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venerdì 31 gennaio 2014

L'antidoto Ambrosini e il quasi gay Anderson

Oggi vorrei rispondere senza tanto giropalla a chi trova inadeguato l’inserimento di Ambrosini all’interno di un meccanismo che produce il calcio più bello d’Italia. E lo faccio argomentando, perché questo atteggiamento non tiene conto del fatto che Ambrosini, al contrario di quanto si crede, è molto funzionale proprio per risolvere le problematiche tipiche derivate dalla troppa bellezza espressa dalla squadra. Trovo quindi questo tipo di critica verso Montella, un approccio un po’ superficiale, un po’ come quello di chi aveva previsto il suicidio del blog, e chi lo fa non tiene conto abbastanza del fatto che a Firenze, da sempre, si è dovuto convivere con i derivati della bellezza, e i disagi che questa provoca a volte negli animi più sensibili. C’è stato un periodo che il Bambi ha fatto il custode agli Uffizi, tra un soggiorno a San Patrignano e l’altro, e mi ricordo che mi raccontava come tutte le mattine venisse istruito e messo in grado di compiere interventi di primo soccorso. Succedeva che alla fine di una serie di sale, quando il percorso del turista ignaro combinava la visione in rapida successione di quadri del Botticelli, Giotto, Leonardo e Mantegna, alla fine, stordito da tanta bellezza, gli veniva la Sindrome di Stendhal e crollava al suolo. A quel punto interveniva il Bambi, che per far riprendere il turista mostrava una foto di Ribéry. Ecco, Montella ha adottato lo stesso tipo di metodo, ed oggi inserisce Massimo Ambrosini per scuotere dal torpore causato ai tifosi Viola dalla troppa bellezza del gioco della squadra. Devo dire che Montella dosa perfettamente la bellezza della manovra, e con l’utilizzo di Ambrosini tiene in costante equilibrio il picco di bellezza per non farlo degenerare in una qualche sindrome che poi il Calvarese della situazione interpreta erroneamente come una Simulazione di Stendhal. Devo confessare che io,  a differenza di Montella, in un periodo un po’ buio della mia esistenza ho utilizzato la mia sfrontata bellezza fisica in maniera disonesta. Ricordo che lei era, invece, di una bellezza ormai sfiorita, ciò nonostante aveva qualcosa che mi attraeva in maniera irresistibile. E così cominciai a fargli la corte “Signorina ha degli occhi stupendi”, l’abbordai così, in modo forse banale, sull’11 che mi portava in centro. Lei ricordo che mi sorrise, arrossì e abbassò lo sguardo. Forse era timida, pensai, forse faceva mente locale sui suoi occhi che non erano poi così belli come io invece sostenevo con enfasi. “Davvero”, insistetti, “lei ha uno sguardo che mi lascia senza fiato, non so cosa mi succede, è qualcosa che non mi era mai successo”. “Ma che dice? Non crede di esagerare?”. Ma si vedeva chiaramente che era contenta, perché chissà da quanto tempo un uomo non le faceva più un complimento. L’autobus proseguiva mentre io intervallavo alle buche che caratterizzano il fondo stradale del centro storico, i miei piccoli affondi con le sue ritrosie, dolcissime e ormai quasi prive di resistenze, mentre i sobbalzi dell’11 facilitavano l’avvicinarsi dei nostri corpi che si toccavano e sfioravano di continuo. Sembravamo vecchi amici, o forse due fidanzati. Credo che se avessi voluto, probabilmente mi avrebbe dato subito il suo numero di telefono. Ma ormai non c’era più tempo, eravamo già alla mia fermata. Scesi, dopo averle stretto la mano sorridendole, e notai mentre l’autobus ripartiva, che lei si era girata per guardarmi andare via. Ci tenni a gridargli, “Sono come Anderson, non sono gay”. Sicuramente non ci saremmo più rivisti. O almeno questo lo speravo io, mentre dietro l’angolo mi ero già messo a frugare nel portafogli che le avevo sfilato dalla borsetta. Poi mi rabbuiai quasi subito e mi chiesi forse già pentito, perché mai una persona normale dovrebbe leggere quello che scrivo su questo blog, e la risposta la trovai scritta su un muro di via dell’Ariento.

giovedì 30 gennaio 2014

Biografia di una passione, ecografia di un ginocchio

Pepito è salvo, il suo ginocchio ha retto l’urto della sfortuna, una cugina malvagia della fortuna che ama travestirsi da Rinaudo. E per fortuna, il collaterale in quanto tale è per forza collaterale a tutto il resto, un po’ come il giudice a latere o il fallo laterale. L’importante è che il ginocchio sia stabile come è sempre stata la mia passione per chi indossa i pantaloncini corti e soprattutto per la Fiorentina. Per festeggiare questa consolidata stabilità metto in scena qualche episodio tratto dalla passione di una vita. La magia di vivere una passione come quella per la Fiorentina la ritrovo solo grazie al mio nuovo tappeto volante che ho comprato da Tutunci, un imprenditore che non sarà riuscito a diventare l’azionista di maggioranza della Fiorentina, ma che oggi mi permette di spazzare il pavimento del salotto senza alzare il tappeto. La Fiorentina, un emozione che ha accompagnato sempre la mia vita, alcune volte mi ha creato qualche problema come quando sono stato beccato, il giorno della Comunione di Tommaso, a vedere di nascosto un Fiorentina Parma mentre di là c’erano tutti gli invitati. Certe sensazioni così forti le ho provate solo verso i sedici anni quando cambiai la mia Vespa Special 4 marce con un Benelli 125 bicilindrico, molto più veloce e scattante. Ero finalmente riuscito a cadere anche con un chilometro di anticipo. Strada ne ho fatta tanta per seguire la Fiorentina in trasferta, ho speso tempo e soldi, ma mai come quando mi muovevo facendo l’autostop. Una volta fermai una macchina dal marciapiede del Lungarno Soderini e chiesi se potevo avere un passaggio fino a Reggio Calabria. Il viaggio andò benissimo e quel signore fu molto gentile. Ma una volta arrivato, al momento dei saluti, promisi a me stesso che avrei evitato accuratamente di fare l’autostop ad un taxi. Quando sono cresciuto e ho cominciato a guadagnare, e la Fiorentina a giocare in Europa, ho deciso che quando viaggio in aereo, preferisco sempre andare in business class piuttosto che in economy,  perché se c’è una cosa sulla quale è meglio non risparmiare questa è la sicurezza. La capacità di sopportare il dolore procurato dalle sconfitte della Fiorentina l’ho ereditato invece dalla mia bisnonna che ebbe diciotto figli. Alla fine si era talmente abituata a sopportare i dolori del parto che l’ultimo lo fece nel sonno. Grazie alla possibilità che mi ha dato la Fiorentina di girare l’Europa, da ogni paese ho imparato qualcosa, in Norvegia sono rimasto piacevolmente colpito dalla pulizia e dalla civiltà di quel popolo. Se butti una cartaccia per terra e ti vede una guardia, scatta subito la multa. Questo, ovviamente, accade anche se ti azzardi a gettare un mozzicone di sigaretta, una lattina o un chewing gum.  E così ho sempre dovuto aspettare che venisse notte fonda per scaricare tutto dalla finestra dell’albergo, del resto noi di San Frediano riusciamo a smaltire delusioni e non, utilizzando la bellezza di certi nostri affacci. Negli anni ho imparato ad amare anche i giocatori di scarso valore tecnico, quando cioè la proprietà non aveva le possibilità economiche per arrivare a quelli che oggi vengono definiti dei top player. In San Frediano conosciamo bene la miseria e sappiamo adattarci anche ai vari Gola, Zuccheri e Bertarelli, anche quando certe mode hanno preso campo come quella di fare almeno un corso di sommelier per poter essere considerati persone interessanti. Noi di San Frediano abbiamo ovviato al fatto che certi corsi sono carissimi perché durante le lezioni vengono degustati vini di un certo livello, e così ne abbiamo ideati di molto economici. Certo, non è la stessa cosa, visto che viene insegnato a riconoscere i vari tipi di vino non assaggiandoli ma solo leggendo le etichette. Chiudo questa carrellata di bei ricordi legati alla Fiorentina sottolinenado come un calciatore anche brutto, abbia sempre più successo con le donne di una persona ricca come era un mio zio non calciatore. Ricordo che andavo agli allenamenti e c’era Antognoni, ma anche lo stesso Guerini o Casarsa, tutti avevano macchine sportive e facevano sanguinare i cuori di generazioni di giovani donne. Il mio zio Alvaro invece, che era un ricco proprietario terriero, per cercare di fare conquiste andava sempre a ballare a bordo di un Lamborghini rosso fiammante. Arrivava su quel mostro rombante come facevano e fanno tutt’oggi i vari giocatori della massima serie, faceva il ganzo facendo manovra avanti e indietro sul piazzale, poi lo parcheggiava in bella vista proprio davanti al locale. Ma nessuna donna accettò mai di salire al suo fianco per farsi un giro. Peccato, perché quello è sempre stato il mio trattore preferito.

