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martedì 15 gennaio 2013

Urca, orca, Porca Valero

La sconfitta si porta dietro spesso una disperata ricerca delle responsabilità nelle quali far defluire la delusione, il risultato prevale sulla prestazione e il giudizio ne risente come la digestione dopo un’abbuffata di gol nella propria porta. Anche Ljajic in questo crogiolo di depressione alla fine non sembra diventare solo una semplice capra capace di pascolare driblando i paletti che la tifoseria ha messo davanti alla propria soglia di sopportazione, non solo quindi capace di brucare in slalom lontano dagli occhi e lontano dal gol, ma sembra oltrepassare addirittura quella soglia mangiando Nutella invece della foglia, diventando di fatto una capra espiatoria. Poi con lo stesso principio e con tre salti pari al dislivello che c’è tra quando si vince e quando si perde, tra quando si prendono e quando si fanno tre gol, si è dato il via ad una cascata di mormorii invece delle Marmore, mugugni a Firenze eterni invece di Terni, naturali mal di pancia invece di polemiche artificiali frutto di cascate a flusso controllato. Insomma, un incontrollato modo di giudicare, un serbatoio critico invece che idrico, che non preserva niente e nessuno a differenza di quello di un preservativo che qualcosa di costruttivo invece trattiene. Ma anche senza preservativo magari durante l’aperitivo, a Firenze le critiche non saranno mai procreative. La sconfitta è per noi una cascata negli inferi dell’umore, niente ci può consolare più del rancore, la rabbia è il nostro calcio di rigore, ai dieci piani di morbidezza Firenze risponde dagli undici metri di scontentezza. Invece delle classiche caramelle Fallani al rabarbaro ciucciamo quelle al raburbero dopo che il destino ci ha preso in fallo, e allora anche Larrondo diventa Lorrendo, Rossi è rotto e magari non è più così mobile come la donna e allora sarebbe stato forse meglio prendere Immobile e così avremmo cantato  la “donna immobile qual piuma al vento”, visto che a Firenze ci facciamo addirittura vanto che persino il Savonarola è stato oggetto “di quella pira Lorrendo fuoco”, perché il tifoso fiorentino è un vero Trovatore di malessere. Confesso che qualcosa però sta cambiando in me, perché la Fiorentina di quest’anno mi fa uscire dalle sconfitte come da un ristorante dove hai mangiato bene anche se il conto è stato un po’ troppo salato, per me che con la cultura ho avuto il solito problemino di Ciccio Graziani, quello cioè dello stop a seguire, e praticamente non ho mai fatto seguito, non l’ho mai arrestata in tempo e mi è sfilata in fallo laterale, solo un obbligo come la scuola dell’obbligo. Ma in una città come Firenze però dove la Fiorentina ci ha regalato una certa cultura di strada, io che dalla strada ho attinto e poi tinto il mio murales della vita mi sono fatto una certa cultura della sconfitta. Del resto i risultati possibili sono tre e se non riesci a tirare fuori l’asso dalla manica per raggiungere quello più gradito, basta tirare fuori l’assonanza. L’epiteto trasformarlo in peto, un “porca di qua” e un “porca di là” almeno in un “urca”, come Borja Valero in Porca Valero, o anche in un “orca” come del resto la povera orca che salviamo da qualsiasi grave imputazione perché con noi non diventerà mai assassina visto che la passione a Firenze non ce la facciamo certo uccidere.