E’
molto chiara l’esigenza, la vede bene chi degli occhiali può fare senza
ma anche e soprattutto chi la mattina non accende l’intelligenza con
diavolerie cinesi ad intermittenza. Senza neanche la possibilità di
avanzare eccezioni specifiche tipo l’intelligenza intermittente perché
la squadra gioca con l’albero di Natale o perché uno ha scelto anche
Moranduzzo tra i suoi tanti nick. E alla fine l’essenza è solo una
questione d’intolleranza, non al glutine in questo caso, ma al vivere
tutti insieme nella stessa stanza, questione di convivenza, insomma,
senza che per constatarlo ci voglia per forza un blitz della Guardia di
Finanza. Chi scrive su un blog come questo è perché vuole condividere
una passione scambiando le proprie considerazioni e vuole sentirsi
tutelato dal fenomeno del multinickismo che s’inerpica in qualche caso
fin sulle vette di siti importanti, Dolomiti e dementi fuori pista, di
quei siti per capirsi che fanno del numero dei contatti il core
business. Quello di cui stiamo parlando non è il problema di gestire uno
scambio anche vivace di opinioni diverse, anzi questo è l’unico sale
che non da noia alla pressione, stiamo parlando degli agguati di chi si
sdoppia come la vista di un ubriaco razzista che preferisce stordirsi
col Mojito invece che con dei Negroni. Tutto questo panegirico per dire
cosa, intanto che per l’intolleranza di cui sopra il panegirico è senza
glutine, e poi per rassicurare gli abitanti del blog che non verrà
concessa la residenza a chi usa più identità come fa Diabolik e che
proprio per la confusione mentale che questo comporta a chi è costretto
spesso ad emigrare dalla propria identità verso la svizzera
dell’hamburger, si ritrova poi a trombare Immanuel invece di Eva Kant. E
questo è inaccettabile per il nostro blog che fa della lucidità
sessuale un vanto, identità sessuali tutte ma ben definite, e lo fa
soprattutto a scapito dei contatti, nessuno cioè può toccarci il culo
così come se niente fosse. Sono molti gli strumenti per dissuadere i
malintenzionati, che per spiegare agli spioni confusi non sono i tifosi
personali di Sissoko che è il capitano del Mali,
strumenti dicevamo primo dei quali la volontà di farlo cercando appunto
di tutelare un ambiente sano dal fumo passivo. Ed oltre al più efficace e
tradizionale come il cotto dell’Impruneta, che è quello di fare a fette
l’IP come il Parmacotto, ci sono altri filtri meno definitivi, quelli
cioè che concedono al soggetto dall’identità itinerante almeno un’altra
chance. Diciamo un un filtro educativo alla pari, come una ragazza che
da una mano in casa, mentre il primo è uno strumento con il più alto
tasso d’inflazione perché è purgare un IP per educarne cento. Scrivo
questo messaggio di servizio in attesa delle diciannove quando chiuderà
il mercato, ho dato mandato ad una società che fa appunto ricerche di
mercato e che per combattere il fenomeno ha voluto prima capire le
caratteristiche e quindi quali sono gli imput che muovono oggi un
multinick. Da questo è emerso che il mammifero marino ama molto guardare
dal buco della serratura, diciamo pure che è attratto prima di tutto
dallo spiare, e allora è stato attivato un filtro che tende a
mortificare questo tipo di propensione. La foto di oggi è una demo che
mostra come il software filtri le immagini solo verso chi ha il
palletico del nick e quando identifica un indirizzo IP che sforna
commenti dalle identità ridondanti, abbatte in automatico la qualità
dell’immagine privando il soggetto delle immagini più salienti. E’
garantito al limone che il soggetto frustrato si allontanerà senza
essersi limonato.
.
giovedì 31 gennaio 2013
mercoledì 30 gennaio 2013
Acqua di colonia penale
Il
campionato italiano è stato indicato dalle autorità in materia,
procuratori e Direttori Sportivi in testa, come il più adatto alla
riabilitazione professionalpenale, quando per penale s’intendono quelle
carriere che per vari motivi stanno finendo a cazzo di cane. Questo tipo
di procedura consente al calciatore condannato dalla propria testa di
cazzo, appunto, oppure a quelli dispersi nell’atrio gigantesco di rose
dove giochi solo quando il Mister inciampa su di te ricordandosi che
esisti, a chi insomma ha perso un po’ del suo valore anche per
infortunio e anche senza aver manifestato nessun segno di ravvedimento,
di ottenere l’estinzione delle pene accessorie che alla fine sono quelle
di stare ai margini di grandi società e della propria carriera. Pene
accessorie che potrebbero diventare però quelle dei nuovi tifosi, perché
questi tipi di rientro coatto, chi per un modo e chi per un altro si portano dietro
giocatori a rischio, si, per far ritornare nel nostro campionato certi
giocatori c’è bisogno della scommessa, e così nelle ultime
ventiquattrore si rivedono Balotelli e Sissoko fare un percorso a
ritroso dalla Premier del City e dalla Ligue 1 parigina, oppure da
campionati spaparazzati in oriente come quello cinese dove giacciono
milionarie balene spiaggiate come Anelka. E probabilmente se ne vedranno
ancora delle belle in queste ultime quarantottore dove l’acqua sale
alla gola e i calciatori condannati da campionati non più congeniali
vogliono annotare la propria riabilitazione sul certificato di un
campionato come il nostro, che anche lui con l’acqua alla gola si presta
alla grande promettendo di restituire capacità perdute. Solo per
parlare di casa nostra, la capacità riabilitativa della Fiorentina ha
permesso il ritorno di giocatori come Pepito Rossi e Sissoko altrimenti
improponibili, tante scommesse dicevamo, il campo ci dirà poi chi tra i
tanti che hanno puntato le fiches su cavalli zoppi o pazzi come
Balotelli avrà davvero vinto la propria, insomma chi sarà davvero
riuscito a mettere in piedi quel’operazione al bacio che ho sintetizzato
con la foto di copertina. Perché dove c’è rischio c’è anche fallimento e
qualcuna di queste scommesse andrà sicuramente a puttana, la Fiorentina
però, forse l’unica, non si è mossa solo in questa direzione, e
attivissima ha chiuso anche affari di prospettiva scommettendo su
giovani talenti, un mercato corposo come una donna di Botero, e
variopinto come un pappagallo che però non è quello che usa il Delfino
per pisciare senza mai alzarsi dal letto pur di contare gli utenti del
blog senza perderne uno prima di addormentarsi stremato. Vedremo quindi
chi avrà perso le sue scommesse, chi avrà azzardato pensando di aver
acquistato primizie fuori stagione ritrovandosi in mano invece contratti
importanti da pagare e giocatori alla frutta. La seconda foto è un po’
questo, un gioco, la simulazione cioè di un’operazione risultata poi una
buccia di banana dove si vedono chiaramente Pradè e Macia scappare
atterriiti pochi istanti prima di prenderlo nel culo.
