presidio Diladdarno Slow Tifood, lampredotto e Fiorentina
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venerdì 18 gennaio 2013
Viagradinata
E
così alla fine è arrivata la crisi mistica, il tifoso mastica amaro, e
dopo le tre scoppole della vita non sa più chi è nemmeno dalla vita in
giù. Ma chi è diventato allora il tifoso Viola dopo il tracollo e dopo le
sconfitte arrivate tra capo e collo, quali sono oggi le sue emozioni, si
sono travestite di delusione o è lui che per il dispiacere è diventato
un travestito. Che cosa prevale quindi dentro di noi, qual’è il nostro
aspetto interiore, trasandato per la delusione cresciuta come una barba
di due settimane, oppure dentro ognuno interpreta il finto trasandato,
un ultras andato e datato, oppure uno sornione e consapevole di provare
ancora piacere anche dopo qualche battuta d’arresto perché conscio di
avere comunque iniziato un percorso virtuoso che vede ancora il bilancio
positivo, che poi alla fine è l’aspetto della questione che più
c’interessa davvero, lui si sempre gradevole. E questa consapevolezza
rimane comunque affilata come un buon rasoio mentre si è scatenata una
tempesta tra l’ormonale e l’anormale, si sono perse le certezze, la
sessualità vacilla, le credenze popolari insinuano tarli più voraci di quelli
che ci sono nella credenza della nonna, e avanzano fino a scadere nella
Pescaramanzia, tre sconfitte hanno fatto uscire la vera belva che è in
noi, non rimane adesso che tagliarsi la barba per mettersi l’Acqua
Velva. E gettare così anche un po’ di Acqua Velva sul fuoco. Aspettiamo il
Napoli per capire meglio se siamo carne oppure pesce, se proseguiamo il
cammino con le nostre gambe o se il pesce tra le gambe ce l’ha solo
Cavani. Insomma qual’è oggi la nostra identità dell’umore, una collana
di sconfitte in una perla di girone d’andata, oppure una collana di
perle su un petto villoso, e tatuaggi che rendono più volgare un cammino
che sembrava elegante, un rossetto in mezzo a una barba che è
addirittura peggio che avere Rossitto in mezzo al campo. Siamo
letteralmente scombussolati, questo duemitredici ci ha minato le
certezze, la buona sorte non si è limitata a fare orecchie da mercante,
ci ha messo orecchini e piercing, tutta ferraglia per marchiarci e così
riconoscerci meglio prima di calamitarci addosso tutta la sfiga
possibile. E al palo della lap dance dove si avvinghiava una squadra
fino ad allora sinuosa, ha sostituito il suono del palo che sa di
schianto, dove si stampa il dramma e si strozza in gola l’urlo del gol. E
ancora non siamo usciti dall’equivoco delle palle inattive, che essendo
tali sono però le uniche che procreano gol. E menomale che sono
inattive. Allora compriamo una punta inattiva. Mentre anche il passivo
Failla è stato colto da questa crisi d’identità sessuale a momenti,
tanto che la sua soglia del dolore ha superato quella di Jovetic e la
sensibilità ha superato persino quella di Heidi mettendosi a gridare
tutto il suo sdegno per la violenza inaudita scaturita da un addetto che
è scivolato dolcemente sulla copertura del tunnel che porta agli
spogliatoi, è una vergogna! Aveva ragione Conte in quella famosa
conferenza stampa perché aveva intuito prima di tutti la deriva di un
calcio che stava scivolando da solo prima verso il fairiplay e poi verso
il Failla. Dobbiamo rientrare al più presto nel nostro corpo di tifosi
che altro non è che la nostra vera identità, non è facile perché alle
porte c’è il Napoli che non solo non sembra essere d’accordo, ma è anche
un cliente non certo dei più passivi, non proprio disposto a riavviarci
ad un’attività sessuale soddisfacente facendoci da nave scuola. Abbiamo
comunque bisogno di un aiutino psicologico e non, e allora ho pensato a
qualcosa che sia facile e di sicura efficacia. Un interruttore?