mercoledì 29 gennaio 2014

Il Massimo possesso palla

Ok va bene, la diga foranea non è sufficiente a contenere la corrente di pensiero che passa dal golfo e che porta i banchi di acciughe insieme alla teoria che Ambrosini ingolfi il gioco di falli a scapito del possesso palla. Montella con la complicità del suo biondo centrocampista sversa in mare gli idrocarburi che inquinano il suo credo calcistico, e menomale che la profondità che ci regala Matri, ci permette di diluirne un po’ le conseguenze. Proprio perché Matri va servito in profondità visto che c’è, anche se è legittimo sostenere di prediligere un maggior possesso palla ignorandolo. Il nostro gioco sarà così immutabile nel tempo, immutabile a prescindere dagli interpreti, e quando rientrerà Gomez ignoreremo anche lui come lui ha ignorato noi in tutti questi mesi. Si, palleggeremo felici a perdifiato, e ci scambieremo il pallone come il segno della pace, non ci misureremo la febbre, mai più, solo il possesso palla, che sarà calcolato anche sulle fatture al posto dell’Iva portandolo dal 22 al 68%. Dal benzinaio le gomme saranno gonfiate con i tabellini della Gazzetta alla mano. Alle nostre donne non regaleremo più anelli o profumi. Solo cronometri. L’arbitro Tommasi e la categoria tutta sfrutterà il calo di possesso palla per nascondere le proprie malefatte davanti ad una critica molto più sensibile a questo calo invece di pensare a quello delle nascite. Gli errori verranno mascherati tra le pieghe di una pignoleria tipica svizzera, che non guarderà più alle moviole, ma al cronometro, che con la scusa di regararlo alle nostre donne, l’useremo solo noi. Se la Fiorentina mantiene un possesso palla superiore al 70% e così tiene più facilmente la palla lontano dall’area di rigore l’arbitro sarà facilitato perché non farà nessuna fatica a non fischiarci un rigore a favore. Se invece il possesso palla sarà inferiore al 60% l’arbitro potrà tranquillamente fischiarci un rigore inventato contro, perché tanto sa che la tifoseria sarà più interessata ad analizzare i dati del possesso palla in calo, e così le malefatte risulteranno marginali di fronte al dramma della fuga di cervelli all’estero in grado di fare possesso palla. Da un’intercettazione telefonica sbobinata dalla Bice si sente nitidamente Galliani parlare con Berlusconi e indicare in Ambrosini l’unico modo per abbassare il possesso palla della Fiorentina, e così avere qualche flebile speranza in più per agganciare un posto in Champion. So che voi avete una certa preferenza per i brevilinei come Pizarro perché i più capaci nel fare quelle veroniche che sono il primo segreto del possesso palla, io al contrario sono più portato per la mia Veronica che ha delle belle leve lunghe e quando è sul divano mi fa un gran bel possesso delle palle. Ma a parte certe preferenze personali, avrei anche qualche idea per far impennare il possesso palla senza che questo passi per forza dalla dura critica a Montella per l’utilizzo del guastatore con il quale il perfido Galliani ci ha infettato il possesso palla. Bisogna far fuori il biondo abbattitore di percentuali in modo che Vincenzino sia giocoforza costretto a ritornare alla ragione. Per farlo avrei pensato a mia cugina Sonia che è veramente negata per la guida, nella parte teorica se l’è sempre cavata molto bene ed è sempre stata promossa. E’ nella pratica che invece è stata puntualmente bocciata perché in macchina è stata sempre un vero disastro. E qua vengo al mio piano criminoso che ho studiato prendendo spunto da un esperienza vissuta proprio dalla Sonia durante un esame di guida. So per certo che Massimo è molto religioso e per questo motivo frequenta la chiesa vicino a casa, ci va il sabato prima di andare in ritiro con la squadra, ho individuato un autoscuola che effettua gli esami di guida proprio di sabato in quella zona. L’ultimo tentativo della Sonia di prendere la patente è sfociato nell’investimento di due suore, che poi non erano nemmeno per strada, ma stavano tranquillamente pregando in chiesa. Così facendo avremo fatto fuori chi ci infesta il centrocampo, e così potremo tornare ad avere possessi palla bulgari, ho solo qualche piccolo timore che questa volta nasce da una mia esperienza personale, che alla fine mi ha insegnato che certi rimedi sono peggio di certi mali, e mi riferisco alla casa di via de’ Serragli che per un certo periodo è stata infestata dai topi, tanto che decisi di prendere due gatti, un maschio e una femmina, per scacciarli. Il risultato è stato perfetto. Ora, però ho la casa infestata di gatti.


martedì 28 gennaio 2014

La diga foranea

Mi sono salvato dalle vostre argomentazioni solo perché ieri ero al porto di La Spezia, e così quando ho capito l’antifona mi sono riparato dietro alla diga foranea che vi ho pure fotografato. Un caso fortuito che un po’ mi ha ripagato dalla tragedia Tommasi. Grazie allo sbarramento ho smorzato la corrente di certe vostre analisi tecniche, no, non mi avete convinto per niente, diga o non diga per me le analisi tecniche del pareggio con il Genoa sono tutte viziate dall’incredibile serie illimitata di errori dell’arbitro prototipo che hanno determinato il pareggio e di conseguenza le vostre analisi critiche su un pareggio viziato solo dall’incapacità dello sperimentale in giallo. Con un arbitro omologato invece di un pezzo di merda unico, avremmo commentato la maturità di una squadra in crescita, una grande prestazione di un gruppo capace di sopperire ad assenze molto pesanti. L’incontro di Milano tra arbitri, allenatori e capitani mi ha convinto ancora meno, insomma, un po’ come in quella barzelletta dove si vuole spostare l’attenzione dalle polemiche del calcio per pensare a qualcosa di più piacevole come una diga foranea. Tra tifosi: “ Eh si la Fiorentina, il Milan, il Napoli, l’inter...ma che palle!!! Basta con tutte queste polemiche. Ma parlare un po di fica no eh? Si, di quella bella fica dell’arbitro!!” La Fiorentina sta facendo qualcosa di grande, c’è una stagione da difendere, siamo in corsa su tutto, è sempre bene ricordarlo, come è doveroso precisare che nessuno vuole confezionare un alibi alla squadra. Io starò sempre dietro la diga foranea che proteggerà la squadra non tanto dal moto ondoso, ma dal vostro modo ondivago di commentare, che muta cioè a seconda del risultato. Perché metto davanti a tutto l’operato dell’arbitro? Perché vengo da un quartiere difficile, un quartiere malfamato che ci ha insegnato a coesistere con quanto è successo domenica sera. Furti, rapine e scippi sono all’ordine del giorno. Tanto che come deterrente ho messo un bel cartello fuori dal portone con scritto in tono minaccioso: “Attenzione il proprietario di questa casa è armato e pronto a sparare”. Domenica sera mi hanno rubato il cartello. E pure il portone. E così adesso le vostre critiche mi fanno corrente in cucina, visto che ho dovuto aprire la finestra che da sul giardino Torrigiani, dopo che l’arbitro mi ha fatto bruciare il soffritto. Lo sapete quanto mi avete convinto con le vostre analisi tecniche? Quanto il suonatore ambulante che sta all’angolo tra via Sant’Agostino e piazza Santo Spirito, un uomo macilento e triste. Suona il violino e ogni tanto un passante gli mette una monetina nel cappello, che ho guardato bene essere stranamente un gran bel Borsalino. Allora mi sono insospettito. L’ho osservato dall’altra parte della strada facendo finta di fumare una sigaretta spenta, e per rendermi più credibile ho fatto il fumo sfruttando la condensa del fiato con il freddo dell’aria. Per fortuna questi sono i giorni della merla, perché per Ferragosto non avrei potuto fumare per finta. Magari avrei potuto fischiettare per far finta di niente. Insomma, ho notato che quando il macilento aveva fatto abbastanza monete, andava al parchimetro a pagare qualche altra ora per la sua Porsche. Poi tornava a suonare. Si, ho usato momenti di vita quotidiana per cercare di raccontare meglio quello che ho provato a leggervi, e così finisco, con un altro episodio che mi ha insegnato a non telefonarvi mai, per nessuna ragione al mondo. Anche se ci rimandano quel sudicio di Tommasi. L’altra sera sono capitato in un ristorante sporchissimo in via dell’Ardiglione, le tovaglie erano luride come Braschi, il cameriere aveva le unghie bordate di nero come Nicchi, e i cibi avevano un aspetto disgustoso come una moviola di Paparesta. La mattina dopo ho telefonato alla Asl per denunciare il fatto. Mi avete risposto voi dicendo che lo conoscete benissimo, che avete fatto già alcune verifiche, ma che vi rifiutate di tornarci perché l’ultima volta vi siete presi l’epatite.