martedì 29 gennaio 2013
L'idraulica della passione
C’è
sempre qualcuno che dopo una sconfitta sbuca dal cesso, almeno a Firenze è
sempre successo. E senza chiedere il permesso fa risalire su certi
pensieri dalle fosse biologiche di logiche intasate e anche un po’
patetiche. E’ incredibile ma c’è davvero chi appoggia la propria
passione sulle sconfitte, come la carta igienica dove capita quando
manca il porta rotolo. Lì a portata di mano, insomma, si la Fiorentina a
portata di mano quando serve per le impellenze, ecco, capita così di
vivere la passione srotolandola per bisogno, e per scaricarla poi tra
Fi.it e Wc Net. E quando tutto fila liscio come centrare il cesso con il
piscio, quando insomma va tutto bene, allora è come se si fosse
costretti a dividere le gioie a malincuore, dolorose soddisfazioni
condominiali, e così quando qualcosa s’inceppa allora scatta la
ritorsione che ha lo stesso rumore dello sciacquone che si porta via con
se il buonsenso insieme al famoso bambino, si quello che una volta se
lo mangiano i comunisti e l’altra viaggia con l’acqua sporca dell’Arno
come fosse un alborella. Certi tifosi non aspettano altro che una
sconfitta per staccarsi dal riscaldamento centralizzato e installare il termosingolo, tanto poi quando uno si smerda c’è sempre il
copritermo. Lo so che è un quadro scarno però purtroppo è così, siamo
litigiosi, rancorosi, e con qualcuno dobbiamo pure prendercela, anche se
chi lo fa dovrebbe anche prendersi la briga di segnarselo da qualche
parte con chi se la prende, con chi se l’è presa la volta prima e con
chi se la prenderà la prossima volta, prima che emerga l’evasione
fiscale di chi da i numeri ma non ci paga le tasse. Ci sono tifosi poi che
hanno veramente uno sculo pazzesco, diciamo che stampano molto spesso la
propria passione sulla traversa, perché i periodi di gioia e di grandi
soddisfazioni della squadra coincidono con il loro letargo, poi quando
si risvegliano dopo mesi e mesi senza mangiare, allora le cose
precipitano. Forse più semplicemente sono proprio loro che portano
sfiga. Perché per loro siamo passati da una società incapace ad una
finalmente ravveduta solo grazie al fatto di avergli dato d’incapace, e
subito dopo un in-Castro favorevole ad una nuovamente incapace perché si
sono potute recuperare le vecchie accuse prima che andassero in
prescrizione. Mi perdoneranno i transumanti se per me la Fiorentina
rimane una gran bella realtà a prescindere dal solo punto racimolato in
quattro partite, la società ha agito bene a prescindere dal mese di
gennaio, non si possono rimangiare certi giudizi dopo che delle
sconfitte del duemilatredici non ne ce n'è una meritata. E’
paradossale commentare il risultato di domenica dopo aver visto la
partita se nel proprio DNA c’è almeno un cromosomo da vero omo e non da
quaquaraquà. E’ vero che l’appetito vien mangiando, ma la squadra ha
dimostrato ancora una volta carattere e personalità, e la società allo
stesso tempo ha dimostrato di essere la più attiva sul mercato. Poi
tutto è perfettibile, tutto è criticabile per carità, ma allora anche dire che
se Cuadrado avesse avuto la testa più rotonda probabilmente si sarebbe
fatta molta meno dietrologia al cuadrado. La Fiorentina del secondo
tempo di Catania rimane una delle più belle degli ultimi anni, una
squadra che impone sempre il proprio gioco, e visto che sono cosciente
di dire certe cose perché illuminato da un raggio di irresponsabilità
che non mi permette di vedere le malefatte societarie, consentendomi di
vivere cioè inconsapevolmente come chi non capisce una sega, conscio di
questa sfortuna/fortuna vorrei nel mio piccolo ricompensare chi invece è
costretto a soffrire perché la verità la conosce. Perché come se non
bastasse la condanna di custodire la soluzione del codice criptato dei
Della Valle nel quale è stato sviluppato il primo algoritmo della
smobilitazione ripianata a suon di trenta milioni per volta, verità dure da
sopportare oltretutto se accompagnate dalla condanna ai lavori
socialmente utili come la transumanza verso il blog ossigenato per
monitorare l’esilio dei pericolosi fomentatori di sana passione. Allora
per chi ci legge ma non può intervenire perché già gravato da compiti
penosi come quello appunto di controllare dallo spioncino, voglio
trasformare la visione dei poveri derelitti in un trionfo di deretano,
con l’aggiunta di un frustino per le proprie frustrazioni.
lunedì 28 gennaio 2013
Tra tattoo e vodoo
Che
inculata! Davanti a un gennaio che si è tatuato tutto di sfiga mentre pali e
traverse delimitano ormai i labili confini tra facili alibi, il disagio
e la sfortuna sotto porta, che evidenzia però anche un problema di chi
dovrebbe fare servizio di guardiania alla nostra, problema più
sgargiante di qualsiasi maglia in dotazione ai nostri numero uno, che in
compenso e da ambientalisti sensibili, invece che al campo di gioco
preferiscono andare in camporella tra papaveri e papere. Un gennaio che
termina sostituendo i giorni della merla con i giorni della merda. E poi
la sfortuna di Jovetic colpito da anemia mediterranea che lo rende
avulso dalla manovra, dalla nostra sia chiaro, non certo da quella di
Ramadani che sembra spostare, arzillo, il suo giocatore sulla scacchiera
giocando con la Fiorentina come il gatto con il topo player. Perché se è
vero che è lontano dal gol sembra essere soprattutto lontano dall’anima
della squadra, con la testa e con il cuore, sentimentalmente abulico,
un grande talento che però non usa, sbarcandolo invece che a Lampedusa,
probabilmente in un centro d’accoglienza bianconero. Parole queste mie,
portate con un gommone da uno scafista senza scrupoli e ragione, sugli
scogli della delusione per una partita persa in un modo pazzesco. Per
fortuna però c’è anche una ragione che prevale, che raccoglie la
delusione e l’asciuga dalla rabbia scoprendo così anche una gran bella
Fiorentina, che spreca e regala con le caratteristiche tipiche di chi ha
le mani bucate, e non solo quelle dei propri portieri, ma che riesce a
reagire al pareggio del Catania col piglio della grande squadra, con
carattere, se possibile giocando un calcio migliore di quello espresso
prima di essere tradita dall’atteggiamento sconsiderato di Aquilani.
Bene sugli esterni con Pasqual che macina chilometri e scarica cross in
area con arma automatica, e con Cuadrado che si piazza mina vagante
nelle maglie della difesa etnea, come allo stesso modo si comporta sotto
porta almeno in maniera stravagante, capace cioè di dilapidare le
occasioni più ghiotte depilando la traversa. L’inserimento di un
ragioniere come Migliaccio porta addirittura degli sgravi fiscali
iinaspettati in zona gol mentre i manager fanno gli stessi buchi di
bilancio di Mussari, tanto possesso palla e fase propositiva, ma anche
un’incredibile percentuale nel riuscire a subire gol nelle pochissime
occasioni concesse. Ma c’è speranza in questa settimana però, quella di
alleviare il dolore per le sbruciacchiature riportate insieme ai lapilli
siciliani, spalmandoci sopra l’emolliente curiosità in crema estratta
dalle caratteristiche dei nuovi arrivati, specie il polacco visto che
Vecino non ha ancora ottenuto il passaporto italiano, sperando che il
padre non sia quel Caruso che conosciamo e che abbia invece conoscenze
in alto, magari con qualche Papa che ci metta una parolina buona per
allontanare la sfiga. C’è bisogno anche del ritorno di Pizarro e quello
di El Ham che sembra il più capace di puntare con cattiveria la porta
senza tanti giri di parole, sperando che Larrondo possa sorprenderci in
positivo. Ma per il bene della Fiorentina c’è bisogno soprattutto di
serenità e di tanto equilibrio, il girone di andata è lì come una stele
per ricordarci le grandi doti di questa squadra, un monito a non creare
dualismi o polemiche, perché anche la squadra adesso avrà bisogno di
posteggiare gli episodi negativi nel dimenticatoio, per affidarsi al
sistema automatico di ricerca del box libero dove scaricare la delusione
e dove andare a ritirare la propria auto-stima bella lavata dagli
schizzi di sfortuna e con il pieno di fiducia.
domenica 27 gennaio 2013
Buon compleanno Tommy
Come
dicevamo ieri, e a maggior ragione dopo aver visto l’omaggio di
Tarantino a Corbucci, quel Django che gasa più di un produttore di
prosecco, dopo che la Lazio paga dazio e dopo che piove anche sulla
Juve, davanti a tutto questo dopo, che riempie gli occhi come la bocca
del gatto con un bel topo, dopo tutto questo grasso che cola che non è
certo pizza e Coca Cola, la Fiorentina non può certo fare la bella
statuina ed esimersi da una bella vittoria. Al limite, se proprio si
sente di scolpire un’opera d’arte, lo faccia con la statuta della
vittoria, così tanto per non trasformarci in statue di sale facilmente
intaccabili dalle mogli e utilizzati quando bolle l’acqua. E’ stato un
bel sabato, in grado di caricare ulteriormente di aspettative la
domenica, come la Rita il cestello della lavatrice, e mentre lo fa ma mi
mostra perplessa il nodo che avevo fatto al fazzoletto per non
dimenticare che oggi è il giorno della memoria e del compleanno di
Tommaso, il suo quattordicesimo, ma col cavolo che gli compro il
motorino, crostoni di cavolo nero quelli si prima delle lasagne, si
insomma, non glielo compro per adesso, prendo tempo cercando di
corrompere la sua voglia di due ruote con una bella sacher, prendo
tempo, si, forse il tempo che occorre alla lavatrice per arrivare a
centrifugare le mie ferme convinzioni. Ci vorrebbe il gol di Larrondo,
lo stop congiunto di Napoli, Roma e Milan, a reti unificate come un
discorso di un Napolitano corrucciato proprio dalla sconfitta
inaspettata, e se non proprio unificate almeno impallinate mentre noi
gonfiamo quella del Catania. Mi aspetto di rivedere la Fiorentina che ci
ha riempito gli occhi nel girone di andata, con la stessa personalità e
voglia di giocare a calcio, e Pizarro o no ammazzare tutte le
perplessità, proprio come Django, il bene che prevale sul male, un
Tarantino su un leccese, un uomo franco su un bugiardo, il bianco sul
nero, insomma, una vittoria che sia come il cameo interpretato da Franco
Nero nel nuovo film del pugliese Quentin. Buon compleanno Tommaso, che
tu possa prendere la vita di tacco come la Fiorentina la partita di
oggi.
