Sfortuna
a parte perché tre legni non sono pochi, sono legni però che non
alimentano affatto la solita lagna dell’alibi della sfortuna, e ne
tantomeno quel cammino in coppa che dopo l’eliminazione di ieri è
diventato al massimo un “caminetto”. La Fiorentina è troppo imprecisa,
soffre maledettamente il pressing alto di una Roma a dir poco
rimaneggiata, che pur in trasferta dimostra di essere a proprio agio tra
lo smarrimento del fido palleggio Viola diventato ormai randagio.
Oltretutto i giallorossi sbagliano una miriade di ripartenze che
avrebbero potuto chiudere la partita molto prima, perché è una Fiorentina che
vacilla tremendamente, come se fosse pressata non solo dal lavoro in
prima battuta degli avanti della Roma, ma soprattutto dalle pressioni
che si sono venute a creare in un duemilatredici che ci fa rimpiangere
la previsione fallita dai Maya. Poi è anche vero che la squadra va
all’assalto, ma è anche vero che sarebbe bastato invece della baionetta
un semplice Baiano, perché tutti girano al largo del gol prendendo come
riferimento lo spigolo dell’area di rigore dove battere delle gran belle
chiorbate. La Fiorentina dei tempi supplementari ha dimostrato almeno
di stare bene fisicamente ma anche di non essere più la stessa, quella
che ci aveva fatto innamorare e che avevamo ammirato nel girone d’andata
scomodando paragoni con il Barcellona, entusiasmo rimasto a bere
delusione fino a tarda notte al massimo in un bar di Barcellona, perché
sì è buttato via un’occasione enorme che ci porta davanti al primo
obiettivo stagionale fallito. Una partita che ha dimostrato quanto pesi
l’assenza di Pizarro, e quanto siano inadeguati i contrappesi Migliaccio
e Romulo, ma che rivaluta anche la figura di El Hamdaoui sempre troppo
sottovalutato e capace invece di fare un mestiere che oggi è scomparso
dalla nostra area di rigore. Nel frattempo anche Jovetic ha smesso di
fare Mister trenta milioni trasformando la manovra Viola in un imbuto,
in un collo di bottiglia dove rimangono imprigionati tutti i buoni
propositi della squadra, compreso Ljajic che svolazza come una zanzara
per rimanere folgorata nella griglia elettrica della difesa avversaria.
Con questo la squadra rimane comunque molto valida, capace di mettere in
campo il cuore e di macinare più di un mulino, ma cosa manca adesso lo
sappiamo ancora meglio e non sarà certo questa delusione a farci
rinnegare la bontà del gruppo messo in piedi in tempi brevissimi,
affrontiamo un periodo di appannamento anche psicologico probabilmente
innescato dalle ultime battute d’arresto, che si somma ad una bella
serie di episodi negativi. La cosa che salta di più agli occhi è che la
squadra ha perso quella sicurezza nel palleggio che l’aveva
caratterizzata e che gli aveva permesso di gestire al meglio il gioco,
in questo senso si è vista oggi la peggiore Fiorentina, con
errori nel disimpegno di Tomovic, Gonzalo ma anche di Aquilani in
quantità industriali, terribile come dicevo la sofferenza sul pressing
alto e bisogna riconoscere che la Roma era priva di Osvaldo, La Mela e
Totti. Romulo un po’ meglio di Migliaccio e Llama di Pasqual, tutti
comunque incredibilmente incapaci di mettere un cross in mezzo su cento
provati, lunghi, corti, alti, sostanzialmente utilizzati non tanto per
mettere in condizione di battere a rete un compagno da posizione
favorevole, ma per abbattere l’avversario di turno, mentre Ljajic
continua invano la caccia al fantasma dell’eurogol quando potrebbe
essere più utile cominciare a farne qualcuno anche più facile. La
delusione più grande si chiama Jovetic che prima di ricominciare a fare
la differenza potrebbe intanto integrare qualche nuova finta a quelle
solite due e magari ricominciare a inquadrare la porta, peccato davvero
per questo spreco di energie che si somma ad una delusione che diventa
filotto, e domenica arriva il Napoli di Cavani. Trovare è la parola
d’ordine, bisogna ritrovare il prima possibile la via del gol ma anche e
soprattutto il giocatore più capace di trovare appunto la giocata per
spaccare la partita, Jovetic insomma e non solo nella foto, che invece
sembra essersi nascosto proprio tra il lusco e il brusco.