lunedì 27 gennaio 2014

L'arbitro prototipo

Come ha detto Montella la squadra non è stata troppo lucida ma è piaciuta per l’atteggiamento, per la voglia di ribaltare la partita, e alla fine se si guarda bene, e non come chi avrebbe bisogno degli occhiali per guardare bene, ha preso un gol su un rigore confezionato in un capannone a Prato, uno su un rimpallo scaturito a Rapallo e l’ultimo su un calcio d’angolo ottuso. Ne avrebbe fatti quattro se a Firenze non fosse stato inviato il primo prototipo di terna arbitrale, che secondo la Lega, matta da legare, dovrebbe riuscire a commettere errori su commissione eludendo le riprese televisive, e quindi risultando la migliore in campo. L’arbitro prototipo non è inadatto alle partite di cartello come lo è invece Calvarese, è solo un prototipo che quando verrà messo a punto dovrà riuscire a fregare le telecamere, c’è ancora da lavorarci perché si è visto benissimo la contraffazione nel gesto di Antonelli poi trasformata in rigore, mentre sul gol del Genoa in fuorigioco e sul gol di Aquilani annullato, ma buono, l’arbitro prototipo ha quasi funzionato bene. Aggiustamenti, migliorie, e poi sarà pronto senza che s’inneschino polemiche che non fanno bene al calcio. A quel punto anche se il Genoa avrà fatto un solo gol regolare e noi quattro, una partita finita tre a tre non desterà nessuna indignazione, non ci accorgeremo di niente e usciremo dallo stadio consapevoli che è proprio questo il bello del calcio, perché alla fine la palla sarà rotonda, le partite inizieranno tutte da zero a zero, e certe volte sarà meglio giocare in 10 che in 11. Si può dire partita falsata? Ci si può chiedere come mai dopo Calvarese, Braschi ci spedisce l’arbitro prototipo? Oggi in un altro campo abbiamo avuto modo di assistere alle nefandezze dell’arrogante Tagliavento, ma quello è un arbitro scarso che prima o poi capita a tutti, ma chi è in lotta per la Champion avrebbe tutto il diritto di non essere scelto per i crash test aziendali di una categoria che invece impatta sempre di più sul risultato finale. Per rendere più credibile il calcio italiano, a questo punto c’è solo un modo, vanno tolte tutte quelle cazzo di telecamere e messa una persona che disegni le azioni salienti e poi ce le faccia vedere come meglio crede. Un fumetto, una seppia, un carboncino o un bell’olio su tela intitolato “il pareggio nei paraggi di una beffa vicino allo Scheggi” Magari una vignetta di Vauro, o anche una striscia di Milo Manara così ci fa due fiche e ci dice che è stata una partita femmina invece di maschia. Insomma, la gente non deve sapere com’è buono il calcio con le pere. Dovranno nasconderci che non ci sono più le mezze stagioni, insomma non dovranno più lasciarci con quella sensazione sgradevole che sia persino meglio Rino di Dino, che anche la Sara sia una Tommasi migliori, e ci voglio mettere pure Damiano. Si, la squadra non sarà stata lucida, ma viste le assenze dei cinque titolari, con la partita di giovedì sul groppone e con il cortocircuito dell’arbitro prototipo non me la sento proprio di sottolineare gli errori della squadra, anzi, gli dico brava. Sono amareggiato, e dopo i misfatti dell’arbitro prototipo mi rifiuto di analizzare la partita, è un mio diritto, magari qualcuno mi querelerà perché sostiene che non ho difeso l’onorabilità della classe arbitrale, mi difenderò sostenendo che Dino Tommasi non è un arbitro, ma un congegno in fase di messa a punto. Non parlo della partita perché sono indignato perché amo troppo il calcio e mi fa male vederlo sfregiato così. Il comportamento dell’arbitro prototipo mi ha ricordato molto un episodio successo agli Uffizi, che in quel caso non ho dovuto subire inerme, ma sono potuto intervenire prontamente a difesa dell’arte che adoro come il calcio, perché quando entro in una pinacoteca non tollero che si manchi di rispetto a quei luoghi che considero sacri. E come ieri è stato profanato il Franchi dall’arbitro prototipo, l’ultima volta che sono stato agli Uffizi c’era una scolaresca che faceva una gran confusione, proprio come ha fatto ieri l’arbitro prototipo. Avrei voluto gridare “silenzio”, come ieri ho mandato ripetutamente affanculo l’arbitro prototipo, ma gli Uffizi non sono lo stadio e avevo paura di turbare l’intimo raccoglimento di quelle sale. Quindi ho preso un pennarello e l’ho scritto a caratteri cubitali su un dipinto del Botticelli.

domenica 26 gennaio 2014

Il falso nueve e la falsa cottura

In attesa del pasto preferito di stasera che mi auguro possa essere un trionfo di matriciana, sono perplesso circa certe nuove tendenze che arrivano proprio dal mondo della cucina. Si parla di tecniche innovative di cottura, e mi viene da pensare a un falso fornello che fa il pari con il falso nueve. E non è affatto una battuta ne tantomeno una batteria di pentole magiche. No. Ci sono due nuove modalità che mi preoccupano, un po' come lo stiramento di primo grado di Borja Valero, una è una via di mezzo tra il vecchio e il nuovo, la seconda è addirittura oltre, è come se considerassimo Ljajic ancora un giocatore della Fiorentina così da parlarne tutti i giorni. Diciamo pure che la prima modalità di cottura è come Montolivo, nel senso che non è ne carne e ne pesce, e comunque si tratta di cottura indiretta. Consiste nell’utilizzo di una borsa termica chiamata “wonderbag” che è stata progettata per ridurre la quantità di fuoco richiesto durante la cottura di cibo nei paesi in via di sviluppo. Questo metodo è stato importato anche da noi per ridurre i tempi di permanenza del cibo sul fornello, il cibo viene tolto dal fuoco ad una temperatura abbastanza alta e poi trasferito dentro la Wonderbag, che utilizza il principio dell’isolamento termico per continuare la cottura. Fa parte di una nuova filosofia/sensibilità per l’ambiente e il risparmio energetico, visto che gli amanti della “wonderbag stimano un risparmio fino al 30% del costi totali di gas necessario per cucinare. E se nei paesi in via di sviluppo questo può portare a vantaggi sulle riserve naturali e la deforestazione, da noi sembra più un voler giocare senza centravanti, anche se c’è chi sostiene che il cibo cucinato con questo sistema è ottimo come un gol di Ilicic. Il riso, per esempio, può essere cucinato in una pentola di acqua fino a quando l'acqua bolle per  poi metterlo nella Wonderbag un'altra ora, mentre per un piatto di carne il tempo sul piano di cottura è di venti minuti e nella borsa qualche ora. E fin qui se uno ha tempo e non vuole tagliare gli alberi delle Cascine può anche andare bene, per esempio potrei pensare di sfruttare questa tecnica innovativa per fare una minestra di pane e portarla a finire di cuocere in Maratona durante Fiorentina Genoa. Quello che proprio non riesco ancora ad accettare completamente è la cottura in lavastoviglie, la sopporto meno di Marco Rossi, Riccardo Montolivo e Nicola Berti messi insieme. A farla diventare una tecnica di cottura, ormai riconosciuta come valida da chef di fama internazionale e dalla stampa di settore, è stata Lisa Casali, quella che per altri è stato Serse Cosmi nello sdoganamento di Cuadrado attaccante, una nota eco-food blogger che da tempo si occupa di conciliare coscienza ambientale e passione culinaria. Voi vi chiederete che cos’è la cucina in lavastavoglie, come funziona insomma. Si tratta di una cucina a basso impatto ambientale che permette di sfruttare il calore del lavaggio per cuocere gli alimenti. Le temperature variano dai 50° C ai 75°C, è molto simile a quella a vapore, anche qua va detto che non sostituisce la cottura tradizionale ma la completa. E’ chiaro che io preferisca l’altra perché sarebbe un problema grande come una lavastoviglie portare una lavastoviglie in Maratona per finire di cuocere la minestra di pane. E’ chiaro che questa cucina permette di realizzare ricette che richiedono una bassa temperatura preservando le proprietà nutrizionali degli alimenti. Le basse temperature non sono adatte alla cottura di tutti gli alimenti, la migliore resa è riservata alle proteine: carne, pesce, uova, molluschi e crostacei. Per chi non avesse capito bene la procedura, e prima di provare e fare qualche cazzata, per cuocere in lavastoviglie si devono utilizzare vasetti ermetici ben puliti e asciutti o sacchetti per il sottovuoto adatti alla cottura. Se a questo punto avrete deciso di testare queste due nuove tecniche, e visto che io per primo mi sento un innovatore, vi consiglio di farlo con una mia innovazione, il piatto con lo scarico. Questo vi permetterà senza alzarvi e quindi anche senza rompere i coglioni a quelli che vi stanno accanto in Maratona, di aprire il tappo e scaricare il contenuto nel caso di una cottura che non risulti di vostro gradimento.