sabato 26 gennaio 2013
Vietato distrarsi
Adesso
bisogna iniziare a risalire la classifica portando via l’intera posta
da Catania, senza affrancare o mettere tempo in mezzo anche se la scala
dei valori è ripida e tagliente come una katana. E se vogliamo davvero parlare
di mercato con cognizione di causa, fermandoci almeno un attimo a
riflettere alla stazione dell’intera posta su chi sarebbe più adatto a
fare cosa, invece che riempirci la bocca di sudamericani sarebbe più
realistico pensare ad un norvegese più adatto a risalire come ci
insegna la natura grazie ai salmoni. Comunque sia non ci resta che vincere, e
da quel Massimino che non è certo il povero Troisi, bisognerà riportare
a casa segnali Benigni a proposito di quel tumore che ha attaccato le
cellule della classifica di gennaio, e al massimino, se proprio non c’è
nient’altro da fare, bisognerà obtorto collo farsi piacere anche un
pareggio che saprebbe però tanto di brodino di pollo, e solo se ben
sgrassato potrà essere una magra consolazione, altrimenti non ci resta
che piangere, una magra consolazione, se dovrà essere, da accompagnare
magari con una buona mostarda di Cremona o con una più nostrana salsa
verde speranza. Sono categorico nelle aspettative e pitagorico nel conto
della serva che mi aspetto come resto da questa trasferta siciliana,
non accetterò creste dopo aver disinnescato quella più pericolosa di
Hamsik domenica scorsa, perché la Fiorentina dovrà imporre la propria
superiorità e dimostrare con i fatti di voler assolutamente vincere
questa partita, senza se e senza ma che è l’essenza di una grande
squadra. Perché se vogliamo portare due fiori al cimitero allora andiamo
pure a Trespiano che di ipotesi e obiezioni son piene le fosse. Quello che
mi aspetto dalla spesa siciliana del resto è matematico, vittoria uguale
a tre punti. Perché quella di domani è una partita che ci impone di
imporci per non buttare il resto del campionato ai porci, e proprio per
non opporci a quel domani che sembra venirci incontro a piene mani. Non
mi aspetto altro che una vittoria quindi, voglio una grande partita e
non una partita grande come un capodoglio, una prestazione convincente,
lontana da qualsiasi alibi o governo di coalizione per condurre la
partita all’armistizio come fece il maresciallo Badoglio. Ci vuole solo
una dimostrazione di forza, o qualsiasi altra cosa che sia sufficiente a
non permettere nemmeno all’arbitro di contaminare la scena di una
vittoria a scena aperta. Come oscena risulterebbe invece una qualsiasi
battuta d’arresto, inaccettabile anche l’ipotesi di costituirsi ad un
pareggio che ci lascerebbe nei paraggi della delusione a meno che non
stai perdendo quindici a zero e poi recuperi. Sono molto concentrato
sulla trasferta etnea, nella preparazione della partita potrebbe
battermi solo quel Mutti che quando allenava e non era polpa era doppio
concentrato, mi aspetto davvero tanto e quindi non accetto nessuna
distrazione, del resto non mi manca niente, pizza, birra e la partita
della Fiorentina. Come da foto allegata, non le solite chiacchere.
venerdì 25 gennaio 2013
A Ozpetek gl'importa una sega del riscontro
Non
si può certo dire che è stata alla finestra, perché in questa finestra
di mercato la Fiorentina non solo non ha mangiato la solita minestra di
un calcio ai tempi della crisi, ma non si è buttata neanche dalla
finestra. Ha scelto di guardare lontano e non dalla finestra di fronte,
ha preferito Wolsky a Ozpetek incurante del riscontro, in poche parole
ha programmato, ha scommesso pur non essendo Buffon, non è stata miope,
non ha creato quel disagio che entra addosso all’intervistatore quando
non sa se Marotta guarda in camera o in cucina, quella tensione tipica
hitchcockiana della finestra sul cortile per capirci, e soprattutto non è
rimasta ne in mutande e nemmeno con il cerino in mano come Cellino con
il nuovo stadio. Con l’acquisto di Rossi ha mostrato il petto alle
ambizioni, un seno che dimostra senno anche se ancora non tutti lo
sanno, legati come sono a certi legacci psicologici che sono molto meno
stabili di quelli nuovi del ginocchio di Pepito, che poi sono quei
crociati che non sono nemmeno i controlli della Finanza, perché quelli
sono incrociati, e ne tantomeno sono sbattuti in prima pagina perché
quello era invece Incocciati, e poi sono crociati che non faranno
nessuna guerra santa a meno che non si nomini Prandelli. E così adesso
Lud scrive centoquaranta commenti e il Delfino chiede il riconteggio
delle schede. Legati a certo malcostume come quello di pagare i pizzi ai
procuratori invece di toccare i merletti, avvinti come l’edera di Nilla
Pizzi, o come il nulla di chi fa mercato con il prestito di Pozzi. Poi
ci sono gli incroci di mercato, quelli dai quali transitano trattative
senza lasciare più traccia, accordi che valgono come la carta straccia,
passaggi di meteore per i quali nessuno le vesti si straccia, tifosi
gelati da notizie di trattative saltate e gelati alla stracciatella che
come il pistacchio sono un classico del mercato del gelato, mentre
Pistocchi è la classica espressione del giornalismo congelato da
ipermercato. Insomma ipotesi d’incroci che alla fine non si sono
verificati e poi incroci magici come quelli con il Villareal, ormai
tutta pappa e ciccia, culo e camicia, Criss e Cross che sono invece
quelli che non arrivano mai dal fondo sulla testa di Toni perché Pasqual
è attratto da quelli stinchi di santo dei difensori che usano
parastinchi con l’immagine di Prandelli. E così adesso Lud scrive altri
centoquaranta commenti e il Delfino attacca la magistratura politcizzata
rea persino di mangiare i bambini, un po’ come Antoine che dichiara
d’ingerire solo tofu mentre muore dalla voglia di Sau. Il famoso
Playtex, insomma, che non è la bomba di mercato di Louis, che non
proviene dalla vecchia Europa e nemmeno dal vecchio West, ma che esalta
certe forme di mercato avveduto come quelle di un bel seno sostenuto, e
non come quello fatto con il senno del poi, perché a Firenze si è voluto
adirittura esgerare con la pianificazione, e alla canonica misura da
miss ha risposto con molti novantadue che sono un seno di più grande
talento, più di un classico seno novanta. Il duo che lavora in parallelo
proprio come un seno, a differenza di un seno nudo non lascia
trasparire niente, lavora dietro le quinte pur sapendo che sono donne
dalle misure maggiorate, che gli permettono però di portare a casa
l’obiettivo senza la fastidiosa luce della ribalta. Un monte di parole,
insomma, voli prima pindarici e poi low cost, lancio di pirulini dalla
finestra per colpire qualche gobbo alla schiena, fantasie di mercato, ma
adesso va riportato in primo piano la partita che ultimamente ci
ricordiamo esistere solo dal venerdì in poi, un evento che per qualcuno
dura novanta minuti e per qualcun’altro invece fa si che è la sessualità
a diventare dura perché provocata da quei novanta minuti che ricordano
tanto le emozioni provocate dai novanta gradi. “Tu me provochi e io me
te magno!”
giovedì 24 gennaio 2013
3
Forse
ci siamo. Si ricominicia a godere. All’alba di una trasferta che
dovrebbe risultare preziosa come un tartufo d’Alba, siparietti o non
siparietti dei soliti reietti, siamo alla ricerca di una vittoria la cui
assenza è ormai datata come Alba Parietti. L’odore sembra quello buono
di un tartufo bianco da non confondersi però con il puzzo che viene
fuori da un risultato in bianco. Come dicono quelli bravi il trend
sembra invertito dopo la bella prova di domenica, e se è vero che non
ha costituito niente di straordinario ma un solo punto, ha staccato
almeno un certificato di sana e robusta costituzione. La squadra c’è,
anche Larrondo ha già visto Firenze sullo sfondo, Vecino è passato sotto
l’Arco di San Pierino mentre Wolsky sfrecciava sul Viale dei Mille
sopra un Sulky. Che si ricominci da tre allora, come Troisi, e con i
sorrisi al posto dei troiai per niente condivisi di certe cose scritte
solo per rizzare questioni che invece andrebbero tenute ancora nel
cassetto di chi ha a cuore la questione stadio e non di chi invece
vorrebbe fare in modo che tutto finisca nel cassonetto. Tre come i tre
punti dei quali sentiamo la mancanza come del cibo quando l’eco diventa
troppo forte nella panza, la stessa mancanza che sente il fedigrafo
della su’ ganza e la sposa quando fiinisce la festa e si spoglia di
tutta quell’organza. Tre come gli uomini nuovi che speriamo non siano
quelli delle barzellette, anche se nel nostro caso non c’è l’italiano,
il francese e il tedesco, ma un argentino, un uruguayano e un polacco.
