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martedì 24 aprile 2012

Platini o Platinette


Firenze è città di contrasti forti, quelli che a Siena chiamano panforti, divisioni che sono politiche, cromatiche, di qua e Diladdarno, sale e pepe, quello che a Siena chiamano panpepato, divergenze gastronomiche anche nella comunità gay tra chi preferisce l'ossobuco e chi il buco con la menta intorno, ed è normale poi assistere anche a intemperanze gastroenteriche quando si tratta di vomitarsi addosso di tutto, anche fosse solo per rimarcare la sottile differenza che c’è tra il conato di vomito e il cognato del Romito. Quindi non solo nella sua espressione politica più conosciuta, tra le due fazioni opposte che sostenevano, una l’imperatore Adriano in prestito dall’Inter, e l'altra il Papa Waigo visto nella vittoria con la Juve, Gufi e Bighelloni usati da sempre nei mille rivoli del disaccordo, e dai rivoli del Vivoli ai tavoli del Badiani per la palma del gelato più buono. Ma anche per raccontare il caratteraccio burbero di questi berberi, che sono metafora di uomini liberi in contrasto con chi è sposato, con le tragiche partite anni 80 tra scapoli e ammogliati, tra gli ammaliati nel vedere due scapole e chi invece tromba con più continuità. Diciamo che questa storia dei Gelsi e dei Gamberini è abusata ormai più di una donna non consenziente, usata in tutte le posizioni e salse, ma anche senza sughi, in bianco come quando uno non è ben disposto al litigio, costretto a un risotto a trentasei denti invece di una collerica bestemmia, che a Firenze poi non è nemmeno tutto questo gran peccato, di quelli per intendersi che in Purgatorio levano cinque punti da una penitente, perché il nostro è solo un intercalare, e con questo alibi disabile si tenta d'inculare chi ti fa notare che invece non sta tanto bene, ma notare invece fa bene e per questo che la gente fa noto libero, proprio perché se è libero tutto è permesso, anche l'intercalare a dorso nudo. Come chi si skanna tra una canna e la musica ska sostenendo che Vincenzo si chiama Guerini, e chi abituato invece a bere da sempre whisky doppi mentre fa il doppio gioco con una misera doppia coppia insiste nel chiamarlo Guerrini, come anche Battistutta con la stessa arroganza di quando posteggia il suv sul marciapiede. Ma se è vero che il contrasto è anche e soprattutto cromatico come quello dei marmi rinascimentali, in città non ci può essere contrasto per l’unico colore amato che è Viola a tinta unita, che non evita però agli abitanti di via Guelfa e a quelli di via Ghibellina di avere contrasti forti come quelli di Behrami, quando devono affrontarle le squadre strisciate, e se facciamo un viaggio nella cromoterapia capiremo meglio come ce la siamo cavata quest’anno contro le bicolorate, e cercare così di leggere tra le righe se il giallorosso prossimo venturo sarà un colore da temere oppure no. Vediamo che con i nerazzurri non è stata una tragedia, con i rossoneri ce la siamo cavata alla grande, il giallo con il rosso invece, a Firenze si è diviso tra la Roma e il Lecce dove abbiamo vinto e perso, e per domani visto che siamo a campo invertito prevedo un risultato omosessuale, con la Roma a 90 gradi, in modo da stingergli i colori, e parlando di buchi, di portare via l’intero bucato dopo averli stesi con il gioco di rimessa, tattica con la quale finora non ci abbiamo mai rimesso. Ma il dramma vero sembra essere quello con il bianco e nero, da sempre simbolo del contrasto e del colore poco digeribile da queste parti, quest’anno addirittura con un melodramma, che si è estrinsecato come direbbe quel monocromo di Delio, senza neanche Melo, così che alla fine ci è rimato solo il dramma di una sconfitta storica. Ma siamo sicuri però che il bianco e nero sia veramente così deprecabile, così schifoso, e mi viene in mente la tastiera del pianoforte dalla quale far rinascere tutte le volte i notturni di Chopin, e allora vi chiedo e non mi chiedo, visto che io la conosco già la mia risposta, ma il bianco e il nero della foto qui sopra, sono un qualcosa che avvinghiato alla vostra fobia per quel contrasto vi farebbe poi così tanto schifo? E non voglio credere che direste alle signorine di non potervi coricare con loro per un intero notturno di Chopin a causa di un fastidioso mal di testa dovuto a quell’accostamento di colore troppo violento per via della vostra risaputa e orgogliosa sensibilità oftalmica, un'allergia oculistica a quel contrasto netto della cromia di pelli in antitesi che vi rende così tanto fieri fino a generare in voi incubi dalle sembianze di Platini, perché altrimenti o siete gobbi o Platinette.