La
sconfitta si porta dietro spesso una disperata ricerca delle
responsabilità nelle quali far defluire la delusione, il risultato
prevale sulla prestazione e il giudizio ne risente come la digestione
dopo un’abbuffata di gol nella propria porta. Anche Ljajic in questo
crogiolo di depressione alla fine non sembra diventare solo una semplice
capra capace di pascolare driblando i paletti che la tifoseria ha messo
davanti alla propria soglia di sopportazione, non solo quindi capace di
brucare in slalom lontano dagli occhi e lontano dal gol, ma sembra
oltrepassare addirittura quella soglia mangiando Nutella invece della
foglia, diventando di fatto una capra espiatoria. Poi con lo stesso
principio e con tre salti pari al dislivello che c’è tra quando si vince
e quando si perde, tra quando si prendono e quando si fanno tre gol, si
è dato il via ad una cascata di mormorii invece delle Marmore, mugugni a
Firenze eterni invece di Terni, naturali mal di pancia invece di
polemiche artificiali frutto di cascate a flusso controllato. Insomma,
un incontrollato modo di giudicare, un serbatoio critico invece che
idrico, che non preserva niente e nessuno a differenza di quello di un
preservativo che qualcosa di costruttivo invece trattiene. Ma anche
senza preservativo magari durante l’aperitivo, a Firenze le critiche
non saranno mai procreative. La sconfitta è per noi una cascata negli
inferi dell’umore, niente ci può consolare più del rancore, la rabbia è
il nostro calcio di rigore, ai dieci piani di morbidezza Firenze
risponde dagli undici metri di scontentezza. Invece delle classiche
caramelle Fallani al rabarbaro ciucciamo quelle al raburbero dopo che il
destino ci ha preso in fallo, e allora anche Larrondo diventa Lorrendo,
Rossi è rotto e magari non è più così mobile come la donna e allora
sarebbe stato forse meglio prendere Immobile e così avremmo cantato la
“donna immobile qual piuma al vento”, visto che a Firenze ci facciamo
addirittura vanto che persino il Savonarola è stato oggetto “di quella
pira Lorrendo fuoco”, perché il tifoso fiorentino è un vero Trovatore di
malessere. Confesso che qualcosa però sta cambiando in me, perché la
Fiorentina di quest’anno mi fa uscire dalle sconfitte come da un
ristorante dove hai mangiato bene anche se il conto è stato un po’
troppo salato, per me che con la cultura ho avuto il solito problemino
di Ciccio Graziani, quello cioè dello stop a seguire, e praticamente non
ho mai fatto seguito, non l’ho mai arrestata in tempo e mi è sfilata in
fallo laterale, solo un obbligo come la scuola dell’obbligo. Ma in una
città come Firenze però dove la Fiorentina ci ha regalato una certa
cultura di strada, io che dalla strada ho attinto e poi tinto il mio
murales della vita mi sono fatto una certa cultura della sconfitta. Del
resto i risultati possibili sono tre e se non riesci a tirare fuori
l’asso dalla manica per raggiungere quello più gradito, basta tirare
fuori l’assonanza. L’epiteto trasformarlo in peto, un “porca di qua” e
un “porca di là” almeno in un “urca”, come Borja Valero in Porca Valero,
o anche in un “orca” come del resto la povera orca che salviamo da qualsiasi grave
imputazione perché con noi non diventerà mai assassina visto che la
passione a Firenze non ce la facciamo certo uccidere.