sabato 25 gennaio 2014

La Vucciria

Oggi parliamo un po’ del blog, soprattutto parliamo degli argomenti con i quali giornalmente apparecchiate la tavola rendendola varia anche se non sempre equilibrata. Le discussioni prendono direzioni a volte imprevedibili, altre invece sono scontate come la merce in saldo. Ci sono picchi di creatività e fantasia accompagnati da sbalzi depressivi degni dello snaturato Delfino, addestrato cioè come se fosse un piccione viaggiatore. Momenti nei quali si annidano sacche di stanca argomentativa, una sorta di risacca di pensiero che lambisce le coste di questa terra di passione. Ognuno arricchisce la tela sulla quale scarabocchio certe mie idee strampalate, con un apporto cromatico che solitamente regala un risultato d’insieme molto piacevole. C’è chi viene concettualmente dalla scuola cosiddetta “Lacustre”, quella che esprime più di tutti la sua vivacità creativa con monocromi limacciosi. L’interprete massimo è “l’elvetico” che si esalta soprattutto con l’uso del bianco, una scelta espressiva precisa che tende a renderlo volutamente di difficile comprensione, una scuola di pensiero che infratta la propria logica attraverso il colore bianco del foglio. Oppure quando si usa la ripetitività ossessiva di chi dalla scuola dei lacustri e del monocromo sfocia nel post-ljajicismo, nel senso che il manifesto di questa corrente si esprime con post che parlano di Ljajic in maniera ossessiva. Io che amo Renato Guttuso e la Vucciria in particolar modo, so che mi devo scontrare proprio con il movimento dei lacustri perché pensano che il mio realismo sia riferito all’esaltazione della marcatura stretta di cui fu grande maestro Rino Gattuso. Ecco, quello che voglio dire è che il bello di questo blog è proprio la commistione tra chi vede bianco e chi vede nero, tra chi vede nero quando invece è bianco e per questo viene accusato di essere bianconero. C’è chi ha una visione cubista del calcio e così vede Gomez come un problema e lo dipinge con tre occhi e poi firma le sue trame di pensiero non più con il proprio nome ma con il 433, che è una sigla che sta ad indicare l’importanza dei contenuti di quel pensiero piuttosto che l’identificazione dell’autore. Ovvero, è meglio che certe cazzate non siano firmate per non essere rincorsi. C’è poi chi è più gestuale, ancora più feroce di un taglio di Fontana, e più ancora della gestualità di Vedova, poi c’è chi è ancora vedova di Prandelli. C’è comunque chi usa una certa volgarità espressiva accentuata per rendere comune il suo linguaggio e metterlo così a disposizione di tutti i ceti sociali, mandare affanculo o cacare in un barattolo può assumere il significato di merda d’autore come ha già fatto Manzoni, confezionando delle stronzate di teorie da rendere comunque fruibili anche in grande distribuzione. So benissimo che ci sono scuole di pensiero antitetiche, però di fondo c’è in comune la passione per il Viola che è pur sempre il colore primario nella tavolozza della nostra vita, ci scorniamo oppure dipingiamo a quattro mani tele che c’impegnano per settimane intere, astrattismo, espressionismo, miopismo come quello di chi cerca un supporto aggrappandosi alle citazioni di Cosmi come se fossero quegli occhiali per leggere da vicino che si comprano dal tabaccaio. Personalmente pratico il surrealismo che utilizzo per mascherare la mancanza di competenza, non a caso il mio maestro preferito è Dalì perché capisco poco e da lì ormai non mi muovo più. C’è chi invece a differenza mia usa la metafisica dipingendo partite irreali volendosi rifare alla scuola di Carlo Carrà e non si accorge di essere più vicino invece a quella di Raffaella Carrà. A proposito della scarsa capacità di lettura degli eventi, che siano calcio o più in generale momenti nei quali occorre capacità di analisi per dimostrarsi adeguato alla situazione, mi vengono in mente due versiliesi che si sono trasferiti in San Frediano negli anni 50, entrarono nella Forestale non si sa come, sicuramente senza nessuna competenza specifica, forse non avevano visto nessun albero diverso da quelli che si trovano nel primo tratto del viale dei Colli. Insomma, ricordo che andai a cercare i funghi al Bobolino, ma appena entrato nel bosco, anche se bosco è una parola grossa, diciamo radura, no via, è dura anche dire radura, diciamo che il Guarguaglini e il Falciani con la loro bella divisa mi fermarono non appena entrai dentro a un cespuglio. Mi chiesero di mostrargli l’apposito tesserino, che io chiaramente non avevo, essendo però figlio di buona donna me la cavai mostrandogli la licenza di pesca. Gli agenti mi lasciarono andare ma si raccomandarono che non raccogliessi più di venticinque triglie. Oggi sono io a raraccomandarvi di non scambiare Cuadrado per un attaccante.

venerdì 24 gennaio 2014

Quando la pontellizzazione non è più solo un rospo in gola

Bella partita e complimenti al Siena. Aggiungendo qualcosa in più di due parole messe in croce, direi anche bella partita di Mati e complimenti a Neto, decisivo come Compper. che in questo momento è non solo un tedesco più decisivo di Gomez, ma è anche il sedicesimo giocatore a segno in stagione. Sana sofferenza condita con due pali e un rigore solare che non ha visto solo l’arbitro forse perché coperto in quel momento dalla pioggia che come tutti sappiamo non è mai stata troppo solare. Borja Valero sembra ancora in flessione, sbiellato dall’usura, ciucciato dalle streghe che come vedremo più avanti hanno una certe responsabilità sulle dinamiche di quartiere. Bene invece Ilicic, e bene anche Joaquin nell’insolita veste di centravanti. Come sempre Matos ha avuto un buon impatto sulla partita, tanto che lo vorrebbe comprare la Volkswagen per fare i crash test, e riguardo al Siena si è capito il perché ha fatto fuori vittime illustri. La crescita prepotente di Mati Fernandez ci regala un giocatore molto importante per il girone di ritorno ma anche per le coppe, in attesa del disperso Gomez e dell’inserimento di un altro disperso del calcio che conta quale Anderson. L’aria della semifinale ci apre così i polmoni, comincia a prendere coscienza in noi il fatto che un trofeo esiste davvero, che non è tutta una finzione, una sceneggiatura ideata da un qualche malvagio per tenerci prigionieri dentro al maleficio della dismissione, Montolivo sembra proprio che se ne sia voluto andare via per scappare da una carriera stregata, oggi vive felice e contento tra la merda delle sue ambizioni. A proposito di questa nostra condizione di esodati della bacheca, c’è la Samanta che a sua volta è la figlia di una mia cugina di via del Campuccio, che in quanto tifosa sfegatata non è che avesse proprio venduto l’anima al diavolo per una finale di Coppa Italia, ma qualcosa di esoterico l’ha comunque combinato, perché parlando con sua mamma ho capito tutta la preoccupazione che è presente in certe famiglie dove l’accanimento per la squadra del cuore porta poi al concepimento di nipoti che destano più di qualche timore. Cosa ha fatto la Samanta? Nel periodo della pontellizzazione è andata dalla mamma della Gina che di primo lavoro fa la ragioniera, e fare le fatture gli ha consentito di maturare una certa esperienza che poi ha messo a frutto per aprire una seconda attività nella quale fa invece la fattucchiera. Un riferimento sociale per tutto il quartiere, lo è sempre stato specie per le ragazze in odore di marito, anche per certe loro mamme che grazie ai suoi riti propiziatori attivavano procedure severe per far si che le figlie venissero in qualche modo non solo trombate ma soprattutto sposate. La Samanta ha cercato la variazione sul tema visto che ha scelto di trombare senza sposarsi e per questo trova sempre qualche disperato disposto a trombarla senza bisogno della fattucchiera, a lei è sempre interessato di più uscire dalla pontellizzazione per alzare in alto qualcosa che non sia il solito apparato genitale maschile, perché come sappiamo bene tutti, quello si alza ma poi si abbassa più o meno repentinamente. La sua idea era invece quella di alzare qualcosa al cielo e trattenerlo per sempre in alto nel suo cuore di tifosa. Per farla breve la Samanta si è rivolta alla mamma della Gina cercando l’intercessione con una qualche entità conosciuta solo all’intermediaria di via Santa Monaca, ora, con tutto il bene che si può volere a una persona che si arrabatta per far sposare le racchie del quartiere, mi ha racconatato la Sonia che la Gina ha combinato un bel casino, quasi come Montella con il falso nueve. Abituata com’era a far si che accadesse sempre e solo quello, disorientata dalla richiesta della Sonia, forse anche agitata da tutti i caffè che è costretta a bere per produrre i fondi dentro ai quali leggere il futuro sessuale delle poverette, è successo l’irreprabile. Per vincere almeno la Coppa Italia, la Samanta ha passato gli ultimi  quindici giorni a baciare un rospo per vedere se quella certa cosa sarebbe accaduta. Ma ancora non è successo niente. Ad ogni modo, lei e il rospo si sposeranno il prossimo 20 maggio.

giovedì 23 gennaio 2014

Al Bano è il nuovo Michael Jackson, solo un po' più longevo

Dalla neve della Valle Gesso sono arrivato a casa giusto in termpo per vedere il nuovo Mourinho rimanere di gesso a valle di una gran figura di merda. Scuro in volto già di suo. Una condizione comunque accentuata proprio da quel rimaner di gesso pur essendo nero come Lavagna da dove sono passato strada facendo, insomma, come direbbe Claudio Baglioni che poi è il nuovo Elvis Presley. Il benvenuto nel mondo della panchina gliel’ha dato un vecchio marpione come Guidolin, ma visto che noi ce l’abbiamo in casa il maestro cerimoniere, bisognerebbe che un salutino glielo desse anche l’onnipresente Renzi con il suo più classico “Seedorf chi?”, e così il nuovo Clarens potrebbe ripensare già da subito a un suo futuro più caldo e tornare al Botafogo. Dimettersi pure lui dopo Fassina e Cuperlo. Si, dopo che li ha resi interrogativi Renzi si dimettono tutti. Anche Bersani è stato dimesso. Non ho invece nessuna notizia sulla Fiorentina, il Piemonte mi ha sottratto un monte di energie preziose, il tartufo di Alba mi ha rapito più di uno stop di Borja Valero, spero solo che Renzi non abbia usato punti interrogatvi anche sulla targa della macchina di Montella o sul retronebbia, Montella che ha confessato di aver parlato con Matteo di una passione comune come quella per Che Guevara, che per Renzi è naturalmente Chi Gevara? Stasera tocca a noi mentre ci si è aperta una voragine verso la finale, grande quanto il debito pubblico, grande come l’ambizione di Montolivo. E sotto la famosa asticella intanto transita Thohir mentre scrive sms ad Agnelli, e ci si schianta con la fronte, un po’ perché è basso e un po’ perché Montolivo non è riuscito ad alzarla come invece avrebbe voluto. Marotta si lamenta del comportamento dell’Inter definendo incresciosa la vicenda del mancato scambio con il peracottaro indonesiano, dimenticandosi l’increscioso sms inviato in volo a Berbatov. Thohir intanto è il nuovo procuratore di Berbatov. A proposito di situazioni incresciose, il vero disagio lo subisce sempre e solo il tifoso, altro che discorsi o sms, ricordo che il Salucci, figlio dell’allora presidente del Viola Club Porta Romana, smise di venire allo stadio perché negli stadi c’era troppa violenza, rimase schifato e non volle più vedere una partita di calcio da quella volta che venne prima assalito sulle gradinate e poi picchiato selvaggiamente dall’arbitro e dai guardalinee. Situazioni logistiche, impegni inderogabili e pressanti come solo Beppe Iachini riusciva ad essere, insomma, ieri tardi e oggi presto, sono un po’ incasinato, situazione che ancora una volta da ragione a chi definisce questo blog un bordello incasinato, quindi in mancanza di tempo e di argomenti validi, vorrei chiudere questo editoriale con parole forti, per provocare in voi una scossa, una reazione, per dimostrare cioè che io riesco nel miracolo là dove non sembra riuscire a Seederf con quei morti del Milan. Salvare quindi il blog che sta morendo a suon di record. Lascio le chiavi sotto l’asticella di Montolivo. Oggi quindi vi vado nel culo. E adesso querelatemi.

