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martedì 22 gennaio 2013

Quel che resta della testa

Una settimana all’insegna del caseario, un comparto che a Firenze riesce nel non facile parto di rendere vero quello che del pensiero dovrebbe risultare invece uno scarto, capace cioè di mettere alla luce il paradosso intrecciato con l’inverosimile, capace di farlo con la stessa elasticità mentale di un carapace. Una settimana, insomma, dove la treccia da calare da quella torre che un tempo fu Toni, oggi a Firenze è solo quella di una bufala di giornata. Si è cominciato con la Lampard di Aladino dove “ala” è il finale di bufala e “dino” quello di truffaldino, poi si è passati senza colpo ferire alla ventilata cessione di Roncaglia, così ventilata che alla fine ci ha rimesso il povero De Sanctis preso d’infilata dalla folata di una notizia inventata. Larrondo, intanto, nel menù del venerdì aveva scelto un infortunio al ginocchio invece del pesce, e la comanda l’avevano presa i centottanta camerieri del Guetta dopo aver assistito agli allenamenti con la cucina a porte chiuse, come del resto certe vene che non sono quelle creative ma quelle che dovrebbero trasportare il sangue e l’ossigeno in sala macchine. E alle porte chiuse dalle quali evidentemente non si vede una sega, figuriamoci l’infortunio al ginocchio di Larrondo, facevano da contraltare i casi aperti come il difficile rapporto Viviano-Montella e l’irruenza di Roncaglia che mentre preparava il soffritto sul gol di Cavani ha fatto piangere il sensibilissimo Failla impietrito persino davanti ad un polpo lesso scambiato per il trial del film cult di Tarantino. A qualcuno evidentemente pesa troppo la testa, la foto di copertina mostra infatti il giornalista fiorentino medio, un martello piegato dal peso delle proprie brillanti considerazioni, come quelle di chi ha dato l’insufficenza a Cuadrado e Aquilani, compensando poi con la sufficenza a Bergonzi mentre non c’è stato un solo giornale sportivo nazionale che l’abbia fatto. Una testa che non dice il vero, che sembra quella di un maniaco che cerca di adescare gli errori di Neto sul gol di Cavani direttamente dai giardinetti della propria adolescenza triste. Forse il girone di andata ha fatto girare un po’ troppo la testa a chi è evidentemente astemio alle emozioni intense, abituato com’era a quelle melense della doppietta di Montolivo contro il Novara City, e qualcuno prende spunto dal calendario per mettere in evidenza che nel duemilatredici la Fiorentina non ha ancora vinto, e chi se ne frega quindi se uno guarda sempre e solo il lato positivo invece della televisione, perché qualunque cosa tu voglia fare con il tuo televisore il canone è un imposta obbligatoria legata al suo possesso, ricordandoci così di ripagarci con qualche altra cazzata entro il trentuno di gennaio. Una mancanza di qualsiasi logica, anche perché spesso abbandonata proprio in salottini televisivi dove il testa a testa tra le teste di cazzo presenti viene deciso neanche sul filo di lana ma su quello di lattice grazie ad uno speciale serbatoio utile per conservarci intatta la registrazione della puntata. E la curva, intanto, probabilmente dietro suggerimento di chi aveva visto l’infortunio al ginocchio di Larrondo, espone striscioni di squadra, quelli per intendersi che aiutano a cementare il gruppo, o forse è probabilmente solo il frutto di un gruppo sanguigno sfavorevole che determina poi certe iniziative prive di testa. A Firenze, insomma, ci sono tifosi e giornalisti che condiscono il pinzimonio dei loro giudizi crudi con l’olio di sansa, una categoria alla quale dovrebbero dedicare il conio di una moneta sulla quale eliminare la testa per lasciargli solo la croce da trascinare sul Golgota del proprio destino, oppure intitolargli semplicemente un manicomio. Noi che tra testa e croce scegliamo la testa di Gonzalo Rodriguez, siamo convinti che la squadra possa riprendere al più presto il passo del girone di andata, un rendimento che ci garantirebbe non solo un piazzamento finale di prestigio ma anche di evitare l’escalation dolorosa di chi dalla testa estrae una sostanza maleodorosa, tifosi con l’alitosi che con qualche perfida fiatata si vogliono distinguere proprio da chi è invece abituato a tenere sempre la testa a posto.