Il
quadro psicologico della stagione sta tutto nella sua cornice di
pubblico, e parlare di una squadra svuotata sarebbe scontato come una
considerazione presa dagli scaffali di un discount, parlerei
piuttosto di un sotto vuoto, ma come tecnica di conservazione e non
tanto come problematica derivante dallo svuotamento dello stadio,
conservazione poi nel senso di mantenimento della proiezione
disattesa. Concetto questo che sembra un po' contorto solo per
difetto di esposizione, per una patologica ricerca dell’arabesco
fine a se stesso, ma che in realtà è di una semplicità
imbarazzante, ovvero, la Fiorentina quest'anno ha saputo dimostrare
solo di non essere mai stata in grado di confermare i propositi della
vigilia. La squadra non è mai riuscita cioè a
confermare una prestazione positiva e il risultato che da essa ne era
derivato, disattendendo sistematicamente la speranza e il pronostico
nella partita successiva, dimostrando così quel lato
maledettamente snob del non voler onorare degnamente le sensazioni
positive della vigilia. La nostra è a tutti gli effetti una
forma di indolenza verso tutto ciò che i tifosi si aspettano
dalla squadra, per tutto quello che rientra nel pronostico, dalla
superiorità tecnica al fattore campo, fino alla favorevole
condizione psicologica maturata in quel preciso momento storico, come
per esempio dopo la vittoriosa trasferta di Milano, ebbene si, tutte
le partite della cosiddetta conferma le abbiamo fallite. Perché
se è vero che la squadra snob rifugge sdegnosa alla
consuetudine, rifiutando con tutte le forze il ménage a due
con quello scontato di un pronostico senza sorprese, è vero
anche che in tutto ciò non c'è solo un atteggiamento,
ma anche la patologica indolenza di chi non riesce caratterialmente
a confermare le attese, due anime queste che sono presenti nella
nostra Fiorentina, tanto che se a Roma dicono “all'anima de li
mortacci tua” a Firenze si dice “all'anime di qui' morto di
Montolivo”. Ma è anche deliziosamente vero che entrambe sono
propense poi a sorprendere, e cioè a stupire attraverso la
meraviglia delle vittorie inaspettate proprio nelle partite dove
invece il risultato è scontato nella sua strapronosticata
sconfitta. Ed eccoci allora alla partita di domani, per fortuna, di
quelle che rientrano appunto tra le perse o quasi, come lo furono
anche Genova e Parma, senza uno straccio di una punta e con in più
quel Montolivo in campo che sembrava fosse stato espropriato della
titolarità, come la filiale argentina della compagnia
petrolifera spagnola Repsol, con la differenza che quella di Riccardo
in campo è una compagnia soporifera, ed era stato quindi
deciso di nazionalizzarlo in tribuna per sedare gli spettatori più
abbienti in caso di cattivo risultato, avviando così la
procedura per la prima eutanasia di gruppo in ambito calcistico, e
poi invece si è deciso in extremis di inserirlo a seguito
della moria degli uomini gol e quindi nel tentativo di addormentare
Lucio e Samuel attaccandogli l'apatia come succede con lo sbadiglio,
per cercare in qualche modo di facilitare quelli che proprio punte
non sono, chissà se la mossa della disperazione catatonica
porterà al risultato desiderato, quello che è
importante comunque è che sembra essere proprio una di quelle
partite senza nessuna speranza, e alla fine sono queste le notizie
che devono riempire di gioia l’animo del tifoso Viola, quello più
avvezzo almeno, che intravede nel mulinare scomposto di un Cerci
voglioso di assestare pedate vincenti, una sorta di eroe ciociaro che
ci consegna la salvezza su un piatto anche se non proprio d’argento,
almeno fondo, un piatto tipico delle sue zone, e da un carbonaro
della ragione qual'è, cosa meglio di un bello spaghetto alla
carbonara con tanto, tanto pepe, quello appunto che abbondantemente
versato su un campionato altrimenti poco speziato, ci ha fatto
prendere proprio un bello spaghetto. Siamo nelle mani di Dio,
speriamo solo che dopo il gol di Cerci non applauda.