mercoledì 22 gennaio 2014

Short version km 433

Sono un po’ di corsa, come una Opel incidentata, schiacciato cioè tra il guard rail che scorre per chilometri e chilometri e la partita di Coppa Italia Roma-Juve, la sveglia presto, la doccia e la barba. La fretta, si sa, è una cattiva consigliera, e penso a quanto siano consigliati male, per esempio, gli eiaculatori precoci sempre così di fretta, come del resto anche chi ha avuto troppo fretta di cambiare progetto e si è ritrovato con Barbara Berlusconi ad alzare l’asticella di Seedorf. Si, insomma la concitazione non aiuta, e probabilmente l’editoriale non sarà lucido come invece lo è il pavimento di questo bordello grazie al fatto che chi ci sputa poi ci si specchia. C’è confusione nella mia mente, come in quella di certi arbitri che fischiano il fallo di confusione e non fischiano il fallaccio di Spolli, e loro non sono schiacciati tra il guard rail. Magari! Confusione che si evidenzia anche nella trattativa che avrebbe dovuto partorire lo scambio Guarin-Vucinic e che invece ha partorito un topolino di nome Thohir. Adesso il topolino indonesiano, dopo aver bloccato in tempo la mossa sbagliata, per calmare i tifosi imbufaliti regalerà la Moss giusta. Forse. E così potremo dire che il topolino avrà partorito una coniglietta. Quello di cui sono certo è che quando si è confusi sulle scelte da prendere è sempre bene affidarsi alla saggezza popolare, una sicurezza, un po’ come dare la palla a Borja Valero, una cosa che tengo molto a raccontare perché me l’ha insegnata il povero zio Franco. Lui affidava la sua vita alla saggezza popolare dei proverbi. Anche se qualche volta faceva confusione. Ricordo che una volta zia Clelia lo cercò per una settimana arrivando fino a Tavarnuzze, poi lo trovò che aveva trascorso tutto quel tempo sulla riva dell’Arno vicino alla pescaia di Santa Rosa, aspettando inutilmente che passasse il cadavere di una gatta frettolosa. Sto partendo, ma prima di farlo ci tengo a precisare che la confusione colpisce tutti gli strati sociali, non solo lo zio Franco o Montolivo, non solo è presente in certi commenti sulla via Emilia, viziati da relazioni di stagiste che leggono analisi elvetiche tratte da alcune considerazioni a voce alta, e rauca, di Serse Cosmi. Penso soprattutto al mio direttore di banca di via dei Serragli, un episodio che quando è successo mi ha fatto pensare alla scarsa fiducia che gli istituti di credito hanno nei confronti dei loro clienti in periodi di crisi come questo, pensavo cioè che non concedessero volentieri le solite agevolazioni. E invece era solo confuso. Me ne accorsi quando gli chiesi un Fido e lui per tutta risposta mi ha regalato un cane. Un animale che mi consegnò insieme al libretto delle vaccinazioni invece che a quello degli assegni, poi si raccomandò di portarlo fuori spesso e di togliergli l’ipoteca.

martedì 21 gennaio 2014

Riflessioni

Oggi è giornata di riflessioni, che a differenza di più sudaticce flessioni, allenano lo spirito invece di scolpire solo il fisico, oltre che giornata dal sapore di “brodetto” visto che sarò ad Ancona. Preso atto che le notizie dall’infermeria questa volta non evidenziano la fine di nessuna carriera sportiva, possiamo affrontare temi come quello dell’amicizia che troppo spesso vengono usati a sproposito. Spesso e soprattutto sul web dove questo concetto è stato irrimediabilmente stravolto da Facebook. Lo dico perché mi si fa passare per l’orco cattivo che non difende i propri amici, quelli per intendersi, che in quanto veramente tali non si limitano a mandare le cartoline, perché troppo desuete, gli amici si sa, fanno le cose in grande e al passo ci tempi, quelli più scrupolosi, infatti, scelgono le raccomandate. A questo proposito mi viene in mente mia madre proprio perché è la persona che più di tutte mi vuole bene, anche lei quante volte si sarà raccomandata, anche se purtroppo non essendo tecnologiacamente avanzata, l’ha potuto fare sempre senza la ricevuta di ritorno. Però si è sempre prodigata a spiegarmi di non prendere le caramelle dagli sconosciuti perché dentro potevano nascondere proprio il veleno insito nella raccomandata.. E mi tocca ancora una volta portare ad esempio il rapporto che io pensavo essere stato sempre sincero con il Bambi, che mi aveva permesso di sbattergli in faccia quelli che ritenevo essere i suoi difetti. Alla fine quello più importante non era il drogarsi o rubare per poi drogarsi, no, mi rendo conto che i buchi se li faceva tutti per se, mai che ne avesse trovato uno per inserirci un gesto d’affetto come una bella raccomandata, no, lui gli avvocati se li è sempre tenuti per le sue storie. Solo per i suoi cazzi. Bella riconoscenza dopo che avevo fatto di tutto per cercare di salvare il suo rapporto con la Cecilia. Lui non aveva molta dimestichezza con il sapone, faceva sì e no una doccia all’anno e non si lavava mai i denti. “Guarda che la Cecilia prima o poi ti lascia”, glielo avrò ripetuto mille volte, “Lavati”, e lui “L’uomo ha da puzzà”, a niente è valsa la mia puntualizazzione “Ma lei è una donna”, per lui il sapone era un segno di debolezza, “Così la perdi”. Quando la baciò per la prima volta, alla Cecilia venne il tetano. E la perse perché morì. Altra riflessione, In tempi di crisi e di Jobs Act è importante capire come il web incentivi l’invidia e grazie a questa anche la nascita di certe opportunità, c’è infatti chi s’inventa un nick e una nuova professione come quella del Delfino. Un animale delizioso che dopo i il mare e il fiume oggi dimostra di adattarsi benissimo anche al lago. Si dice che questo blog a causa di amicizie troppo affettuose e bisognose di assistenza legale vada propbabilmente nella merda, sono convinto che il Delfino potrà adattarsi benissimo anche a questo più torbido materiale organico. Penso che possa sguazzarci davvero felice. E poi in attesa di capire come asfaltare il Siena in Coppa Italia, una riflessione a più ampio respiro vorrei farla sul luogo dagli spazi più ampi che più di tutti amo per andare a fare certe riflessioni. Di solito scelgo posti isolati, in mezzo alla campagna dove trascorro lunghe ore a guardare l’orizzonte lontano, questo mi permette di non avere quei problemucci dell’età tipici di chi non mette bene a fuoco da vicino. Mi immergo così nelle selve incontaminate come ormai non si trovano più nemmeno sotto gli abiti delle suore, mi sdraio in mezzo a campi pieni di fiori e così rifletto anche su certe allergie ai pollini. Comunque le intolleranze peggiori rimangono sempre quelle alle raccomandate. Ma è in situazioni come queste che riesco a ritrovare me stesso, la condizione migliore per riflettere prima di scrivere le cose del blog. La penultima è che spero che i Rinaudo siano finiti, l'ultima riflessione è sui limiti della democrazia, perché su Fiorentina.it nessuno si sognerebbe mai di porre delle condizioni, sul blog è invece come coi figli, più dai e più vogliono. Comunque prendo appunti, respiro il profumo delle idee, tengo in bocca una spiga che così mi spiega come siamo condizionati da certe infrastrutture di pensiero tipiche del condominio. Medito e concentro la mia mente sul fatto che per salvare il mondo occorrerà scuramente prima di tutto fare qualcosa per recuperare Rossi, Gomez, poi c’è bisogno del contatto con la natura che ci tenga lontano dalle Poste, che sono sempre un luogo così insidioso. Sono momenti nei quali penso al terzo scudetto, al culo della Beatrice, e come dicevo, anche a recuperare il senso della natura. Sono momenti in cui riesco a prendere coscienza di tutto questo e che mi fanno ripromettere di tentare di convincere anche chi mi querela a fare altrettanto. Poi rimetto in moto il mio Suv 4.400 turbo, attraverso il bosco rombando come Gigi Riva e torno a casa più sereno.