Tre come gli uomini in fuga con Louis de Funès, come i fuggiaschi Della
Rocca, Olivera e forse Viviano, mentre per i profeti del
ridimensionamento quel Funès lì potrebbe essere strumentalizzato e
diventare Funes Mori con scappellamento a destra forse antani come
specchietto per le allodole prematurato solo per evidenziare i mancati
investimenti dei pontellizzatori, quel Rogelio che fa rima con Delio
portato in trionfo mentre tra uno stonfo e l’altro a Firenze ha fatto solo un
bel tonfo. Tre come il numero perfetto, Montella, Macia e Pradè ma
anche come il gioco delle tre carte di chi usa la tessera sanitaria,
quella della Coop e quella di Sky per fare apparire improvvisamente
quella da giornalista, e il problema a quel punto diventa lo streaming
che si blocca come appunto la dismissione dei Della Valle oggi
improvvisamente ravveduti solo grazie ai profeti dei feti, quelli degli
investimenti buttati nel cassonetto dai marchigiani, profeti che con la
loro denuncia hanno permesso di ricaricare la pagina, far ripartire così
l’immagine e infine il progetto. Come per incanto. Mentre qualcuno
propone che certe tessere di giornalista vadano messe all’incanto,
magari rilanciando come all’asta di Montolivo, o se asticella, meglio se
messi direttamente in cella. Si, gennaio sta finalmente sfilando via
come certi indumenti che una volta arrivati al capolinea aprono scenari
importanti come le coppe più importanti, o per chi preferisce misure più
contenute, stanno dentro alle coppe di champagne, che permettono
soprattutto l’apertura delle gambe che a loro volta permettono l’accesso
ai tre punti fondamentali che fanno classifica oppure fanno di meglio
se senza “classi”. Il punto di ritrovo è davanti alla Porta del Paradiso
che è come quella del Battistero ma che non è affatto un mistero anche
se dentro c’è un gran nero e non bisogna avere paura, per arrivare poi
al mitico punto G e da lì alla tipica contraddizione in essere
all’italiana che si esplica proprio dentro alle passere, che è un punto
fermo assoluto ma che consiste per l’appunto nel muoversi quando si è
dentro, un punto fermo nel quale più ti muovi e più godi. E allora
muoviamoci e andiamo a prenderci questi tre punti, sennò si diventa
ciechi.
mercoledì 23 gennaio 2013
Trenitalia "buhaiola"
Ieri
sono stato tutto il giorno a Milano, di cui sei ore a strasciconi
ostaggio di Trenitalia che almeno ha scelto di non inviare nessun
brandello di orecchio alla Rita. Non ho letto niente sulla Fiorentina e
neanche seguito la discussione sul blog, non ho nessun aggancio col
mondo del calcio se non quello di essere passato davanti a Giannino e
alla Saras, senza però incrociare ne Galliani con il fantasma di Kakà e
ne Moratti accerchiato da giornalisti vogliosi di sapere a che punto
fosse la trattativa per portare a Milano quel Durbans che anche se solo
in comproprietà risolverebbe almeno in parte il problema orale anche se
non quello del gol. Praticamente non so una sega di quanto è successo
ieri, è vero anche che ieri sera ci sarebbe stata una semifinale di
Coppa Italia, ma io scrivo prima, scrivo come Silvio Pellico durante la
detenzione e scrivo quindi le mie prigioni alle quali mi ha costretto
Trenitalia, della partita non me ne può fregare di meno. Treno
Frecciarossa 9555, 1° Business delle 18:20 da Milano Centrale, la
mattina scorre come da programma mentre il pomeriggio no, quello è
affetto da eiaculazione precoce e così alle 12:30 sono libero compreso
il bidè già fatto, e potrei quindi ritornare a Firenze con qualche ora
di vantaggio se non fosse che l’anonima sequestri mi fa presente che con
quel tipo di biglietto comprato on line con un qualche cavolo di
offerta non è possibile effettuare nessuna sostituzione, di fatto sei
ore in mano ai rapitori a meno che la famiglia non fosse disposta a
pagare un riscatto pari ad un nuovo biglietto, cercando di evitare con
depistaggi vari il blocco patrimoniale predisposto dalle forze
dell’ordine, visto anche che la mia azienda col cavolo che me lo
rimborserebbe. Diciamo pure uno di quei sequestri lampo che vanno per la
maggiore. Come se non bastasse e vista la malaparata chiedo ai
sequestratori di poter affrontare questa detenzione per ingiusta causa
scontandola almeno in un ambiente il più confortevole possibile come
sembrava essere lo spazio appositamente adibito e predisposto nelle
stazioni dove transita l’alta velocità, battezzato Freccia Club. Manco
per il cazzo mi si risponde, perché lì ci può accedere solo chi ha un
biglietto business come il mio ma nella formula “salottino” oppure
“executive”. Altrimenti tessera Freccia Club come se non bastasse
quella dei tifosi, un’operazione marketing vergognosa. Allora chiedo da
dove traggono ispirazione e mi viene mostrato con orgoglio l’albero
delle idee che riporto nella foto di copertina dopo loro precisa
richiesta. Poveri stronzi. Ma andate affanculo razza di barboni,
discriminatori sociali e pezzi di fango, ideatori di centri asociali. Viva Della Valle e viva NTV, accogliente, politicamente corretto e
democratico, tanto che ti accoglie a Casa Italo, lo spazio equivalente
al Freccia Club di questa minchia, semplicemente perché sei un cliente,
qualsiasi biglietto tu abbia acquistato, e lo fa oltretutto facendoti
posare il culo su Poltrona Frau e non su quel trionfo di vilpelle che ha
lo stesso effetto dell’ortica. Allora utilizzo l’impedimento tecnico
per alimentare un po’ anche l’anima gastronomica del blog sempre troppo
trascurata e disintossicandola anche un po’ da un calcio ai tempi di
Romeo. E sfrutto le ore d’aria che Trenitalia mi concede solo perché
così non gli sporco quell’immondezzaio di Freccia Club del cazzo e vado a
mangiare la migliore pizza a taglio di Milano, basta imboccare Corso
Buenos Aires e prendendo una qualche traversa sulla destra si arriva da
Spontini, locale scarno e quasi squallido quanto Trenitalia, con tavoli
di formica, scortesia funzionale a chi ha bisogno di liberare il tavolo
perché c’è sempre la fila, con un locale non certo piccolo tanto per far
capire di quale fenomeno si stia parlando, locale dove vanno i
milanesi, Sponitni che segue ancora la ricetta degli anni cinquanta, in
un unica versione, con pomodoro, mozzarella e qualche acciuga... Un solo
tipo di pizza, l’unica cosa che si può scegliere è la versione
abbondante. Fine. Una gran pizza, un trancio incredibilmente alto,
soffice ma croccante alla base, cotta nel forno a legna e ricoperta di
mozzarella, insomma unica, il segreto è nella pasta e nella
lievitazione, ma anche nel condimento. Non puoi prendere nemmeno il
caffè, puoi solo mangiare quella pizza lì, buona e trasversale a tutte
le età e target, mentre per Trenitalia è d’obbligo pensare a un menù
più vario, o almeno a qualche ingrediente in più del tipo “capperi”, e
questa sarebbe l’esclamazione aggiuntiva, “che teste di cazzo”, questo
invece come per Spontini dimostra quanto anche loro siano unici nel loro genere.
Leggo solo adesso di Wolsky, troppo tardi ormai. Sono stanco e tra un
po’ anche già a Venezia.
martedì 22 gennaio 2013
Quel che resta della testa
Una
settimana all’insegna del caseario, un comparto che a Firenze riesce
nel non facile parto di rendere vero quello che del pensiero dovrebbe risultare invece uno scarto, capace cioè di mettere alla luce il
paradosso intrecciato con l’inverosimile, capace di farlo con la stessa
elasticità mentale di un carapace. Una settimana, insomma, dove la
treccia da calare da quella torre che un tempo fu Toni, oggi a Firenze è solo quella di una bufala di giornata. Si è cominciato con la Lampard di
Aladino dove “ala” è il finale di bufala e “dino” quello di truffaldino,
poi si è passati senza colpo ferire alla ventilata cessione di
Roncaglia, così ventilata che alla fine ci ha rimesso il povero De
Sanctis preso d’infilata dalla folata di una notizia inventata.
