch’io”. Apre la tendina, mi passa le fette al latte necessarie, e mi dice “stavo giustappunto facendo la penitenza”, e mentre mangio le mie tre Ave Maria mi mostra la sciarpa del Gruppo Chiava appesa dentro al confessionale anticipandomi che all’omelia della domenica prima del Chievo, sotto la tunica indosserà la maglia di Viviano, perché porta bene e perché fa rima con Vaticano. Si guarda intorno abbassa la voce e aggiunge che la domenica ancora dopo quando arriverà la Lazio ha invitato Suor Paola e si deve ricordare di andare a comprare il Guttalax. “Menomale si rigioca”, Padre, gli ho detto con voce sommessa proprio perché ero a messa e per non farmi sentire dalla Rita, quando non c’è la Fiorentina anche sul blog si scatena l’inferno e i fedeli mi abbandonano, “a chi lo dici”, mi risponde stizzito, “ quando non gioca l’amata i fedeli sono talmente depressi che tendono a non scambiarsi neanche il segno della pace e mi avanzano tutte le ostie”. “Vai all’Ikea?” mi chiede mentre si soffia il naso con un fazzoletto della Juve, “no Padre oggi vado nel Mugello, tocca all’Outlet Village a Barberino”. Ma per spiegare ancora meglio lo smarrimento di queste settimane di olio di fegato di merluzzo tirato sul col secchio dal pozzo di Coverciano, giorni tra il mi manchi e chi mi manda affanculo, giorni molto diversi da quando invece la domenica si tromba, utilizzo la mia omelia per proporvi un teorema internettiano.
“Tra il vaffanculo e il mi manchi devi lasciar passare un tempo strategico. Se il mi manchi segue a ruota il vaffanculo, ne vanifica irrimediabilmente l’effetto; se lo segue di troppo, non riesce a cancellarne l’impatto devastante.
Il mi manchi va collocato in quella terra di mezzo che è la percezione dell’assenza, la nostalgia: abbastanza lontano da permettere al vaffanculo di produrre i suoi effetti educativi, ma mai troppo, in modo da non perdere il suo potenziale riparatore.
Se al mi manchi, invece, sostituisci il te la do senza discutere, puoi ignorare serenamente ogni variabile e limite spazio-tamporale”.
E la Fiorentina ce la darà la vittoria.

giovedì 18 ottobre 2012

Kiss me here

Dopo una settimana di Montolivo e di Cristo bresciano, ben rappresentati dalla scatola e dalla grande rottura di scatole di un digiuno Viola accompagnato dalla fumata bianca per l’elezione del nuovo Papa onorario di Firenze, e dopo il gol di Riccardo che come quelli contro il Novara ci rimarrà nel cuore come una boccata di fumo nei polmoni, giusto il tempo di tossirlo fuori insieme agli occhi, e sarà subito campionato. Che è goduria specie se è a Chievo che in barese sarebbe ancora più goduria, che è fatta di futuro Viola montato a panna e non più di ex dietro al solito vetro opaco del passato. Ma futuro. Mentre Jovetic è già passato, venduto, argomento usato come riempitivo, come zeppa sotto il tavolino traballante di due settimane lontano dal campionato, si riaffaccia il dottor Manetti che dal campo usa finalmente parole che profumano di olio di canfora e ospedale da campo, felicemente vuoto, bollettino medico che ha i sentori della partita imminente. “Stanno tutti bene”. Da Tornatore alla Fiorentina che torna a riempire la domenica con il dolce, che torna speriamo a vincere in trasferta, che tornano tutti dalle nazionali, che torna El Ham a una forma accettabile e che torna forse anche Aquilan. Un giocatore che non sarebbe una idea balzana per un centrocampo a sbalzo su un campionato mediocre, se non fosse di balza. Vorrei usare l’immagine del sigaro anche come simbolico calumet della pace, con più sfumature cubane fatte di rum e di “mulatta sinuosa che non cammina ma balla, che non parla ma canta”, un sigaro da fumare insieme a chi oggi gli esce il fumo dagli occhi per la mia insensibilità, da fumare insieme a chi se ne è andato ma che ha contribuito a far crescere questo blog, e insieme a chi verrà, mentre con tutto questo fumare buone intenzioni non si vede più niente come quando fuori c’è fog. E’ una vita da sbandati quella senza la Fiorentina, di sbandate dentro a centri commerciali, di domeniche abbandonate dalle Dee bendate, con le emozioni al palo e senza pali interni e traverse favorevoli, senza Montella che sembra finto come il ricamo di una manovra inaspettata fino alla nascita di questa nuova Fiorentina. La Nazionale ci ha sfinito, un ecomostro, una colata di cemento sulla nostra passione esclusiva, abbiamo la sindrome della betoniera, quando ci manca la Viola mettiamo la testa sotto la sabbia come lo struzzo, perché non vogliamo il calcestruzzo, vogliamo solo la Fiorentina, vogliamo vincere a Chievo, sognare, e non vogliamo essere traditi proprio adesso che dobbiamo spiccare il volo, voglia di Fiorentina a quattro mani in questo giardino del Getsemani,  e ho paura di chi mi si fa incontro mentre a Chievo si sta per scrivere una nuova pagina, si avvicina, si chiama Giuda, però Giuda, A, femminile, ma ho sempre paura che mi tradisca lo stesso prima di entrare al Bentegodi, ho paura del bacio, ma solo fino a quando non mi indica che non sarà la guancia. Allora capisco che sarà vittoria. Paradiso.

