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giovedì 21 marzo 2013

Segnali

Sono impreparato. Non ho seguito le vicende di casa Viola, ne cosa avete scritto impegnato com’ero nel girone di ritorno, ma neanche tutto il Bucaresto. Ho letto solo di un fulmine che ha colpito l’aereo dell’Italia, non a caso, e viste le conoscenze di Papa Francesco, Sodano ha raccontato che dall’alto si è voluto mettere i puntini sulla i e i fulmini sull’ala dell’aereo, insomma, per  ribadire una volta di più che Prandelli non può essere considerato in odore di santità se prima non vince almeno il Trofeo Berlusconi. Segnali. Che però vanno saputi anche leggere, altrimenti si rischia di fare come Ghedini che ha scambiato le lacrime di coccodrillo di Berlusconi per una congiuntivite fino a chiedere il legittimo impedimento, invece di vietarne la caccia alla Bocassini che con quelle lacrime ci vorrebbe fare un portafoglio da regalare al marito. Segnali. In Romania, più a nord mi è stato fatto trovare invece il segnale inconfondibile che l’inverno ha messo finalmente la testa sotto, e anche la foto di copertina è inconfondibile, l’equivalente cioè del tirare fuori il carrello in fase di atterraggio, della fine di un viaggio o di una stagione, e visto così da dietro, con l'aiuto di un segnale tanto divino, così forte che alla fine è anche molto meglio del meteo di Giuliacci, quell’inverno che se ne sta andando ha procurato in me il desiderio di tirare fuori qualcos’altro. L’inverno è quasi alle spalle e da dietro l’ho potuto vedere bene, c’è rimasto solo qualche colpo d’ala, la cosiddetta coda dell’inverno, una coda alla quale verrebbe voglia di dargli un colpo. Oppure metterglielo sotto la coda prima che atterrato a Fiumicino qualcuno non la voglia fare alla vaccinara. Il segnale è stato inequivocabile e non portava certo i colori dell’embargo della carriera azzurra di Prandelli, ma quelli ufficiali bianchi della divisa papale. Segnali. Ho scoperto in Romania che i segnali di fumo tanto cari agli Indiani d’America, erano dovuti essenzialmente alla badante di Bucarest di un capo Navajo, una donna che fumava tutto il giorno e che dette il là a quel modo di comunicare, poi sviluppato nella nostra cultura col fare le grigliate. Segnali. Molti dei quali sono stati interpretati in maniera sbagliata, altri come Del Neri hanno sempre bisogno dell’interprete, Delio Rossi ha usato il linguaggio dei segni sul viso di Ljajic, e poi ci sono gli scritti che hanno significati diversi dalle letture che sono state tradizionalmente date dalla nostra cultura. Per esempio il 4-3-3 di Montella non è così rigido come il piede di De Silvestri, ma varia come la pontellizzazione che porta al quarto posto invece che all’inferno. Si ricama, si fa poesia, viene letto oltre a quello che si era voluto realmente scrivere, l’esempio più eclatante è quello di Manzoni che era un grandissimo puttaniere, che dopo l’ultima sua trombata lacustre scrisse “ Quel ramo del lago di Como...”