Larrondo, intanto, nel menù del venerdì aveva scelto un infortunio al
ginocchio invece del pesce, e la comanda l’avevano presa i centottanta
camerieri del Guetta dopo aver assistito agli allenamenti con la cucina a
porte chiuse, come del resto certe vene che non sono quelle creative ma
quelle che dovrebbero trasportare il sangue e l’ossigeno in sala
macchine. E alle porte chiuse dalle quali evidentemente non si vede una
sega, figuriamoci l’infortunio al ginocchio di Larrondo, facevano da
contraltare i casi aperti come il difficile rapporto Viviano-Montella e
l’irruenza di Roncaglia che mentre preparava il soffritto sul gol di
Cavani ha fatto piangere il sensibilissimo Failla impietrito persino
davanti ad un polpo lesso scambiato per il trial del film cult di
Tarantino. A qualcuno evidentemente pesa troppo la testa, la foto di
copertina mostra infatti il giornalista fiorentino medio, un martello
piegato dal peso delle proprie brillanti considerazioni, come quelle di
chi ha dato l’insufficenza a Cuadrado e Aquilani, compensando poi con la
sufficenza a Bergonzi mentre non c’è stato un solo giornale sportivo
nazionale che l’abbia fatto. Una testa che non dice il vero, che sembra
quella di un maniaco che cerca di adescare gli errori di Neto sul gol di
Cavani direttamente dai giardinetti della propria adolescenza triste.
Forse il girone di andata ha fatto girare un po’ troppo la testa a chi è
evidentemente astemio alle emozioni intense, abituato com’era a quelle
melense della doppietta di Montolivo contro il Novara City, e qualcuno
prende spunto dal calendario per mettere in evidenza che nel
duemilatredici la Fiorentina non ha ancora vinto, e chi se ne frega
quindi se uno guarda sempre e solo il lato positivo invece della
televisione, perché qualunque cosa tu voglia fare con il tuo televisore
il canone è un imposta obbligatoria legata al suo possesso, ricordandoci
così di ripagarci con qualche altra cazzata entro il trentuno di gennaio.
Una mancanza di qualsiasi logica, anche perché spesso abbandonata
proprio in salottini televisivi dove il testa a testa tra le teste di
cazzo presenti viene deciso neanche sul filo di lana ma su quello di
lattice grazie ad uno speciale serbatoio utile per conservarci intatta
la registrazione della puntata. E la curva, intanto, probabilmente dietro
suggerimento di chi aveva visto l’infortunio al ginocchio di Larrondo,
espone striscioni di squadra, quelli per intendersi che aiutano a
cementare il gruppo, o forse è probabilmente solo il frutto di un gruppo
sanguigno sfavorevole che determina poi certe iniziative prive di
testa. A Firenze, insomma, ci sono tifosi e giornalisti che condiscono
il pinzimonio dei loro giudizi crudi con l’olio di sansa, una categoria
alla quale dovrebbero dedicare il conio di una moneta sulla quale
eliminare la testa per lasciargli solo la croce da trascinare sul
Golgota del proprio destino, oppure intitolargli semplicemente un
manicomio. Noi che tra testa e croce scegliamo la testa di Gonzalo
Rodriguez, siamo convinti che la squadra possa riprendere al più presto
il passo del girone di andata, un rendimento che ci garantirebbe non
solo un piazzamento finale di prestigio ma anche di evitare l’escalation
dolorosa di chi dalla testa estrae una sostanza maleodorosa, tifosi con
l’alitosi che con qualche perfida fiatata si vogliono distinguere
proprio da chi è invece abituato a tenere sempre la testa a posto.
lunedì 21 gennaio 2013
Miele di perspicacia
Partita
prima bloccata, giocata sui lanci lunghi per cercare di scavalcare i
ranghi, e poi sbloccata proprio da uno di quei lanci lunghi che vede il
portiere e il difensore napoletani intervenire come oranghi. Seguito da
dieci minuti di musi lunghi, quelli dei partenopei almeno fino alla
frustata dai capelli lunghi di Cavani in torsione, che Facundo ha potuto
ammirare solo più tardi in televisione, con il muso lungo. Di
Barcellona solo un ricordo, ombre lunghe se non a macchia di Leopardi in
quel rimembramblas ancora quella tua manovra mortale quando beltà
splendea tra il giro palla di un Pizarro che oggi invece ricorda più
Enea per le sue peregrinazioni lontano dal campo, e Jovetic lontano dal
gol che sembra più anchilosato ancora del figlio di Anchise. Qualche
ricordo in mezzo a una partita che per lunghi tratti, e sotto la
pioggia, poggia il suo equilibrio scivoloso dentro a schemi astratti, si
cerca il taglio nella tela, ma a differenza di Fontana, senza trovare
nessuna ispirazione se non quella suicida di De Sanctis, che a proposito
di portieri non è Fontana e nemmeno Taglialatela, trovando però il
multiplo di Cavani numerato a cento esemplari in serie A. Una volta si
sarebbe detto partita maschia, oggi per via delle pari opportunità si
deve per forza dire anche partita femmino pur senza Montolivo, con poche
opportunità ma quelle poche in grado di mettere in luce il buon momento
di Neto e gli errori sotto misura di JoJo e Aquilani che avrebbe potuto
suggellare la sua bella partita e allo stesso tempo uccellare la difesa
del Napoli. Partenopei che invece di quello di San Gennaro assistono al
miracolo di Neto su Pandev, e i Viola che invece di quella di San
Gennaro assistono alla liquefazione del top player Jovetic. Una bella
partita muscolosa dentro alla quale la Fiorentina ha dimostrato di
valere il Napoli, gestendo la fatica per gli straordinari di Coppa non
retribuiti, e trovando la forza di chiudere in avanti. La squadra di
ieri, quella cioè priva di Pizarro, del miglior Jovetic, Valero e
Cuadrado, quella dissanguata in coppa ha giocato la partita tatticamente
più giusta anche se meno blaugrana, quella necessaria ad affrontare con
profitto una squadra robusta e scorbutica come quella azzurra, comunque
una gran bella partita, una partita differente come certe banche, con
la difesa che ritrova la giusta venatura del marmo, solida, compatta che
lascia al Napoli solo le briciole sufficienti però a sfamare l’unico
top player in campo. Il primo punto del duemilatredici inverte una
tendenza che sembrava quella della grande depressione, la crisi del
ventinove o crollo di Wall Street, quando oggi rimane da superare solo
la crisi di Jovetic e quella del gol. Una squadra che non è solo bella
ma che dimostra di avere anche cuore, che rinuncia se necessario a
mostrare le sue forme sinuose per tirare fuori i muscoli e il carattere,
adesso ci aspettiamo di risentire in bocca il sapore inconfondibile
della vittoria, quel dolce come il miele, o anche solo quel miele, si
proprio quel sapore lì che un po’ ci manca, quello che ho cercato di
rappresentare nella seconda foto, perché il suo ricordo è ancora un po’
troppo lontano.