lunedì 20 gennaio 2014

Immatricolazione di un centravanti

Matri e Mati mentre Inter e Napoli venivano spalmati. O meglio, prima sedati e poi purgati. Una perfetta Fiorentina, intanto, contro un Catania fatto invece di giocatori che si muovono come primati. Arbitraggio vergognoso, da conati, e lo possiamo dire senza essere tacciati di vittimismo, un arbitraggio che per l’ennesima volta non tutela chi fa calcio dai giocatori violenti e pericolosi come Spolli, speriamo almeno nella prova televisiva che possa fare giustizia squalificandolo. Ieri la Fiorentina ha vinto con un perfetto testacoda, finalmente centravantimunita e con la porta ancora ben sigillata contro gli spifferi che fino a qualche partita fa passavano da sotto il povero Neto. Il grande rammarico è pensare a questa squadra con Rossi Gomez e rispettive ginocchia, anche se stiamo comunque crescendo in maniera importante, poi alla fine si potrebbe leggere addirittura il finale felice tipico delle fiabe, anche perché c’è ancora da inserire un Anderson che molta assonanza con le fiabe ce l’ha eccome. E a proposito delle articolazioni del destino, devo dire che la sfiga ce la sta mettendo proprio tutta per metterci in ginocchio, ieri ha mirato dritto a quello dell’affidabile ma non certo inossidabile Tomovic, mentre un risentimento al polpaccio cercherà di farci fuori la punta numero 648. No, 648 non è nemmeno il modulo utilizzato ieri da Montella, e lo dico per chi è distratto dal bordello tattico che come un’orgia si aggroviglia cambiando i partners di linea nella stessa partita, 648 sono invece i minuti d’imbattibilità che la Fiorentina può vantare dopo che la sua fase difensiva è stata ottimizzata con il Saratoga di cui abbiamo già parlato. Parlando invece di singoli torna sul trono della regia il bizzoso Pizarro, la difesa tutta, risulta irreprensibile come una suora quando non tromba, e se per una volta Borja Valero suona con la sordina, anche Cuadrado suona ma non da solista, e insieme a Vargas curano il tappeto ritmico della squadra. Squilla invece la tromba di Matri e anche Pasqual si toglie la soddisfazione di eccellere agli archi, come sono appunto quei suoi cross che assistono perfettamente le percussioni offensive. Gliela dobbiamo proprio oggi la vetrina a Pasqual, e molto volentieri anche, perché spesso ritenuto anche dal sottoscritto la pecora nera, e per ridargli un po’ di dignità lo paragonerei al cibo di strada, ecco, non certo pregiato, anzi spesso molto rustico, ma allo stesso tempo detentore di tipicità, come lo è quella del suo cross tagliato fine come il lampredotto, quando naturalmente c’è qualcuno a riceverlo come i viandanti o i centravanti. E poi lo sapete tutti che io adoro il cibo di strada, quello che ancora si può comprare al volo in certi “baracchini” o chioschi nei vicoli della città. Al volo come certi suoi cross, appunto, in quel vicolo sulla riva sinistra dell’Arno. Il cibo di strada, come tanta è quella che ha fatto nella sua carriera a Firenze, Pasqual, fino a indossare la fascia di capitano, cibo di strada che racconta la storia e la cultura più popolare e le sue antiche tradizioni gastronomiche, come la tradizione nel calcio del cross dal fondo. Poi è chiaro che ci piace di più andare all’Enoteca Pinchiorri, ma durante la settimana è necessario anche sentire gli umori della gente di tutti i giorni, quella che mangia in piedi, e poi ci sono anche delle rare eccezioni che uniscono le due cose, ma sono eccezioni, appunto. Quest’estate, ad esempio, a Montecarlo, ho mangiato un semplice panino con aragosta e caviale.



domenica 19 gennaio 2014

Il tè con i biscotti

In attesa d’immatricolare la vittoria in Sicilia vi devo alcune spiegazioni su certi miei atteggiamenti che potrebbero essere scambiati per un eccesso di tolleranza. Del resto questo blog non è un albergo e giustappunto nemmeno una casa di tolleranza. Caso emblematico è quello di un utente che frequenta per un periodo, poi non frequenta più e comincia ad utilizzare la distanza che ci separa per riempirla di parole non propriamente gentili, una per tutte proprio “Casa di tolleranza”, poi usa la stessa morbidezza lessicale di quelle parole così grondanti tolleranza, come Pollicino usava le molliche di pane per ritrovare la strada maestra. Pollicino, che in quanto piccola estremità calza a pennello con l'eru-dito. E io che faccio? A voi sembra che io non faccia, perché sempre secondo voi sarei molto tollerante o superiore a certe parole solo apparentemente morbide e gentili, tanto da passarci sopra. E’ giusto invece che vi confessi che non c’è niente di così elevato nel mio comportamento, anzi, il mio è al contrario un atteggiamento calcolato, fatto di mero interesse e di zero apertura mentale, non lascio mai niente al caso, e delle volte mi querelo persino da solo. Questo per dirvi quanto sia basso il mio profilo, mi sento un abitante degno di certe sale parto dove le suore recitano il ruolo delle protagoniste invece delle preghiere. Vi chiedo di riconsiderare la mia figura, sentitevi garantiti e protetti da un gestore calcolatore e non da un prono mollaccione. Vi faccio un esempio per giustificare il perché è possibile che io accetti in casa mia una persona che non mi ha descritto come suo ideale interlocutore e che quando torna a trovarmi, per ringraziarlo della sua franchezza confusa, gli faccio trovare pronto il tè con i biscotti.  Io faccio sempre entrare in casa mia certe persone che si presentano come eruditi ispettori dell’Inps o della Asl, anche quando capisco subito che in realtà è solo un pretesto per rubarmi dei soldi. Ma io, mansueto come un’alce mentre bruca il muschio scandinavo, quasi sempre faccio comunque finta di cascarci e mi faccio fregare di buon grado un po’ di denaro. D’altra parte, ed è per questo che mi definivo un calcolatore spietato, trovo molto più comodo essere truffato a domicilio piuttosto che dover uscire per andare fino alla banca. E poi sono convinto che c’è un disegno, sono convinto che niente avviene per caso, anche quando uno sembra querelare a caso, tutto ha una sua logica e un suo fine in questo mondo, il ritorno del figliol prodigo potrebbe concatenarsi con la vittoria a Catania che a sua volta innesca altri avvenimenti apparentemente incomprensibili come appunto una querela, se presi singolarmente estrapolandoli dal contesto. Mi riferisco per esempio alle leggi della fisica che preordinano le orbite compiute dai corpi celesti (vedi immagine anche se in bianco e nero), o alla teoria della relatività, tutte cose abbastanza ovvie delle quali si conoscono i meccanismi che le determinano e la loro utilità nel contesto universale. Nutro però qualche incertezza per altri fatti, che nel loro realizzarsi sfuggono alle mie indagini e ai miei studi, per quanto possano essere approfonditi. E non mi riferisco al fatto che Seedorf sia diventato il nuovo allenatore del Milan senza esserlo mai stato prima, perché anche Montolivo è diventato capitano senza prima essere mai stato uomo. No, ma come, ad esempio, quando mi capita di pestare una merda di cane subito girato l’angolo di via del Leone.

sabato 18 gennaio 2014

La Speranza è l'ultima a vivere

Ieri avevo usato le ginocchia di Pepito e Gomez per introdurre il tema tuttora attuale che riguarda il tentativo di aggiustare certe dinamiche del blog. Oggi vorrei integrare quella che rimane una mia speranza, usando Matri come atteggiamento di fiducia e ottimismo, nel caso della Fiorentina per ovviare alla rottura dei legamenti dei nostri eroi, e per quanto riguarda la dinamica del blog, per ovviare a problematiche di vicinato più o meno fastidiose. Quindi il tema di oggi sarà la speranza. E la invoco, certo di non morire su una ceramica Pozzi Ginori, e neanche di morire attivando uno scarico della Geberit o srotolando 10 piani di morbidezza, no, lo dico perché tra le cose più belle che possiamo avere c’è proprio la speranza. Che è solo una maniera positiva di vivere. Un modo vivo di vivere. La speranza del terzo scudetto per esempio mi tiene talmente in vita che spero di ottonerlo il più tardi possibile. L’immagine di oggi mostra proprio le luci della speranza, tra le quali c’è anche quella più classica che si vede in fondo a un tunnel. Più classica come certi pubi non disboscati. Poi c’è una vena poetica in me che mi fa vivere la speranza addirittura mostrandomela nei toni accesi più belli. La mia visione della speranza è piena di colori vivaci. La stessa vita di per sè ha uno sfondo tutto Viola, e quando penso alla speranza me la immagino come il sole, gialla. Oppure come il mare, azzurra. Mica come succede alla maggior parte delle persone elvetiche, che ha sempre un’avana speranza. La mia speranza è che a Catania, con Matri, possa essere risolta l’emergenza evidenziata nella trasferta di Torino. Speranza che in me vede uno dei suoi massimi esponenti, direi che mi considero persino un’estremista che fa esplodere auto bombe imbottite di ottimismo, auto che utilizzo per andare in trasferta, sempre con la speranza di portare a casa i tre punti. Questo blog sognante è soprattutto pieno di speranza, per esempio che la lentezza delle Poste possa farmi andare in prescrizione la querela, un blog dove mantengo alta la speranza che un giorno si possa dire che Neto è spettinato senza rischiare una coltellata. La mia speranza è che oltre ad Antoine facciano outing anche Lud e Leo, e che ci mandino le foto della loro casa sul lago dove convivono felicemente. La mia speranza è che prevalga la speranza e non il pessimismo. E infatti la mia speranza è stata ripagata a proposito di un libro che avevo ordinato e che mi aveva consigliato quella merda del Colonnello, perché sapeva che era quasi irreperibile, fuori catalogo, fuori da ogni grazia di Dio, 180 librerie interpellate, un passaparola senza precedenti, ma che grazie al mio ottimismo sconfinato ho cercato per giorni e giorni anche nei filtri delle canne di Foco per capire se aveva usato quella copertina e così chiedergli il resto prima che si fumasse anche quello, e poi finalmente è arrivato l’SMS della libreria che vi giro come manifesto della speranza “La libreria…...la informa che il libro “La storia seguente di Cees Nooteboom è arrivato". Vorrei precisare per i non eruditi che la libreria non si chiama “Puntini di Sospensione”, ma che ho usato i puntini di sospensione perché nel blog non ci voglio nessun banner pubblicitario. Per una che ne va bene ne racconto anche una che invece non ha trovato un lieto fine, sennò sembra che questo sia davvero il laghetto che vedono dalla finestra, abbracciati, Leo e Lud, perché in questo caso ho esagerato nella speranza non leggendo bene certi messaggi che avrei dovuto recepire con più senso della realtà e con un’atteggiamento meno distratto e disincantato .Per un certo periodo ho cominciato a frequentare Speranza, una ragazza molto taciturna. Bella quanto diafana. Anzi, ripensandoci, ricordo che non diceva neanche una parola, io le parlavo e lei non mi rispondeva nemmeno. Da prima l’ho presa come una sfida. L’ottimismo mi spingeva a cercare di guadagnare la sua attenzione. Poi mi sono accorto anche che non si lavava. Insomma, non aveva di sicuro un buon odore. E’ arrivato un momento di scoramento, ho pensato che non ero riuscito a scalfire il suo atteggiamento distaccato, dopo che le avevo provate tutte, dalla gentilezza, all’ironia, alla poesia. Fino a quando, alla fine, esasperato, mi decisi a lasciarla, e quando lo feci mi accorsi che in fondo non era tutta colpa sua, perché era morta da almeno due settimane.