mercoledì 17 ottobre 2012

Sono un po' figlio di puttana

Passa un tizio e lascia un comunicato di servizio. Sembra un tipo alla mano e forse per questo lo incastra sotto la Porta San Frediano. E non come avrebbe potuto sulla Porta del Paradiso solo se fosse stato più altezzoso, porta e non torta, che è quella principale del Battistero. C’è scritto che sono successe cose. Profumo e spine come fossero rose. Il profumo è quello popolare dei vicoli, del cibo di strada, della trippa, di una piazza dove il dissacrare non è mai materia troppa, dove la natura stessa dissacra chi dissacra togliendoli la naturale copertura e lasciandolo in piazza, ma è la giusta andatura per frequentare questo modo di essere che è un mondo di esseri diversi. E’ burro e acciughe. E’ pecorino e pomodori secchi. Vuol dire essere fiorentinacci, o meglio, vuol dire essere fiorentinacci come me. E questo è uno spazio che mi rappresenta. E’ eccessivo? Forse. Delle volte lo sono, ma non ho contratti con nessuno o numeri da rispettare, e quindi cerco di non mettere filtri, scrivo quello che sono e lascio scrivere quello che siete Le spine sono il voler pensare che questo mio modo di essere sia mancanza di sensibilità verso qualcuno. Non è così. Piango molto di più di un salice, che tra l’altro è albero che rappresenterebbe meglio Mazzarri, ma che lui snobba a favore di una barca a tre alberi, piango persino quando capisco il grande sforzo del sottocosto della Conad studiato per venirci incontro, allora crollo, piango come una vite tagliata per l’acquavite scontata, per quella bontà da libro Cuore e per l’olio Cuore praticamente regalato, apprezzo la generosità eccessiva verso il consumatore e piango con sprezzo, e per un prezzo fatto a pezzi mi sdilinquisco, mi commuove persino l’aragosta quando soffre di un acqua troppo termale dentro la pentola, e quella sua sofferenza mi si attacca addosso come uno sbadiglio. Le spine sono anche vedere qualcuno che se ne va dalla piazza perché qualcun’altro alza la voce, oppure sputa in terra, oppure fa il tifo contro, ma non è la mia piazza quella con le zone di prefiltraggio e la tessera del tifoso, è aperta e qualche volta spigolosa, divertente, sporca, dove qualcuno spaccia la focaccia e qualcuno si spaccia per quello che non è. Mi dispiace quando qualcuno se ne va ma penso che se è così aperta qualcuno potrà arrivare e saperla riempire, colorare con i propri sapori, o sporcare, e io non metto limiti alla provvidenza o alla sfortuna. E poi ci sono dei momenti nei quali la piazza è più bella quando è vuota. Mi dispiace se qualcuno occupa il suo tempo a fare la voce fuori campo, doppiando cioè il significato di quello che vuole essere questo spazio, che non ha bisogno di essere spiegato ma solo vissuto dando un contributo. Sono moralmente scalpellato a mano come la pietra serena, sconnesso, non rappresento nessuna Onlus, nessun esempio di buongusto da seguire, ma ho l’anima buona. Ci sono dei sapori qua dentro, c’è brodo di cottura e brodi, c’è posto per tutti e per nessuno, e ci si deve saper stare, anche con la giusta voglia di graffiare, con la voglia di centopelli che è sempre meglio di Graffiedi, per non dire di Centopellicanò, e per chi paga l’affitto sarò sempre Silvio Centopellico e gli scriverò “le mie pigioni”. C’è posto per Bolatti e per i bolliti, c’è salsa verde e Salsano che ci ha sempre fatto vedere i sorci verdi. E intanto quel tizio ripassa e lascia un altro comunicato di servizio. Sembra una persona strana e forse per questo lo incastra sotto Porta Romana. Sono successe cose. Poi una lavagna con gessi e cimose. Allora capisco che devo scrivere qualcosa di me. Non ho dubbi, e mentre scrivo “sono un po’ figlio di puttana” passa il Tozzi che era il pizzicagnolo di quando da ragazzo usavo la sua bottega per passare da Via de’ Serragli a Via Romana senza fare il giro e senza comprare niente, conosce la mi’ mamma e s’incazza come s’incazzava quando lo usavo come scorciatoia, e mi dice “non puoi offendere tua madre perché non è presente e non si può difendere, qui non siamo sul tuo blog, siamo a Porta Romana, e se proprio devi scrivere qualcosa scrivi che Montolivo ha fatto un gran gol”. Allora ho pensato a quanto sia ingenuone, e come uno che è ancora così tanto pizzicagnolo dentro non potrebbe resistere alle bassezze del blog, mi ha fatto tanta tenerezza, perché non sa che mia madre rischia di più proprio quando è presente, allora si che non si può difendere dalla mia furia, dalla mia tossicodipendenza, di quando gli rubo la pensione per andare a comprare la mia dose giornaliera di panino col lampredotto.