domenica 20 gennaio 2013
Una partita sproporzionata
C’era
una volta una partita sproporzionata, una partita di calcio spezzatino
sporzionato sul piatto che piange direttamente da una cucina piovosa
all’ora di pranzo, servito ai tifosi Viola dopo che la mucca del lilla
che invoglia ha brucato tutto il campo per drenarlo, mentre i tifosi
napoletani, corna, bicorna, aglio, frattaglie, fattura ca nun quaglie,
temono invece che la mucca sia un cavallo di troia nel quale si nasconde
una brutta sconfitta. Poi c’è anche qualche figlio di troia che invece
non gliene può fregare di meno se la principessa è grassa come una
mucca, oppure se è troia, ne se arriva o non arriva in
carrozza, perché quello che importa è che dentro la carrozza ci sia la
mozzarella. Una partita dove non servono i buoni sentimenti, o almeno
servirebbero se fossero Ennio (I), Arnaldo (II), Vittorio (III), Lucidio
(IV) e Primo (V), una famiglia piena di Sentimenti che riempiva le
squadre non solo di buoni giocatori ma anche di buoni propositi. Questa
però è una partita dove è vietato essere buoni come il pane, dove la
fase difensiva non deve essere di marzapane, dove non c’è Glenn Hysen e
ne tantomeno Hansel e Gretel, ma dura come un tozzo di pane, dura ma
leale, con frasi non certo da fiaba come voglio vedere il sangue,
sostutuite con il pomodoro San Marzano, e con la difesa del Napoli
intenta a fare una bella pizza difensiva con la quale sfamare il
nostro desiderio di ritornare alla vittoria. E’ una partita sproporzionata
perché priva di un giocatore scapolo ma allo stesso tempo coniugato,
quel Larrondo che essendo gerundio è soggetto a infortuni perché sempre
in movimento, sarebbe bastato un Larrondò per aver già superato
l’infortunio al ginocchio o un Larrondrò per rimandarlo a un un futuro
prossimo. In un calcio sproporzionato dove c’è l’unico Vigile che mi fa i
complimenti invece delle solite multe. Intanto il bello addormentato nel bosco
Jovetic baciato dalla buona sorte si risveglierà dalla pennichella e
una volta ripresa coscienza di essere ancora un top player e non una
semplice Ranocchia, nella ripresa segnerà le due pere della foto. Lo
gnomo Pek come in tutte le più belle favole alla fine giocherà e salverà
la Fiorentina dall’antipatia dell’orco Mazzarri, uomo che mal si adatta
a una visione fiabesca di una domenica da cani, perché uomo ruvido e
specifico dei giorni nostri, un mastino napoletano ringhioso e bavoso,
un inelegante che inala rozzezza puzzolente come l’acqua di Sirmione, un
burbero spesso in maniche di camicia salvato spesso dalle prodezze
Cavaniche, un uomo che per coerenza scenografica oggi dovrebbe
ritrovarsi nel bel mezzo di una partita incolore del suo Napoli, lui
certamente più adatto al bianco e nero come in un film di Spike Lee,
lui che è un vero afronapoletano della lamentela, e se è vero che la
fiaba è quanto di più distante gli si possa accostare, vogliamo comunque
accontentarlo inserendolo nel suo ambiente più naturale, tanto che per
amore della sua estrema praticità lontana da sogni e poesia, e per un
uso iperrealista della fotografia a lui più congeniale, che non sia
insomma così volgarmente fanciullesco come la foto di copertina, ma per
non cambiare il senso a noi tanto caro, comunque sempre due belle pere
gli vogliamo regalare.
sabato 19 gennaio 2013
Rattop player
Non
è facile costruire una squadra, gestirla, quando necessita cercare di
correggerla in corsa, e si parla di chi questo lo fa di professione, di
chi la squadra la gestisce come fosse una casa chiusa, parecchio chiusa
all’esterno, con la tenutaria che ne conosce gli equilibri, tutti gli
spifferi fino all’ultimo dei mugolii, insomma di chi conosce bene la
materia dall’interno come hanno dimostrato Pradè e Macia nella
costruzione e Montella nella gestione. Perché poi c’è invece chi va solo
a trombare, c’è il tifoso che ragiona sul risultato, che gode o si
lamenta, che si esprime in maniera triviale sulla trombata, lontano
molto lontano dal peso di decisioni importanti come quelle della
tenutaria, che sono determinanti a far scaturire poi la qualità di
quell’evento trombata. Al tifoso le opinioni non costano niente, non le
pratica per lavoro ma per passione, non è richiesta una competenza
specifica in materia, ma questo non gli vieta di emettere giudizi anche
severi verso chi invece è pagato proprio per la propria competenza,
nonchè professionalità. Il tifoso non conosce le pieghe del mercato, ma
se ne nutre costantemente come se ne avesse letto gli ingredienti sulla
confezione e non sul giornale, e confeziona così formazioni su
formazioni, per intere giornate e sogna di scrivere la sua formazione
tipo proprio su un giornale. Si approvvigiona di giocatori in tutto il
mondo senza che il campo possa mai imputargli l’inadeguatezza di nessuna
di quelle scelte, senza che il campo ne evidenzi mai una sostanziale
mancanza di equilibri tra i reparti, non ultima la mancanza di
equilibrio proprio in quel reparto dove produce fantasie a ciclo
continuo. Lui lo spogliatoio non lo gestisce mai, lui si spoglia per
godere, i suoi giocatori preferiti sono il frutto di un lavoro di
patchwork, gioca di collage, il suo collegio giudicante è severo e non
ha mai torto, il suo insomma è l’atteggiamento più classico, come un
paio di College. Non tratta ingaggi ma ingaggia discussioni con chi non
tratta ingaggi come lui e come lui ingaggia discussioni, e ce ne fosse
uno che paga un ingaggio. Il vantaggio di questa posizione di forza è la
sostanziale mancanza di pericolo di un esonero nella notte, l’unico
svantaggio è la mancanza sostanziale d’ingaggio percepito comunque anche
in caso di esonero, i suoi giudizi dopo aver perso dimostrano che se si
fosse fatto come diceva lui non si sarebbe perso, ci sono tifosi che
nella loro lunga carriera non hanno mai perso, tutti. I nostri giocatori
ideali sono spesso quelli che non ci sono, le sostituzioni da fare
quelle che non sono state fatte, le scelte proporzionalmente diverse a
seconda del risultato, disaccordo furioso in caso di sconfitta,
concetti, idee, intrpretazioni in luna di miele dopo una vittoria. Metti
quello, togli quell’altro, a quello e a quell’altro ci vorrebbe la
qualità di quell’altro ancora e che invece manca ad entrambi, e allora
forse avrai il giocatore tipo che ti manca per la fascia destra, perché
per quella sinistra ci vuole gente di fascia equatoriale. Mi sono preso
la briga di fare uno studio inserendo i dati incrociati di tutti i
commenti inviati in un anno di vita del blog, escluso solo quelli
riguardanti i crociati di Pepito Rossi per evitare di fare confusione
con i controlli incrociati. Un software ha elaborato la quantità di
indicazioni che sono state inserite in questo anno di dissertazioni
tenendo conto di fattori determinanti come il giorno, l’orario ecc,
filtrando quindi anche aspetti che incidono poi sul commento, come per
esempio la stanchezza di un suggerimento dato di venerdì invece che di
lunedì quando si è più riposati, oppure la lucidità di una metà
mattinata invece di una tarda serata dove qualcuno ha alzato il gomito
pur non essendo in mischia. Il software ha quindi elaborato il giocatore
tipo del blog, il volto e il seno sono la conseguenza di una fissazione
nota, non è stato possibile mostrarlo di spalle perché il sistema ha
rilevato qualcosa di più di una fissazione, il resto è quello che Pradé e
Macia dovrebbero comprare per risolvere il problema del gol, i pezzi
mancanti sono stati fermati in dogana. I componenti metallici sono in
realtà d’argento, argentini quindi. E naturalizzati.
