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sabato 5 gennaio 2013

Gino l'androgino

Un grandissimo colpo tra minestre riscaldate come Rocchi e Calaiò, addirittura oltre a quegli standard che il nostro povero calcio è stato costretto ad imporsi, un operazione che conferma le ambizioni della Fiorentina, capace probabilmente di orientare anche le future scelte di Jovetic, capace di programmare, proiettando definitivamente la squadra tra le grandi. Meglio un crociato rotto che uno strappo muscolare di cinque centimetri, questo dice la medicina sportiva, mentre lo strappo lo ha fatto evidentemente il gasatissimo ADV non tanto per l’acquisto di Rossi, reso possibile dalla bravura e quindi dal tesoretto accumulato dal duo delle meraviglie, quanto per garantirgli un contratto di quattro anni da venti milioni lordi. Acquisto non perfettamente metabolizzato solo da chi vede il suo recupero a rischio, ma forse anche per questo Giuseppe Rossi è perfetto, e solo se si fosse chiamato Gino sarebbe potuto essere addirittura meglio, perché Rossi si presenta con il fascino del giocatore androgino. Rossi come Andrej Pejic, che non è un vecchio colpo rimasto in canna a Corvino, ma un bosniaco di madre serba e padre croato, capace dal settembre duemilaundici di piazzarsi diciottesimo nella classifca dei cinquanta migliori modelli maschi, e nello stesso anno classificato novantottesimo dalla rivista FHM nella lista delle cento donne più sexy del mondo. Questo è Giuseppe Rossi, un giocatore a forte rischio d’identità, giocatore che accende perché non si sa bene se giocatore lo è sempre o se è solo un ex. Un giocatore in chiaroscuro, che a forte rischio non ha solo l’identità professionale, ma anche l’integrità fisica, capace di scrivere ancora pagine importanti, essere insomma se non proprio un leone e nemmeno il nuovo re leone, almeno uno shakespeariano Re Lear, oppure semplicemente la nuova Amanda Lear. L’essere un pepito con la O ma anche prezioso come una pepita con la A, accende, e lo fa trasversalmente, perché Firenze ha bisogno di dividersi tra chi vede solo quello che vuole vedere, e chi invece sta sul chi va là, e che per questo non vede affatto tutto rose e fiori, anzi teme che proprio sotto quei fiori si nasconda un’amara sorpresa. Chissà, forse proprio il ginocchio della gamba destra, o forse teme una terza gamba. Quindi Pepito Rossi come Ziggy Stardust di David Bowie oppure come Rita Pavone scritturata per ricoprire ruoli maschili tipo Gian Burrasca, o forse ancora Rossi vuole rivendicare la sua androginia come vera e propria identità, non essendo pronto ancora a tornare in campo ma sempre pronto a rompersi un legamento per ritornare nella condizione di colui che viene aspettato come fosse una bella donna, ma forte e irruento prima, proprio come un vero maschio tanto da farsi male fisicamente in scontri tipici che altro non sono che prove di forza e coraggio. Un giocatore insidioso quindi, perché salta l’uomo con facilità e con la stessa facilità gli salta il legamento, forse meno insidioso solo di Vargas, perché il peruviano è giocatore ancora più subdolo, pagato più di Pepito, integro fisicamente per cui nessuno si è fatto seghe mentali sulla sua propensione all’infortunio, ma che ha azzerato comunque  il suo valore grazie ai valori dell’alcool nel sangue. Poi ci sarebbero i giocatori di fascia eunuca tipo Montolivo che l’intergità l’ha azzerata da un punto di vista morale e che insieme a quella  si è portato via a zero anche il suo cartellino. Fini scellerate di capitali che sembravano al riparo dalle brutte sorprese, in casseforti inviolabili all’apparenza molto di più dei legamenti di Pepito. E così rischio per rischio, pernici o non pernici, spogliatoi dilaniati come crociati e pasticche per dimagrire si è deciso di rischiare consapevolmente, rischio calcolato? Sembra proprio di si. Anche se quando si parla di un affare così, diciamo pure anche così ambiguo, quando insomma si parla di affare ermafrodito, il rischio concreto è che alla fine sia proprio il bilancio quello a risultare ermafrodato.