martedì 16 ottobre 2012

Un dito di untori

Sono stati anni di tic, di titicche titocche, dove si è premuto sempre sullo stesso tasto. Quello del ciclo di Prandelli, della sua irripetibile bontà che avrebbe ammazzato qualsiasi futuro, e il meccanismo vizioso consisteva nel riattivare sempre il solito tasto. Un sapore forte di cloro e poi di Clero nella sua parte di fedeli alla direzione di una religione finita poi in sclerosi. Tra scenari apocalittici, calendari Maya rivisitati in chiave vuturista, pontellizzazioni, smobilitazioni, consessi di Mamme Ebe, di efebi senza i sessi ma con l’organo riproduttivo in testa come un palco di corna, come fosse un marchio, come quello sul cofano della Merdeges, come un comizio sul palco dove tutti gli altri erano caio, sempronio e soprattiutto tizio, dove si raccontava un futuro scorfano fatto di branchi e Branchini illuminati dalla lampara, e di separati in casa sparati dalla lupara, e rosate di rosiconi. E dopo le Coop e le Unicoop Firenze era diventa la città del loop, del corto circuito della passione, del tifo contro, dell’autoscontro del cugino di Vargas, dell’autotreno che ha portato i tifosi fuori dal seminato e i giocatori fuori dalla professionalità, e del treno che ci portava Kharja fuori dalle palle, e di Montolivo che ha traccheggiato così tanto, che per rallentare il più possibile la risposta alla proposta di rinnovo, la Branchini band gli ha messo un dosso sulla trachea, quello che poi in molti avrebbero scambiato per il gozzo. Un pozzo, sembrava un pozzo senza fine, mentre ci ricordavano che Pozzo aveva trovato il punto G del calcio, un pozzo riempito di recriminazioni, di rimpianti dall’accento bresciano, di tutti contro tutti tra sganassoni e ciccingomma, nasi finti, pernici, Tutunci, Preziosi, Zamparini, Jovetic già venduto e Della Valle prima da difendere e poi da condannare per Calciopoli, anche peggio di Moggi. E poi l’oggi dove qualcuno ha fermato quel dito che riarmava continuamente il cane dell’autolesionismo di un pomeriggio da cani, e tra questi dolci poggi la gara è diventata quella di mettere la propria impronta digitale su quel dito, per prendersi i meriti, e poi di ciucciarselo come fa Totti, e ognuno la pensi come crede e assegni pure i meriti a chi vuole perché l’importante è che oggi a quel dito gli sia venuta l’artrosi, il circolo vizioso si è interrotto e si è ricominciato a pensare in maniera più sana anche davanti a una sconfitta, Montella & Co sembrano riusciti davvero a far saltare quel meccanismo infernale, hanno fatto saltare il banco dei pegni dove era stata portata la passione. La scelta degli uomini più adatti a quel tipo di gioco ha fatto il miracolo, e se non fosse stato per questa settimana di agonia azzurra, Prandelli oggi sarebbe a sedere ai giardini della nostra memoria, pensionato sulla panchina dei ricordi più cari, cittadino onorario. Siamo riusciti in pochi mesi a ribaltare una situazione che per qualcuno più sfortunato ancora oggi porta i segni della convalescenza psicologica, fatta di risvegli notturni, di flash reduci da guerre vietnamite, Kmher Rossi come Delio e sogni rossi dalla rabbia da non poter sopportare più i Della Valle, Ljajic e le loro camicine finto sudate, e Pol Potter fratello di Henry, unico maghetto in grado di riportarci Prandelli. Siamo passati da anni nei quali la sconfitta ricompattava gli untori del pessimismo mentre la vittoria era roba da partigiani da festeggiare nascosti sulla collina di Fiesole, e domenica a Chievo, dopo la vittoria, ci sarà la cerimonia della distruzione del marchingegno attivato da quel dito di olio, perché siamo passati da un palla che scottava tra i piedi a un magnifico giropalla che ha bloccato quel meccanismo infernale grazie alla cottura a scottadito.