venerdì 18 gennaio 2013
Viagradinata
E
così alla fine è arrivata la crisi mistica, il tifoso mastica amaro, e
dopo le tre scoppole della vita non sa più chi è nemmeno dalla vita in
giù. Ma chi è diventato allora il tifoso Viola dopo il tracollo e dopo le
sconfitte arrivate tra capo e collo, quali sono oggi le sue emozioni, si
sono travestite di delusione o è lui che per il dispiacere è diventato
un travestito. Che cosa prevale quindi dentro di noi, qual’è il nostro
aspetto interiore, trasandato per la delusione cresciuta come una barba
di due settimane, oppure dentro ognuno interpreta il finto trasandato,
un ultras andato e datato, oppure uno sornione e consapevole di provare
ancora piacere anche dopo qualche battuta d’arresto perché conscio di
avere comunque iniziato un percorso virtuoso che vede ancora il bilancio
positivo, che poi alla fine è l’aspetto della questione che più
c’interessa davvero, lui si sempre gradevole. E questa consapevolezza
rimane comunque affilata come un buon rasoio mentre si è scatenata una
tempesta tra l’ormonale e l’anormale, si sono perse le certezze, la
sessualità vacilla, le credenze popolari insinuano tarli più voraci di quelli
che ci sono nella credenza della nonna, e avanzano fino a scadere nella
Pescaramanzia, tre sconfitte hanno fatto uscire la vera belva che è in
noi, non rimane adesso che tagliarsi la barba per mettersi l’Acqua
Velva. E gettare così anche un po’ di Acqua Velva sul fuoco. Aspettiamo il
Napoli per capire meglio se siamo carne oppure pesce, se proseguiamo il
cammino con le nostre gambe o se il pesce tra le gambe ce l’ha solo
Cavani. Insomma qual’è oggi la nostra identità dell’umore, una collana
di sconfitte in una perla di girone d’andata, oppure una collana di
perle su un petto villoso, e tatuaggi che rendono più volgare un cammino
che sembrava elegante, un rossetto in mezzo a una barba che è
addirittura peggio che avere Rossitto in mezzo al campo. Siamo
letteralmente scombussolati, questo duemitredici ci ha minato le
certezze, la buona sorte non si è limitata a fare orecchie da mercante,
ci ha messo orecchini e piercing, tutta ferraglia per marchiarci e così
riconoscerci meglio prima di calamitarci addosso tutta la sfiga
possibile. E al palo della lap dance dove si avvinghiava una squadra
fino ad allora sinuosa, ha sostituito il suono del palo che sa di
schianto, dove si stampa il dramma e si strozza in gola l’urlo del gol. E
ancora non siamo usciti dall’equivoco delle palle inattive, che essendo
tali sono però le uniche che procreano gol. E menomale che sono
inattive. Allora compriamo una punta inattiva. Mentre anche il passivo
Failla è stato colto da questa crisi d’identità sessuale a momenti,
tanto che la sua soglia del dolore ha superato quella di Jovetic e la
sensibilità ha superato persino quella di Heidi mettendosi a gridare
tutto il suo sdegno per la violenza inaudita scaturita da un addetto che
è scivolato dolcemente sulla copertura del tunnel che porta agli
spogliatoi, è una vergogna! Aveva ragione Conte in quella famosa
conferenza stampa perché aveva intuito prima di tutti la deriva di un
calcio che stava scivolando da solo prima verso il fairiplay e poi verso
il Failla. Dobbiamo rientrare al più presto nel nostro corpo di tifosi
che altro non è che la nostra vera identità, non è facile perché alle
porte c’è il Napoli che non solo non sembra essere d’accordo, ma è anche
un cliente non certo dei più passivi, non proprio disposto a riavviarci
ad un’attività sessuale soddisfacente facendoci da nave scuola. Abbiamo
comunque bisogno di un aiutino psicologico e non, e allora ho pensato a
qualcosa che sia facile e di sicura efficacia. Un interruttore?
giovedì 17 gennaio 2013
Tra il lusco e il brusco
Sfortuna
a parte perché tre legni non sono pochi, sono legni però che non
alimentano affatto la solita lagna dell’alibi della sfortuna, e ne
tantomeno quel cammino in coppa che dopo l’eliminazione di ieri è
diventato al massimo un “caminetto”. La Fiorentina è troppo imprecisa,
soffre maledettamente il pressing alto di una Roma a dir poco
rimaneggiata, che pur in trasferta dimostra di essere a proprio agio tra
lo smarrimento del fido palleggio Viola diventato ormai randagio.
Oltretutto i giallorossi sbagliano una miriade di ripartenze che
avrebbero potuto chiudere la partita molto prima, perché è una Fiorentina che
vacilla tremendamente, come se fosse pressata non solo dal lavoro in
prima battuta degli avanti della Roma, ma soprattutto dalle pressioni
che si sono venute a creare in un duemilatredici che ci fa rimpiangere
la previsione fallita dai Maya. Poi è anche vero che la squadra va
all’assalto, ma è anche vero che sarebbe bastato invece della baionetta
un semplice Baiano, perché tutti girano al largo del gol prendendo come
riferimento lo spigolo dell’area di rigore dove battere delle gran belle
chiorbate. La Fiorentina dei tempi supplementari ha dimostrato almeno
di stare bene fisicamente ma anche di non essere più la stessa, quella
che ci aveva fatto innamorare e che avevamo ammirato nel girone d’andata
scomodando paragoni con il Barcellona, entusiasmo rimasto a bere
delusione fino a tarda notte al massimo in un bar di Barcellona, perché
sì è buttato via un’occasione enorme che ci porta davanti al primo
obiettivo stagionale fallito. Una partita che ha dimostrato quanto pesi
l’assenza di Pizarro, e quanto siano inadeguati i contrappesi Migliaccio
e Romulo, ma che rivaluta anche la figura di El Hamdaoui sempre troppo
sottovalutato e capace invece di fare un mestiere che oggi è scomparso
dalla nostra area di rigore. Nel frattempo anche Jovetic ha smesso di
fare Mister trenta milioni trasformando la manovra Viola in un imbuto,
in un collo di bottiglia dove rimangono imprigionati tutti i buoni
propositi della squadra, compreso Ljajic che svolazza come una zanzara
per rimanere folgorata nella griglia elettrica della difesa avversaria.
Con questo la squadra rimane comunque molto valida, capace di mettere in
campo il cuore e di macinare più di un mulino, ma cosa manca adesso lo
sappiamo ancora meglio e non sarà certo questa delusione a farci
rinnegare la bontà del gruppo messo in piedi in tempi brevissimi,
affrontiamo un periodo di appannamento anche psicologico probabilmente
innescato dalle ultime battute d’arresto, che si somma ad una bella
serie di episodi negativi. La cosa che salta di più agli occhi è che la
squadra ha perso quella sicurezza nel palleggio che l’aveva
caratterizzata e che gli aveva permesso di gestire al meglio il gioco,
in questo senso si è vista oggi la peggiore Fiorentina, con
errori nel disimpegno di Tomovic, Gonzalo ma anche di Aquilani in
quantità industriali, terribile come dicevo la sofferenza sul pressing
alto e bisogna riconoscere che la Roma era priva di Osvaldo, La Mela e
Totti. Romulo un po’ meglio di Migliaccio e Llama di Pasqual, tutti
comunque incredibilmente incapaci di mettere un cross in mezzo su cento
provati, lunghi, corti, alti, sostanzialmente utilizzati non tanto per
mettere in condizione di battere a rete un compagno da posizione
favorevole, ma per abbattere l’avversario di turno, mentre Ljajic
continua invano la caccia al fantasma dell’eurogol quando potrebbe
essere più utile cominciare a farne qualcuno anche più facile. La
delusione più grande si chiama Jovetic che prima di ricominciare a fare
la differenza potrebbe intanto integrare qualche nuova finta a quelle
solite due e magari ricominciare a inquadrare la porta, peccato davvero
per questo spreco di energie che si somma ad una delusione che diventa
filotto, e domenica arriva il Napoli di Cavani. Trovare è la parola
d’ordine, bisogna ritrovare il prima possibile la via del gol ma anche e
soprattutto il giocatore più capace di trovare appunto la giocata per
spaccare la partita, Jovetic insomma e non solo nella foto, che invece
sembra essersi nascosto proprio tra il lusco e il brusco.
mercoledì 16 gennaio 2013
OvoMati-na da forza!
Il
tempo della Tim Cup arriva insieme al maltempo che è lo startup vero di
questo inverno, e c’è anche il tempo per fare alcune considerazioni in
controtempo, mentre se ci fosse stato Pato avrei osato un ritmo più
sincopato, con Lucone scelgo di tenere i Toni più bassi. Un quarto di
finale del quale come per il maiale intero non si butta via niente, e
allora ci accingiamo a gustarci tutte le sensazioni che potrà regalarci
questa partita sperando che il finale sia da favola, le premesse ci
sono, le promesse anche, vediamo se le buone intenzioni saranno allora
anche promosse sul campo. Perché quella di stasera è una partita
importante, che potrebbe aprirci il recinto verso una semifnale che per
noi è sempre un evento allo stato brado, ma allo stesso tempo è una
partita da maneggiare con cura, di quelle dal guscio delicato perché
viene dopo due frittate consecutive. Ci sono però anche un paio di
vantaggi nei paraggi di questa sfida al Franchi, e per chi non si fida
ma anche per essere franchi, bisogna riconoscere che uno sarà la
formazione in emergenza della Roma, l’altro oltre al fattore campo nasce
proprio dal doppio scivolone, quasi uno zabaione di emozioni negative
che non permetterà di sederci, ma anzi dovrebbe garantirci una buona
dose di rabbia, che se veicolata nella giusta maniera avrà per il tifoso
l’effetto confortante del Vov. Le ultimissime indicano Borja Valero
recuperato come anche OvoMati-na che invece di dare potrebbe trovare la
forza di fare finalmente la differenza, mancherà probabilmente
all’appello ancora Pizarro che per certi versi è uno di quelli che più
ci terrebbe a questa sfida, e allora chissà che alla fine non ci
conforti con la sua presenza a sorpresa, del resto le motivazioni fanno
molto più dell’uovo sbattuto, del mostro sbattuto in prima pagina o di
una caviglia pestata come il mosto. Dentro ad una partita così
importante e delicata non c’è solo l’obiettivo semifinale che
probabilmente significherebbe qualificazione in Europa League, dentro
c’è anche un altro tarlo per non dire tuorlo che fa accendere la vera
spia rossa di casa Viola, che non è un controsenso cromatico e nemmeno
quella del rosso d’uovo, ma è un tarlo/tuorlo che rischia di far
tracimare il problema oltre l’orlo, e che per farla breve è il problema
del portiere, e visto l’andazzo che ha preso questa presentazione del
match, se non altro per alternanza e per tematica oggi dovrebbe vedere
scendere in campo probabilmente Voviano. Una partita nella quale
mancherà Larrondo come altro motivo di fondo o almeno sullo sfondo, che
deciderà l’avversario dell’orrendo Inter di Stramaccioni dopo che il
Pulcino Pio-li ha sfiorato il miracolo a Milano, intanto il pubblico
romanista incita la propria squadra a Trigoria con uno striscione dove
invita a sbancare il Franchi togliendo di mezzo i possibili alibi delle
assenze, il tifoso Viola invece, più composto e concreto come da seconda
foto, sotto lo striscione ci passa per significare a quello romanista
che vorrebbe andargli semplicemente nel culo.
