Roma più precisa a parte Gervinho che cerca in tutti i modi di regalarci la colomba, ma abbiamo già i pensieri appesantiti dalla pastiera napoletana per gradire la gentilezza glassata, e allora lasciamo a Ljajic il coltello dalla parte del manico, mentre per Pasqua non usa fare le diagonali per togliersi i canditi dai denti. E Nainggolan ringrazia Tomovic per questa usanza così italiana. La Roma della prima mezz’ora è una bella squadra, noi siamo sterili come una siringa, con Ilicic punta dell’ago. Josip appare come il monumento al pentitismo dello spermatozoo, un giocatore che rinnega il suo sinistro, un uomo che rinuncia alla sua vocazione, uno che nella corsa verso l’ovulo passeggia come se fosse in via Calzaiuoli. Matos è ancora vergine, è lì ad aspettare sulla spiaggia la nave scuola che non arriverà, quella che Schettino nel frattempo ha già portato sugli scogli. Gli ci vorrebbe Wanda Nara che così tanto bene ha fatto a Icardi, sicuramente non potrà aiutarlo la velina di Matri che non ce la fa nemmeno con il suo. E così viviamo di possesso palla senza mai trovare l’acuto, un possesso palla senza palle, con i tenori che steccano, e con Borja Valero che non si è ancora accorto che la squalifica di Gervasoni è già scontata. Insomma, il povero Matos aspetta una nave che non arriverà, Borja aspetta di rientrare dalla squalifica, noi aspettiamo la finale del 3 maggio, il Colonnello aspetta Spalletti, il Sopra canta “Aspetta e spera che già l’ora si avvicina!”. E aspettiamo allora. Anche un mio lontano parente mi ha fatto sapere di aspettare mie notizie, un fatto che dimostra che i tempi sono proprio cambiati. Tutti bene o male viviamo nell’attesa dimenticandoci di vivere il presente. Malgrado io sia solo un modesto uomo che aspetta la pensione, l’altro giorno mi ha scritto un mio zio d’America chiedendomi se lo inserisco come beneficiario nel mio testamento. Tutto è in attesa del 3 maggio, anche il 4 per poter essere strappato dal calendario, anche nell’ultimo sogno di ieri sera stavo aspettando le valige sul nastro trasportatore, guardo fuori dai finestroni del gate e oltre le sagome enormi dei Boeing, oltre il buio ormai denso e scuro mi sembra di vedere Santa Monica e la scritta Hollywood, e il marciapiede con le stars e Pasadena e il 6Flags, mi sembra di sentire le ruote di migliaia di skate e l'odore di erba e di oceano, le chiacchiere dei gabbiani e i carrelli scassati degli homeless. Mi sembra di vedere una strada che si perde su per la costa. Il mio cuore ha un sussulto. Accendo l'IPOD e chiudo gli occhi. Il Guetta grida come un pazzo “go go go go go go go go go go go go go go go go go go go go go go go go go go go go go go go go go go” Matos ha finalmente trombato. Proprio il 3 maggio.