lunedì 15 ottobre 2012

Alla ricerca del motore

La vittoria a Chievo. Da ricercare in tutti i modi. Prima sul motore di ricerca per ricordare come si fa, poi alla ricerca della consacrazione lontano dalla nostra piccola, povera città. E Verona si presta bene, è la dimensione giusta, e se c’avesse da ridire qualcosa con Pellissier, Marchionne direbbe che è una città molto piatta dove l’unica cosa che lievita è il pandoro. Il motore di ricerca della crescita, della conferma delle ambizioni, la definisce essenziale, irrinunciabile, doverosa, una tappa indispensabile per dare sostanza al gran lavoro che è stato compiuto fino al gol di Jovetic contro il Bologna. La vittoria a Chievo deve essere il secondo chicco da sgranare nel rosario delle vittorie consecutive, per trasformare la prossima domenica in messa a norma dell’impianto dei sogni e delle ambizioni, un omelia nella quale si racconta la parabola vincente di una palla che finisce in rete, del miracolo di gol che non siano solo quelli di JoJo, della moltiplicazione dei gol non più contati. Vogliamo riempire il vuoto nella casella del due in trasferta che manca alla squadra di Montella, e dal quale non si può prescindere se si vuole disputare davvero un campionato importante, e vogliamo riempire anche il vuoto di una domenica povera, vuota, a cavallo delle due partite con la nazionale che non compensano la mancanza del Viola. La vittoria a Chievo ci spetta anche per riprenderci il gusto della classifica importante, per cancellare gli anni delle poche soddisfazioni e dell’attaccamento alla maglia, per mettere una parolina buona su un campionato che sembra averne tanto bisogno, ma anche per rispondere a chi se ne è andato dichiarando di non credere al progetto. Adesso ci vuole il motore, come per un sorpasso, e passare dalle belle parole ai fatti, e il motore di ricerca del campionato è proprio alla ricerca della squadra giusta per aggiungere al suo nome la definizione di squadra rivelazione, stanno tutti rientrando, dalle Nazionali, dagli infortuni, da anni sottotono, ci sono tutte le componenti giuste, c’è qualità ma anche motivazioni, spirito di gruppo e attaccamento alla maglia, e quanto sembrano lontane le ultime Fiorentine, lontano da certi comportamenti, atteggiamenti, degrado della professionalità, sembra proprio tutto un altro mondo al quale adesso manca però il fiocco rosa della vittoria in trasferta, e subito dopo quello per la mini serie, la terza, tre gemelli che mettano scompiglio nella classifica e tra i sogni dei tifosi, d’altra parte è tutto possibile, è lì a portata di mano, basta solo afferrarlo, e noi ci crediamo. E se digitiamo la parola sogno associata a Firenze, il motore di ricerca fa un eccezione e apre l’immagine di un sogno che danza su una piccola, povera città.