martedì 15 gennaio 2013
Urca, orca, Porca Valero
La
sconfitta si porta dietro spesso una disperata ricerca delle
responsabilità nelle quali far defluire la delusione, il risultato
prevale sulla prestazione e il giudizio ne risente come la digestione
dopo un’abbuffata di gol nella propria porta. Anche Ljajic in questo
crogiolo di depressione alla fine non sembra diventare solo una semplice
capra capace di pascolare driblando i paletti che la tifoseria ha messo
davanti alla propria soglia di sopportazione, non solo quindi capace di
brucare in slalom lontano dagli occhi e lontano dal gol, ma sembra
oltrepassare addirittura quella soglia mangiando Nutella invece della
foglia, diventando di fatto una capra espiatoria. Poi con lo stesso
principio e con tre salti pari al dislivello che c’è tra quando si vince
e quando si perde, tra quando si prendono e quando si fanno tre gol, si
è dato il via ad una cascata di mormorii invece delle Marmore, mugugni a
Firenze eterni invece di Terni, naturali mal di pancia invece di
polemiche artificiali frutto di cascate a flusso controllato. Insomma,
un incontrollato modo di giudicare, un serbatoio critico invece che
idrico, che non preserva niente e nessuno a differenza di quello di un
preservativo che qualcosa di costruttivo invece trattiene. Ma anche
senza preservativo magari durante l’aperitivo, a Firenze le critiche
non saranno mai procreative. La sconfitta è per noi una cascata negli
inferi dell’umore, niente ci può consolare più del rancore, la rabbia è
il nostro calcio di rigore, ai dieci piani di morbidezza Firenze
risponde dagli undici metri di scontentezza. Invece delle classiche
caramelle Fallani al rabarbaro ciucciamo quelle al raburbero dopo che il
destino ci ha preso in fallo, e allora anche Larrondo diventa Lorrendo,
Rossi è rotto e magari non è più così mobile come la donna e allora
sarebbe stato forse meglio prendere Immobile e così avremmo cantato la
“donna immobile qual piuma al vento”, visto che a Firenze ci facciamo
addirittura vanto che persino il Savonarola è stato oggetto “di quella
pira Lorrendo fuoco”, perché il tifoso fiorentino è un vero Trovatore di
malessere. Confesso che qualcosa però sta cambiando in me, perché la
Fiorentina di quest’anno mi fa uscire dalle sconfitte come da un
ristorante dove hai mangiato bene anche se il conto è stato un po’
troppo salato, per me che con la cultura ho avuto il solito problemino
di Ciccio Graziani, quello cioè dello stop a seguire, e praticamente non
ho mai fatto seguito, non l’ho mai arrestata in tempo e mi è sfilata in
fallo laterale, solo un obbligo come la scuola dell’obbligo. Ma in una
città come Firenze però dove la Fiorentina ci ha regalato una certa
cultura di strada, io che dalla strada ho attinto e poi tinto il mio
murales della vita mi sono fatto una certa cultura della sconfitta. Del
resto i risultati possibili sono tre e se non riesci a tirare fuori
l’asso dalla manica per raggiungere quello più gradito, basta tirare
fuori l’assonanza. L’epiteto trasformarlo in peto, un “porca di qua” e
un “porca di là” almeno in un “urca”, come Borja Valero in Porca Valero,
o anche in un “orca” come del resto la povera orca che salviamo da qualsiasi grave
imputazione perché con noi non diventerà mai assassina visto che la
passione a Firenze non ce la facciamo certo uccidere.
lunedì 14 gennaio 2013
Ghostbusters
E’
ancora un’altra volta bella la Fiorentina di Udine, una squadra che ci
rende orgogliosi anche dopo una sconfitta colorata di giallo, falsata
nel suo magma da quello stesso arbitro che aveva fallito il primo
tentativo fraudolento a Milano perché tradito dall’errore dal dischetto
di Pato che non se l’era sentito di parare il sacco. Una bella partita
anche se coincide con la seconda bella sconfitta consecutiva, e visto
l’andamento di entrambe è roba da ufficio inchieste, se non fosse che il
gol di mano laziale dimostra che l’ufficio in questione è rientrato tra
i tagli della spending review. Mentre a Roma si sostiene con un manuale
di anatomia alla mano, che uno non è che se le può tagliare così tanto facilmente le mani
visto la crisi economica e la conseguente difficoltà ad avere la sacrosanta pensione
d’invalidità. Un Udinese rintuzzata nella sua area e costretta all’unica
soluzione praticabile, il lancio lungo a Di Natale, mai vista una
superiorità così manifesta a Udine nemmeno nella vittoriosa partita di
Tim Cup, come del resto non si era mai visto un pareggio così irregolare
maturato tra un fuorigioco di massa e una bega condominiale sfociata in
un rigore fantasma al culmine di un’assemblea con l’amministratore
sopraffatto dagli interessi di portierato del giudice di porta che non
vuole mollare la guardiola mentre i condomini lo vorrebbero mandare
affanculo. Ghostbusters. E dopo un pareggio frutto di truffa si è
subito formata la muffa sulla capacità realizzativa di una squadra che
gioca un secondo tempo comunque di grande personalità fino a un passo
dall’urlo in gola che invece diventa fuffa, capacità di fare gioco
sfociata poi nel gol fantasma. Ghostbusters. La sensazione era quella di
giocare con la consapevolezza di andare incontro alla vittoria, con
l’ultima giocata spesso mancata di un soffio, con la partita che dava
l’idea, insomma, che quel tocco vincente sarebbe potuto arrivare di lì a
poco, e invece di lì a poco si è andati incontro a una sconfitta
immeritata in un campo dove per la prima volta, e in fase sperimentale, è
stata tolta la regola del fuorigioco, un tentativo di rendere il gioco
meno tattico, che sfocia nella figura nuova del guardalinee presente ma
allo stesso tempo fantasma. Ghostbusters. Guidolin si mette in luce per
un battibecco con Montella dopo essersi lamentato per un calcio d’angolo
malagrado tutto quello di cui era stato omaggiato, una faccia come il
culo che sfocia in una simpatia fantasma. Ghostbusters. Uno stadio
vuoto, la panchina corta, il servizio Rai del Novantesimo che occulta
entrambi i gol in fuorigioco dell’Udinese, la mancata espulsione di Di
Natale per un calcione rifilato ad Aquilani a gioco fermo in occasione
del calcio di rigore, la valutazione della partita troppo condizionata
dal risultato, atteggiamenti e situazioni negative che sfociano in una
domenica fatta di gioia fantasma. Ghostbusters. Ci riportiamo a casa un
problema portiere invece dei tre punti, con Neto che si butta nello
stesso laghetto delle papere di Viviano, adesso dovranno entrambi
superare il fantasma delle papere. Ghostbusters. Si è vero, mancanza di
concretezza, Jovetic che non incide e Ljajic che svolazza leggero al
largo dell’area di rigore, ma la squadra conferma anche personalità,
grande presenza nella partita, gioco, ci rimane addosso la sgradevole
sensazione che riassumo nella foto, quella di un campionato mosso dai
fili della regia di un puparo, ma poi mi accorgo subito che è solo una
caccia ai fantasmi. Ghostbusters. Il duemilatredici è iniziato male
fondamentalmente per molta sfortuna e anche per qualche nostra
responsabilità, in due settimane ci siamo persi un po’ di quelle belle
sensazioni che ci avevano accompagnati per tutto il girone di andata,
e quando meno ce lo aspettavamo puff! Sono diventate fantasmi, e in
fretta e furia allora mi sono messo la tuta e ho cominciato subito la caccia.
Ghostbusters.
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