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martedì 10 aprile 2012

Jovetic, Nastasic e Picnic


La tradizione vuole che a Pasquetta si vada con amici e parenti a fare la scampagnata all’aperto, che poi altro non è che uno dei tanti pretesti nazionali per farsi l’ennesima mangiata dell’anno, in questo caso mimetizzata molto grossolanamente nella tradizione appunto, di taglio marcatamente popular, è la più rustica e casereccia risposta al trend fin troppo glamour di quelli chef che usano i fornelli in prosa per prendere per i fondelli, è uno schiaffo di pomodori grossi come cocomeri, divelti dall’orto con il piede di porco e scavati con il piccone per essere riempiti di riso con la pala, contro le “vele di piovra su letto di rucola”. C'è chi parte alle quattro e mezzo di notte per andare ad accaparrarsi il posto più strategico, dove ci arriva alle sette meno un quarto per iniziare a costruire un barbecue monumentale su due piani con posto auto coperto e veranda per la pennichella. Intorno a Roma il taglio più piccolo sono i pacchi da cento fettine panate, di cento in cento cotte alle tre di notte e mangiate all'una, mentre il più geometrico degli chef di tendenza ti serve dei “prismi di rana pescatrice con giardinetto di legumi a vapore”. E per evitare poi il languorino traditore delle cinque che ti arriva addosso improvviso come una cartella di Equitalia, c’è sempre la buona abitudine di mettere sul fuoco quel par di cinquanta salsicce che andranno a prevenire così lo svuotamento gastrico eccessivo, anche perché una volta cotte sulla brace serviranno a marcare il territorio dell'abbuffata, sfruttando il grasso che cola sul fuoco per fare i segnali di fumo ai parenti di Tivoli e risparmiare anche qualche sms di auguri. In un mondo macinato grosso come quello dell'italico picnic nessuno si sognerebbe mai lo stile che impone di parlare invece una lingua più raffinata, a tal punto da sentire il dovere di scegliere un “dialogo di frutta” tanto per finire con charme, fosse anche solo per ascoltare il mandarino discutere elegantemente con un ananas della Costa Rica. Pasquetta che nelle sue tradizioni culinarie è da sempre invisa a una certa categoria di giocatori, mentre è estremamente apprezzata da altri, con Vargas in testa che non si fa certo prendere in giro con un “bauletto di sogliola e salmone decorato con pepe rosa”, e invece di servire assist su vassoi d'argento al ritrovato Amauri preferisce farsi servire dei bei vassoi di lasagne allagati nella besciamella. E adesso passate le feste pensiamo a gabbare il Palermo, pensiamo a confermare quanto di buono si è visto a Milano, e a dare finalmente seguito ad un inizio, anche per cominciare a scoprire le carte del rilancio marchigiano, adesso vogliamo un filotto di vittorie che non si fermino nemmeno alla prossima, ma che vadano oltre fino a quella successiva, per ricucirci le rughe della delusione con il ritrovato bandolo della matassa. Ho ancora in bocca il sapore dolcissimo della magica notte meneghina, che nemmeno il cioccolato gianduia e le nocciole Piemonte del mio uovo di Pasqua è riuscito a coprire, e poi Diego Della Valle e Andrea nel nuovo piano regolatore della tribuna d'onore non dovranno più essere delle assenze abusive, il Palermo regolato per regalare la vittoria alla sua gente in cambio di un ritrovato abbraccio, insieme alla doverosa conferma che Boruc sia rimasto fuori dalla tradizione della Pasquetta così tanto sconveniente a quelli come lui tranne che a Frey, non ci mostri quindi nessuna collezione di farfalle, e come dicevo prima, soprattutto non faccia nessuna gita fuori porta.