domenica 14 ottobre 2012

Ma non vi porto rancore

Vi scrivo dalla mia cella umida. Cari pezzi di merda. Mi scuso per il linguaggio colorito già abbondantemente carcerario. Vi scrivo in risposta al comunicato del portavoce del governo provvisorio qui sotto riproposto:
“Sitollockiani, Sitollockiane, questo è un comunicato della giunta militare che ha preso, in piena emergenza, nelle sue mani i destini del sito. Chi scrive è un portavoce del governo provvisorio, presieduto dal Generalissimo Sopravvissuto. Tutte le cariche sono state azzerate, tutti i luoghi istituzionali sono presidiati dalla guardia civile, le funzioni della vita pubblica assicurate nella continuità: gli abitanti del sito non temano violenze, permangano nelle loro attività pacifiche e ordinarie. Cosa sia successo ben lo sapete: il sito si è ribellato spontaneamente a un regime, quello del Signor (o piuttosto Mr., come giustamente e sprezzantemente lo chiama Schreber, Presidente di uno stato limitrofo dove i terrazzani portano lunghi camici bianchi e vivono in case dalle pareti di gommapiuma) Pollock, che da giorni faceva ormai scarseggiare ciò di cui solo si pascono i sitollockiani, con effetti evidenti sull'ordine pubblico e sul sistema nervoso degli un tempo felici abitanti del sito. Sì, stiamo ovviamente parlando della fica, di questo bisogno primario dell'uomo, ma anche di certe donne. Come si è arrivati a tutto ciò? L'irruzione dei cittadini sdegnati e armati nel palazzo presidenziale ha svelato l'atroce verità: al popolo affamato è apparso, in un volgare pigiamino rosso a pallini verdi, un uomo e meglio direi una larva, con occhiaie scolpite negli abissi, ingobbito dalla deboscia, un sorriso inebetito sul fior delle labbra, un uomo circondato da un centinaio circa di tope mostruose, spaventatissime davanti alla massa inferocita coi forconi eppure in breve già disposte a cambiar manico, in breve fattesi più fiduciose, in breve convinte alla causa rivoluzionaria, in breve... sì, ci siamo capiti! Tope, sì, tope a sfare, tope negli armadi, tope nei bagni, tope negli sgabuzzini, tope sopra e sotto i letti, tope scendiletti... Un uomo senza scrupoli, un ambizioso, un avventuriero, che aveva plagiato e ingannato (ma, come diceva Lincoln, si può ingannare tutti una volta, uno tutte le volte, non tutti tutte le volte!) un popolo di gente onesta e laboriosa, credente solo nel premio peloso finale, un uomo siffatto aveva, per quasi un anno di suo efferato regime, accumulato i sudati risparmi topeschi dei suoi soggetti, sempre mostrando il volto affabile, sempre predicando pace e fica per tutti. A lui tutte le tope, nulla ai sitollockiani! Ecco cosa celavano gli imbonimenti mattutini, cui la Fiorentina (oppio dei sitollockiani, come già Marx denunciava) era solo pretesto per un facile, superficiale consenso! E gli accordi coi paesi stranieri, coi paesi contro i quali i sitollockiani sono da sempre in guerra dichiarata! Gli scambi di tope, di cui abbiamo trovato le prove forzando i cassetti della scrivania presidenziale! Transazioni private col senese, col baseballista, per partouze nelle ambasciate o dentro le Mercedes fumé d'ordinanza! Un mostro! Un affamatore! Che si lasciava andare, nelle conversazioni telefoniche intercettate col Multinick, a espressioni come «Quel cazzone di Vitalogy, se sapesse che gnocche mi sto sbattendo mentre lui sproloquia di 3-5-2», oppure «Parli, parli di Montolivo, che ha fatto ma bene ad andarsene [= capite, Montolivo ha fatto bene, e poi ci parla di asticelle, nei suoi topic!], parli pure Antognoniforever, che le tope che mi faccio io con gli introiti pubblicitari che mi procura con le sue analisi delle partite della Nazionale, lui le vede col binocolo!». Mio Dio, che orrore! L'orgia del potere! Con un popolo che andava avanti a seghe e che credeva che fossero sacrifici necessari, in un momento di crisi! Adesso, questo spregevole individuo, al quale abbiamo avuto il torto di affidare in le nostre emozioni, marcisce in una cella umida, in isolamento, in attesa di processo. Ha chiesto poco fa al suo carceriere, credendo di fare il simpatico, di ingraziarselo: «Com'è finita, poi, quella storia del Chiari? E Jordan, se fa sempre col Mala?». Troppo tardi, quando già soccombeva sotto le manganellate, si avvide che l'uomo in divisa, che era uscito dalla luce del corridoio nel buio interno, era Jordan, cupo come il cielo sopra il mare in tempesta.”