venerdì 17 gennaio 2014

Alziamo l'asticella ma abbassiamo i toni

Prendo spunto dai ginocchi di Gomez e Pepito Rossi perché penso davvero che sia venuto il tempo di cominciare a riciclare e ad aggiustare tutto ciò che oggi viene buttato senza pensarci due volte. E quando dico buttare intendo, per esempio, anche il gettare un sasso e poi ritirare il braccio, Tito era famoso nel gettare il sasso nello Stagno, mentre oggi c’è sempre più gente che getta il guanto di sfida perché ha bisogno del duello per lavare le offese, mi piace di più chi porge l’altra guancia, sempre meglio di una querela, proprio perché in questo caso non ripara ma fa gettare giustappunto anche la maschera di chi la presenta. Si butta via troppa roba e troppo facillmente, come chi butta merda sul piatto dove ha mangiato, e non mi riferisco solo a Montolivo. E’ tempo quindi di riaggiustare anche i rapporti su questo blog per far si che rimanga uno spazio piacevole, dove non prendersi troppo sul serio. Diamo il buono esempio, ci sono molti giovani che neanche riescono ad immaginare che invece una volta si riparava tutto e niente veniva eliminato al solo presentarsi di un piccolo difetto. Bastava una stretta di mano. Un ragazzo penso che oggi non abbia la minima idea di cosa significhi il verbo “aggiustare”, quindi a parte i crociati o i collaterali dei nostri eroi, cerchiamo di farlo anche per i rapporti che si sciupano solo perché ognuno vorrebbe marcare il proprio territorio, pisciando magari fuori dal vaso, per aggiustare non ci vuole solo la classica riabilitazione, o un wc dove pisciare, ci vuole soprattutto abilità per convivere in uno spazio come quello del web che essendo illimitato può metterci a confronto anche con chi non ci piace. Ma c’è posto per tutti, si, anche per chi non la pensa come noi. Magari ci si scansa, anche senza risultare troppo snob come il padrone di casa, basta andare un po’ più in là se proprio non ci si sopporta. Riportiamo le cose nella loro giusta dimensione. Perché sennò Il consumismo ci uccide, consumismo eh? E non comunismo, prima che mi arrivi un'altra querela per apologia di reato, mentre questa maledetta civiltà dei consumi vuole che maciniamo tutto e sempre più velocemente, e penso alle ginocchia come ai rapporti con gli altri, al caffè, o alle olive per fare sempre un olio più nuovo. E se Montolivo alza l’asticella, l’arbitro il cartellino giallo in faccia a Pizarro, io vorrei che fossero abbassati i toni. E anche io, nel mio piccolo ho deciso di ribellarmi a questa maledetta dinamica dei consumi all’interno del blog, di riaggiustare cioè tutto quello che è possibile, là dove è possibile, e domani, tanto per cominciare, tanto per dare il buon esempio porterò a risuolare un mio vecchio computer. Fatelo anche voi. Confrontiamoci con più leggerezza, regalate vestiti da farfalla alle vostre donne, usiamo la tolleranza come l’acqua ossigenata su una sbucciatura, la diversità ci deve arricchire e non  dividere, sennò facciamo proprio come il Bambi che dopo mille peripezie aveva deciso di diventare monaco di clausura per scappare dal suo passato e dai creditori. E’ stato per un paio di anni a vagare da un monastero all’altro cercando di farsi accettare. Ma siccome sono monasteri di clausura nessuno l’ha fatto entrare credendo che fosse un creditore, e i monasteri, si sa, sono pieni di debitori come il Bambi. Vorrei davvero che dessimo il buon esempio, poi ci lamentiamo che i ragazzi vengono su “storti” perché non hanno mai orari, e ci sono appunto genitori che non vigilano sul fatto che i loro figli escono tardissimo per ritornare all’alba. Per andare dove, poi? Magari a rimbambirsi con la musica assordante di una discoteca? No. La mia generazione è venuta su con certi sani principi perché noi rincasavamo sempre prima di mezzanotte, subito dopo aver rapinato qualche passante.

giovedì 16 gennaio 2014

Il naufragio

Mentre ci prepariamo a una trasferta resa ancora più interessante dall’esordio di Matri, e in virtù dell’arrivo di Anderson che sembra aver confessato di avere tendenze a ingrassare dimostrando così un grande coraggio in un mondo di addomi tartarugati come quello del calcio, anche io mi sento pronto a fare outing, con lo stesso coraggio che ha avuto Lud nel ritornare a scrivere sul blog. Non so se in San Frediano sarò capito fino un fondo, il quartiere oggi è molto meno disincantato di un tempo, e l’ironia lascia sempre più spazio alla violenza. Una gramigna sociale dura da estirpare, e anche il corniciaio dello Sdrucciolo dei Pitti non più contento di avere il mastino napoletano nel giardino di casa, si è comprato una tigre, lui che è sempre stato un fiorentinaccio integralista, che mi raccontava di aver fatto tanta fatica ad accettare le origini del suo cane, poi è peggiorato e ha cominciato a sostenere che i ladri avessero lo stesso accento del mastino, che così chiudeva un occhio se non tutti e due e un paio di volte gli hanno messo a soqquadro la casa. Di ladri oggi neanche l’ombra, solo qualche osso qua e là. Si, San Frediano si è incattivita, c’è tanta volgarità e sesso sbattuto in faccia, anche in Boboli nella vasca non ci sono più i cigni di una volta ma solo poppe, e hai voglia a prendere per il culo le celebrità per via dei nomi che danno ai figli, fare il ganzo come fa il macellaio di via de’ Serragli che li sa tutti a memoria, Chanel Totti, Oceano Elkann, Nathan Falco Briatore, Apple Martin, Destry Spielberg, Scout Willis e così via, perché intanto il nome femminile più diffuso Diladdarno non è più Marta ma Querela. Faccio outing anche perché odio la violenza in genere, odio la gente che gesticola, alla messa della 10 in Serumido il segno della pace è stato sostituito con il gesto dell’ombrello, il parlare civilmente viene raccontato dalle guide turistiche come un periodo a cavallo del Rinascimento. La gente spintona, sputa in terra, sputa sentenze, aspetta le sentenze per mettere il fiocco rosa alla primogenita Querela. Di gente che urla ne incontro tanta, ogni mattina, mentre attraverso in macchina Piazza Santo Spirito passando sul marciapiede. Voglio fare outing per esorcizzare il momento più basso della mia vita, nel quale mi sono macchiato di una spregevole violenza nei confronti di una donna. E se oggi ho fatto del fair play finanziario il mio segno distintivo, allo stesso tempo c’è una macchia indelebile che è giusto che conosciate. Era un periodo difficile, tutti i miei progetti erano fermi, fino a quando anche Casarsa si è messo a tirare i rigori da fermo, mi è crollato il mondo addosso mentre ero fermo a un semaforo, e così per allontarmi da un momento così difficile e dalle macerie, avevo deciso di andarmene a fare un viaggio, per riflettere e cercare di analizzare la crisi nel quale versavo, cercando di guardarla da una prospettiva diversa. Poi è successo l’impoderabile, no, non era ancora arrivata la querela, ma fu lo stesso un naufragio. La nave da crociera dove ero imbarcato è colata a picco. Alla fine mi sono ritrovato su un’isola deserta con la maglia di Galdiolo che mi stavo provando davanti allo specchio prima dell’impatto, e così mi sono ritrovato solo, con una donna bellissima e molto procace. Un’altra passeggera che si era salvata, sembrava un segno del destino. Ci siamo guardati per giorni, lei mi ha rivolto la parola solo una volta per dirmi “Ma chi cazzo è Galdiolo?”, poi più niente. Io la fissavo, la studiavo, ne osservavo con malcelato interesse le forme opulente soffermandomi sulle cosce tornite e sui seni turgidi e straripanti. I suoi vestiti erano laceri e giorno dopo giorno se ne liberava mostrandosi come mamma l’aveva fatta. E l’aveva fatta parecchio bene. La mia indole da gentiluomo ha fatto si che per diversi giorni ho cercato di resistere, mi sono fatto forza, ho lottato con tutto me stesso per respingere i miei istinti animali. Poi non ce l’ho fatta più e sono crollato. E me la sono mangiata.


