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venerdì 13 aprile 2012

Il mistero del mister isterico


Il pit stop che non paga è un errore di strategia che disorienta quei presidenti che accedono con troppa facilità alla corsia che porta ai box della crisi, che vi accedono come alla cassa integrazione straordinaria, integrando di straordinario solo difettosa telemetria della speranza, quella per uscire dalla cassa da morto dei risultati negativi per intendersi. Ma il cambio in corsa dell’allenatore non funziona più come una volta, e così come sono sparite le mezze stagioni, nelle mezze rivoluzioni tecniche sono spariti i risultati, visto che sempre più spesso sono costretti a richiamare il trombato, verificato come nullo il giovamento del giovane cambiamento, e tutto prima di chiudere bilancio e coperchio della cassa, per non morire lo stesso oltre a pagare due funerali invece di uno. E se Firenze sfugge orgogliosa a questo passo doble della panchina, evitando cioè di richiamare quel treno di gomme sostituito di un Michelinovic, rimane comunque forte e pungente l’odore di gomma che ristagna sopra Campo di Marte, non tanto quello delle slick di Sinisa pronte ad essere rimontate, quanto per quelle masticate dal buon Delio, ruminate insieme alla nostra delusione per una squadra, la sua, che senza grip sta scivolando nella via di fuga dalla serie A. E’ una abitudine Malesana quella di licenziare e poi richiamare, alla quale la Fiorentina non aderisce, ma dalla qual virtù non trae però neanche i benefici sperati, e questo dobbiamo dirlo per onestà anche verso chi è stato mandato via a furor di popolo, e soprattutto nella prospettiva di non ricadere più nello stesso errore di strategia. Non ci possiamo esimere per questo dal rendere merito a quella che è invece l’eccezione che conferma la regola, e che come tale è addirittura cosmica, perché i conti a Lecce tornano eccome, e Serse che poche ne ha perse, è una verità scomoda nel dannato mondo dell'esonero, perché ci mostra gli altri come dei veri fallimenti E un po’ di delusione la proviamo davvero nel constatare che lui sta facendo esattamente quello che eravamo convinti facesse Delio Rossi una volta debellata la peste proveniente dalla Serbia, e a niente valgono gli alibi della sua claque che ne attenua le responsabilità depistando la verità dei numeri verso quella della mediocrità della rosa, dimenticando che Rossi ha accettato di allenarla da uomo libero da costrizioni, sicuro di costruire e non di castrare le speranze di una piazza liberata finalmente da Mihailovic, e allora tocca a Delio al quale nessuno aveva paventato il subaffitto di Messi dal Barcellona, tocca a lui lasciare finalmente una traccia importante in questo finale di campionato, prima di tutto per salvarci e non ultimo per far lievitare la fiducia nel suo operato che ci permetterebbe di presentarci sulla griglia di partenza della prossima stagione senza concedere nuove licenze di caccia a quei tifosi pronti a imbracciare il fucile aspettando il passaggio delle sue difficoltà. Altrimenti si ripropone la stessa identica situazione di quando i cacciatori fecero di Mihailovic un tordo da impallinare sovrapponendo critiche giuste ad altre meno, per caricare il sovrapposto e facilitare l'arrivo di un nuovo Tordelio, perché da queste parti ci piace troppo il panino con il lampredotto, e non vorremmo mai che fosse proprio un romagnolo come lui a diventare il ripieno della piadina, che il tifoso potrebbe mangiarsi al capanno dopo aver sparato al passaggio di una coppia di sconfitte migranti, perché a noi la piadina non è che ci sconfinferi poi più di tanto, e se è vero come è vero che al capanno non si trova il lampredotto, sarà meglio riempirlo con del prosciutto quel panino allora, o meglio ancora con la Spalletti che è più saporita.