So già che il Chiarificatore farà di tutto per farmi avere almeno un permesso di un’ora, certo, non perché mi è rimasto fedele, unico in mezzo a questa manica di stronzi che m’hanno messo qua dentro ad ammuffire, ma lo farà solo per arrivare in Piazza del Tiratoio a farsi pagare quel cazzo di panino col lampredotto che gli avevo promesso. Mi avete tradito mentre io vi ho sempre governato come Diego fa con i suoi operai, ho sempre diviso gli utili con voi. Ma non vi porto rancore. Siete come Marchionne, mi avete relegato in questa piccola, povera cella per via della forza motrice di quel “pelo” volgare che vi hanno sventolato sotto il nasone, quella maitresse di un Generale Sopravvissuto vi ha promesso Legioni di ancelle vogliose e già divaricate come cosce di rane, e invece dei miei ricercati formaggi di pecora, stuoli di lenzuoli abitati da una popolazione a pecorina, siete stati presi per la gola dal miele del diavolo, mentre io ingenuo vi proponevo presidi di prodotti biologici. Erano confetti ai maiali i miei, mentre voi pensavate solo alle maiale, e non è vero, come scritto nel comunicato da quel gran falsone di un portavoce, che vi avrei affamato facendo scarseggiare i rifornimenti, ho dovuto difendere anche la vostra reputazione già abbondantemente di merda di suo, da un delfino che aveva messo il numerino come alla Coop per controllare la fila davanti alla porta di questo casino, vi ho difeso le spalle e anche le palle da un Marco Siena che si era accorto di questo bassofondo di un baccanale segnalandolo subito alla Buoncostume, come a suo tempo aveva fatto con la spiata sulla pontellizzazione, abbiamo l’uccello sotto controllo cari cazzoni, come a Palazzo Grazioli, e voi vi siete fatti inculare (escluso Jordan) dal quel gran paragnosta di un Generale affiancato da quell’altro paraculo di un portavoce. Ma non vi porto rancore. Anche se quei due stronzoni hanno montato intercettazioni farlocche, come aveva fatto Palazzi per Calciopoli, poveri gobbi di merda, e poi mi sono dovuto violentare pur di alimentare questo vostro schifoso mercato del corpo femminile, violentato sì, perché sono un omosensuale, ho sempre avuto un debole solo per Antoine Rouge e non l’ho mai potuto esprimere, adesso lo grido, anzi grido ad Antoine di tirarmi fuori da questa latrina, e ora che ho fatto outing potremo scappare via da questa manica di pervertiti. Ma non vi porto rancore. Ho sofferto tanto quando ironizzavate sui metrosexual, merdaioli che non siete altro. Ma non vi porto rancore.  Perché siete condannati a una vita nella quale il cervello sarà sempre e solo collegato a una logica idraulica destinata prima o poi a non funzionare più, e quel giorno non vi resterà che pigliarlo nelle mele da chi è ancora idraulico funzionante. Ma non vi porto rancore. Perché la mia anima da grande governatore, baciata da una visione illuminata va oltre a questo meritricio di popolo meschino, anzi, va oltre a  questa prigionia che non mi scalfisce, e prima ancora che Antoine Rouge venga a prendermi con il sidecar vi dimostro la mia infinita grandezza, generosità e mancanza assoluta di astio regalandovi la vostra droga preferita, l’ultima arrivata che vi mostro nella foto di copertina, un mio regalo d’addio per un popolo ingrato che proprio per quella fiha mi ha venduto. Mentre mesto e omosensuale immalinconito dalla solitudine, nella seconda foto vi mostro la triste realtà della parte più buia, umida e mal frequentata della mia cella, tra quei sorci dove mi rifnisco dalle seghe aspettando Antoine Rouge.