mercoledì 15 gennaio 2014

La grande bellezza del mercato di riparazione

 
Matri ha la faccia d’angelo del fango tipica, Iakovenko no, lui dopo che la sfortuna torrenziale si è abbattuta sulla nostra linea d’attacco ha dimostrato di non avere i requisiti minimi dell’idrorepellenza richiesta durante questo tipo d’emergenze, incapace anche di spalare il semplice fango dei suoi detrattori. E sta davvero piovendo troppo, nell’Arno infatti galleggiano centinaia di pesci Rossi morti. Annegati. Il povero Iakovenko sprovvisto dei fondamentali indispensabili ad un’Arca che si rispetti, non avrebbe mai salvato la specie degli attaccanti esterni, lasciando la Fiorentina in balia dei falsi nueve. So che il passatempo preferito di noi tifosi è dire quello che avremmo fatto per cercare di salvare la Fiorentina dal diluvio, è legittimo e anche molto altruista, così vi racconto il mio primo passatempo perché è un’esperienza rivelatrice di come si possa ovviare alle difficoltà contingenti di una squadra alla frutta, con fantasia, decisione e un sano spirito imprenditoriale. Naturalmente parlo della meglio gioventù di San Frediano, di quando da bambini, d’estate, quando ancora la “passera” era meno importante della merenda, uno dei passatempi più diffusi tra i miei amici era quello di andare a rubare la frutta. Mi ricordo però che i nostri genitori ci proibivano di arrampicarci sugli alberi perché poteva essere pericoloso. La frutta fa bene ma la forza di gravità no, questa era la saggezza di una generazione uscita con forza dalla gravità della guerra. Allora noi, ogni notte, andavamo a scassinare direttamente i negozi di frutta e verdura. Matri è l’idea giusta per scassinare le difese avversarie dopo che la sfortuna, e non i genitori, ci ha proibito di cogliere il frutto direttamente dalla campagna, anche se nel nostro caso si parla di quella “acquisti” di una calda estate. Non so più se dopo questi nomi devo tornare a sognare, non so più se è realtà o finzione, se c’è illusione dentro di me o se davvero ci sono i requisiti per continuare a puntare l’obiettivo Champion, la vittoria in Coppa Italia e quella in Europa League. Non vorrei essere illuso dagli effetti speciali della campagna acquisti di gennaio come mi succede nei cinema multisala dalle poltrone comodissime, che rendono la finzione troppo reale. E poi, tra dolby surround e altre diavolerie, gli effetti sono così realistici che sembra davvero di essere dentro al film, come se invece di Iakovenko, Montella avesse messo dentro Rebic a Torino, probabilmente avrebbe vinto il Golden Globe con un cast d’attacco che la giuria avrebbe definito come “La grande bellezza” pur non avendo Sorrentino in regia ma solo Neto in porta. Essere in questo grande multisala dei sogni ha dei pro e dei contro, tutto sembra vero come i 37 punti in classifica, e non sarebbe niente se uno s’immedesima così tanto da trasformare certi sogni in realtà. Per esempio, l’ultima volta, durante la proiezione di un film di vampiri, il mio vicino di poltrona mi ha morsicato due volte. Questo è il bello del calcio, poi c’è anche quello che allontana la gente dagli stadi perché la gente odia assistere allo spettacolo indecoroso di persone che si insultano, che si picchiano selvaggiamente, che danno sfogo ai loro istinti più selvaggi. Per non parlare di quello che avviene tra il pubblico. Intanto la Bice mi segnala uno sfruttamento della manodopera minorile da parte del Chiari, e dalle immagini mi sembra parecchio minorile, che per riutilizzare l’uvetta dei panettoni avanzati, la fa ripristinare per poi farci il Pigato.

martedì 14 gennaio 2014

Il bagno penale non è una forma di pulizia intima

Casa circondariale - braccio C

14 marzo 2015

Caro Pollock, come va?
Io comincio finalmente ad abituarmi all'ambiente, almeno per quello che è possibile.
Dicono tutti così, lo so, ma ancora non mi spiego come mai sono finito qui dentro. Insomma, capisco che quella si sia spaventata a morte, ma l'errore è stato suo, se entri in un posto con un insegna a caratteri cubitali che recita : "Da Foco, barbiere per signora", che cazzo ti aspetti che ti facciano? Invece quella stronza pensava alla permanente e alla tinta e mi ha denunciato. Così addio attività appena aperta e gabbio per tentata violenza con l'aggravante di uso di rasoio e forbici.
Bah! La gente non ci sta più con la testa, non trovi?
Non so se lo sai, ma sono stato raggiunto qui al braccio C da alcune nostre conoscenze.
Per primo è arrivato il Colonnello Blimp. Beh, diciamo che per lui era una fine abbastanza preventivabile, visto che collezionava querele come le figurine Panini. Però mi ha detto che è finito dentro per altro, di cosa si tratta non l'ha voluto specificare, è stato molto evasivo. I secondini dicevano tra loro che abbia effettuato un maxi furto di viagra in una nota farmacia di Firenze. Pare che quando l'hanno arrestato ripetesse urlando continuamente : "Ora 'un ti pieghi, eh?", però non si è capito con chi l'avesse.
Lui non la sta prendendo bene. Sono giorni che non parla altro che in francese. È lì, in piedi sulla branda ,con la mano nella camicia sul petto che farfuglia di una possibile invasione della Russia. Sono un po' preoccupato per lui. Come avvocato aveva Antoine Rouge, ma quando hanno scoperto che era implicato in un attentato in un Mc Donald's, gli hanno tolto l'abilitazione. Per un periodo Blimp si era ripreso perché ci aveva raggiunto in carcere Jordan. Ah, lo sai? È qui anche lui. Non so se hai sentito dell'aggressione in tribuna stampa al Guetta. Beh, è stato lui. È successo tutto quando Guetta dopo un'uscita a vuoto di Neto gli ha urlato del somaro. Jordan l'ha sentito e l'ha massacrato a colpi di capoeira.
Con lui per un periodo è andato tutto liscio, parlava di calcio coi secondini che gli portavano anche un certo rispetto. Poi un giorno un secondino nuovo gli ha cominciato a dire che Cuadrado era un attaccante da 4-3-3 ed è cambiato. Quando il poveraccio gli ha confidato di essere di vicino Viareggio, Jordan gli è saltato addosso e gli ha mangiato un orecchio e il naso. Adesso dicono che è rinchiuso in un cella come quella di Hannibal Lecter.
Che Vitalogy era già dentro quando sono arrivato te l'ho mai detto? Non parliamo molto con lui, è molto chiuso. Credo che gli abbiano fatto qualcosa di terribile nelle docce. Non so nemmeno per cosa sia dentro, sta sempre sulle sue. Quando è riuscito a farsi spedire un martellino per scolpire la roccia ho pensato che stesse architettando un'evasione come nel film "Le ali della libertà", poi, invece, sono andato a trovarlo e ho scoperto che con il martellino e la roccia si era scolpito gli ometti del Subbuteo. Pare che si faccia ore e ore di partite col suo compagno di cella. Cosa si giochino non lo so, ma una volta mi è venuto a chiedere se avevo della vaselina e quando gli ho chiesto per cosa gli serviva, mi ha detto solo, con una faccia da funerale, che aveva perso.
Insomma qui, grosso modo, va tutto bene. Quello che mi scoccia è che sono rinchiuso mentre là fuori la Viola sta vincendo lo scudetto. Che fosse il blog il problema?
Adesso ti saluto.
Alla prossima Pollock.

Foco.



Casa circondariale Moira Orfei - Braccio G come gesto dell’ombrello

13 maggio 2016 (le poste in carcere vanno più lente delle querele)


Come va una sega! Oh Foco ma che mi pigli per il culo? Menomale lo scudetto della Fiorentina. Rinaudo è retrocesso nel braccio B.
Come faccio ad abituarmi, sono in cella con Il Chiarificatore e già questo di per se non è una bella cosa, e come se non bastasse è pure incattivito dopo che la sua frode alimentare preferita è stata scoperta.
Oggi è cosciente che il suo impero economico è crollato e se la rifà con i suoi compagni di cella, io e il Sopravvissuto. Sai cosa faceva prima che lo beccassero? Raccoglieva le ghiande che si danno ai maiali e le verniciava trasformandole in olive taggiasche che poi commercializzava in America, "Tanto sanno un cazzo loro delle olive taggiasche" così mi racconta tutte le sere che Dio mette in terra, fino a quando l'importatore non ha assunto Alan, un ragazzone del Colorado il cui nonno era nativo di Savona.
Ogni tanto i parenti che nel frattempo stanno finendo tutte le sue fortune gli mandano un po' di Pigato, e solo la domenica si sente in dovere di offrircene un bicchiere che io faccio finta di bere e poi metto tutto insieme in un vecchio fiasco che uso anche per il brodo di trippa.
Quando poi ce n'è abbastanza mi ci lavo i piedi. Funziona meglio della pietra pomice.
Per me è un inferno Foco, erano meglio i post di Ludwigzaller, il Chiarificatore ha messo il poster di Renzi e il Sopravvissuto quello di Almirante, a me chiedono chi preferisco e quando gli dico Mastella perché è amico di Diego Della Valle mi sputano in faccia tutto il loro disprezzo compreso anche qualche ghianda che il Chiari si ostina a definire noccioli di olive taggiasche, perché lui si dichiara innocente. Il Sopra è dentro perché pur di far credere ai vicini di avere la servitù di colore pitturava di nero i nanetti del giardino e li muoveva con i fili come si faceva da ragazzi con lo scherzo del portafoglio. E' stato denunciato proprio dal Chiarificatore perché la vernice era la stessa che usava lui per le olive taggiasche.
Foco, salutami tanto il Colonnello e chiedigli se Jingle Bells era lui, fammi sapere se il francobollo che hai usato per la lettera te l'ha prestato lui, a me sembra egiziano. Salutami Jordan e digli che il mio blog non è un albergo.
A te che dire, visto che sono sempre stato una persona sincera, posso dirti che le cascate delle Marmore mi hanno sempre fatto cacare.
Se proprio non puoi farne a meno riscrivimi pure.
Il Chiarificatore invece mi dice di dirti che il tuo blog gli fa schifo come Iakovenko.

Intanto mi sono fatto tatuare la querela su un polpaccio..

Pollock