Un
grandissimo colpo tra minestre riscaldate come Rocchi e Calaiò,
addirittura oltre a quegli standard che il nostro povero calcio è stato
costretto ad imporsi, un operazione che conferma le ambizioni della
Fiorentina, capace probabilmente di orientare anche le future scelte di
Jovetic, capace di programmare, proiettando definitivamente la squadra
tra le grandi. Meglio un crociato rotto che uno strappo muscolare di
cinque centimetri, questo dice la medicina sportiva, mentre lo strappo
lo ha fatto evidentemente il gasatissimo ADV non tanto per l’acquisto di
Rossi, reso possibile dalla bravura e quindi dal tesoretto accumulato
dal duo delle meraviglie, quanto per garantirgli un contratto di quattro
anni da venti milioni lordi. Acquisto non perfettamente metabolizzato
solo da chi vede il suo recupero a rischio, ma forse anche per questo
Giuseppe Rossi è perfetto, e solo se si fosse chiamato Gino sarebbe
potuto essere addirittura meglio, perché Rossi si presenta con il
fascino del giocatore androgino. Rossi come Andrej Pejic, che non è un
vecchio colpo rimasto in canna a Corvino, ma un bosniaco di madre serba e
padre croato, capace dal settembre duemilaundici di piazzarsi
diciottesimo nella classifca dei cinquanta migliori modelli maschi, e
nello stesso anno classificato novantottesimo dalla rivista FHM nella
lista delle cento donne più sexy del mondo. Questo è Giuseppe Rossi, un
giocatore a forte rischio d’identità, giocatore che accende perché non
si sa bene se giocatore lo è sempre o se è solo un ex. Un giocatore in
chiaroscuro, che a forte rischio non ha solo l’identità professionale,
ma anche l’integrità fisica, capace di scrivere ancora pagine
importanti, essere insomma se non proprio un leone e nemmeno il nuovo re
leone, almeno uno shakespeariano Re Lear, oppure semplicemente la nuova
Amanda Lear. L’essere un pepito con la O ma anche prezioso come una
pepita con la A, accende, e lo fa trasversalmente, perché Firenze ha
bisogno di dividersi tra chi vede solo quello che vuole vedere, e chi
invece sta sul chi va là, e che per questo non vede affatto tutto rose e
fiori, anzi teme che proprio sotto quei fiori si nasconda un’amara
sorpresa. Chissà, forse proprio il ginocchio della gamba destra, o forse
teme una terza gamba. Quindi Pepito Rossi come Ziggy Stardust di David
Bowie oppure come Rita Pavone scritturata per ricoprire ruoli maschili
tipo Gian Burrasca, o forse ancora Rossi vuole rivendicare la sua
androginia come vera e propria identità, non essendo pronto ancora a
tornare in campo ma sempre pronto a rompersi un legamento per ritornare
nella condizione di colui che viene aspettato come fosse una bella
donna, ma forte e irruento prima, proprio come un vero maschio tanto da
farsi male fisicamente in scontri tipici che altro non sono che prove di
forza e coraggio. Un giocatore insidioso quindi, perché salta l’uomo
con facilità e con la stessa facilità gli salta il legamento, forse meno
insidioso solo di Vargas, perché il peruviano è giocatore ancora più
subdolo, pagato più di Pepito, integro fisicamente per cui nessuno si è
fatto seghe mentali sulla sua propensione all’infortunio, ma che ha
azzerato comunque il suo valore grazie ai valori dell’alcool nel
sangue. Poi ci sarebbero i giocatori di fascia eunuca tipo Montolivo che
l’intergità l’ha azzerata da un punto di vista morale e che insieme a
quella si è portato via a zero anche il suo cartellino. Fini scellerate
di capitali che sembravano al riparo dalle brutte sorprese, in
casseforti inviolabili all’apparenza molto di più dei legamenti di
Pepito. E così rischio per rischio, pernici o non pernici, spogliatoi
dilaniati come crociati e pasticche per dimagrire si è deciso di
rischiare consapevolmente, rischio calcolato? Sembra proprio di si.
Anche se quando si parla di un affare così, diciamo pure anche così
ambiguo, quando insomma si parla di affare ermafrodito, il rischio
concreto è che alla fine sia proprio il bilancio quello a risultare
ermafrodato.