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giovedì 30 gennaio 2014

Biografia di una passione, ecografia di un ginocchio

Pepito è salvo, il suo ginocchio ha retto l’urto della sfortuna, una cugina malvagia della fortuna che ama travestirsi da Rinaudo. E per fortuna, il collaterale in quanto tale è per forza collaterale a tutto il resto, un po’ come il giudice a latere o il fallo laterale. L’importante è che il ginocchio sia stabile come è sempre stata la mia passione per chi indossa i pantaloncini corti e soprattutto per la Fiorentina. Per festeggiare questa consolidata stabilità metto in scena qualche episodio tratto dalla passione di una vita. La magia di vivere una passione come quella per la Fiorentina la ritrovo solo grazie al mio nuovo tappeto volante che ho comprato da Tutunci, un imprenditore che non sarà riuscito a diventare l’azionista di maggioranza della Fiorentina, ma che oggi mi permette di spazzare il pavimento del salotto senza alzare il tappeto. La Fiorentina, un emozione che ha accompagnato sempre la mia vita, alcune volte mi ha creato qualche problema come quando sono stato beccato, il giorno della Comunione di Tommaso, a vedere di nascosto un Fiorentina Parma mentre di là c’erano tutti gli invitati. Certe sensazioni così forti le ho provate solo verso i sedici anni quando cambiai la mia Vespa Special 4 marce con un Benelli 125 bicilindrico, molto più veloce e scattante. Ero finalmente riuscito a cadere anche con un chilometro di anticipo. Strada ne ho fatta tanta per seguire la Fiorentina in trasferta, ho speso tempo e soldi, ma mai come quando mi muovevo facendo l’autostop. Una volta fermai una macchina dal marciapiede del Lungarno Soderini e chiesi se potevo avere un passaggio fino a Reggio Calabria. Il viaggio andò benissimo e quel signore fu molto gentile. Ma una volta arrivato, al momento dei saluti, promisi a me stesso che avrei evitato accuratamente di fare l’autostop ad un taxi. Quando sono cresciuto e ho cominciato a guadagnare, e la Fiorentina a giocare in Europa, ho deciso che quando viaggio in aereo, preferisco sempre andare in business class piuttosto che in economy,  perché se c’è una cosa sulla quale è meglio non risparmiare questa è la sicurezza. La capacità di sopportare il dolore procurato dalle sconfitte della Fiorentina l’ho ereditato invece dalla mia bisnonna che ebbe diciotto figli. Alla fine si era talmente abituata a sopportare i dolori del parto che l’ultimo lo fece nel sonno. Grazie alla possibilità che mi ha dato la Fiorentina di girare l’Europa, da ogni paese ho imparato qualcosa, in Norvegia sono rimasto piacevolmente colpito dalla pulizia e dalla civiltà di quel popolo. Se butti una cartaccia per terra e ti vede una guardia, scatta subito la multa. Questo, ovviamente, accade anche se ti azzardi a gettare un mozzicone di sigaretta, una lattina o un chewing gum.  E così ho sempre dovuto aspettare che venisse notte fonda per scaricare tutto dalla finestra dell’albergo, del resto noi di San Frediano riusciamo a smaltire delusioni e non, utilizzando la bellezza di certi nostri affacci. Negli anni ho imparato ad amare anche i giocatori di scarso valore tecnico, quando cioè la proprietà non aveva le possibilità economiche per arrivare a quelli che oggi vengono definiti dei top player. In San Frediano conosciamo bene la miseria e sappiamo adattarci anche ai vari Gola, Zuccheri e Bertarelli, anche quando certe mode hanno preso campo come quella di fare almeno un corso di sommelier per poter essere considerati persone interessanti. Noi di San Frediano abbiamo ovviato al fatto che certi corsi sono carissimi perché durante le lezioni vengono degustati vini di un certo livello, e così ne abbiamo ideati di molto economici. Certo, non è la stessa cosa, visto che viene insegnato a riconoscere i vari tipi di vino non assaggiandoli ma solo leggendo le etichette. Chiudo questa carrellata di bei ricordi legati alla Fiorentina sottolinenado come un calciatore anche brutto, abbia sempre più successo con le donne di una persona ricca come era un mio zio non calciatore. Ricordo che andavo agli allenamenti e c’era Antognoni, ma anche lo stesso Guerini o Casarsa, tutti avevano macchine sportive e facevano sanguinare i cuori di generazioni di giovani donne. Il mio zio Alvaro invece, che era un ricco proprietario terriero, per cercare di fare conquiste andava sempre a ballare a bordo di un Lamborghini rosso fiammante. Arrivava su quel mostro rombante come facevano e fanno tutt’oggi i vari giocatori della massima serie, faceva il ganzo facendo manovra avanti e indietro sul piazzale, poi lo parcheggiava in bella vista proprio davanti al locale. Ma nessuna donna accettò mai di salire al suo fianco per farsi un giro. Peccato, perché quello è sempre stato il mio trattore preferito.