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venerdì 8 marzo 2013

Scorci e non Curci

Aspettando Godot, o come si dice a Firenze aspettando di godere, dove il genere è quello del teatro dell’assurdo nel senso che Firenze è teatro di un dramma costruito intorno alla condizione dell’attesa. E quindi aspettando la Cittadella, il terzo scudetto, la pista dell’aeroporto, i tre punti a Roma, il solito rinnovo del contratto di Batistuta, la punta, la qualificazione Champion, la pontellizzazione. Mentre la seconda linea della tramvia e il cantiere dell’alta velocità non vogliono proprio rinnovare il volto della città, come del resto aveva fatto anche Montolivo con il suo contratto. Perché lui ha scelto di andare a rinnovare la linea M5 Bignami/Zara chiamata linea lilla e forse per questo motivo l’ha scelta, lui così attaccato a tutte le sfumature di quel colore, la prima linea di Milano con sistema di guida completamente automatico, come del resto speriamo possa essere la nostra manovra anche senza Aquiliani e come lo è stata finora senza di lui. Tutte le stazioni hanno le banchine completamente separate dai treni tramite porte di banchina, che si aprono solo quando i treni sono fermi e allineati. La modernità. Con treni che si muovono senza il conducente. Mentre Firenze allo stesso tempo sembra perdere tutti i treni possibili. E Montolivo evidentemente aveva bisogno di una città più metropolitana e anche di prendere la metropolitana invece che del 23 A per Sorgane che non passa mai e poi lui che ci andava a fare a Sorgane. Una città che esprime il suo più alto picco di modernità con la tramvia  che ti porta da Scandicci fino alla stazione, con il vantaggio, questo si, che con il biglietto di Italo non la paghi. Firenze è una città a misura d’uomo ma solo d’uomo e possibilmente piccolo, mentre Milano anche di donna ed è per questo che la De Pin l’ha scelta. Scorci. Noi abbiamo invece la più alta concentrazione di scorci al mondo. Da rimanere senza fiato. Scorci come lo sono stati anche quelli dei due scudetti. Poi però il fiato ci manca anche nel senso di respiro europeo, attraversiamo continuamente i ponti di qua e Diladdarno ma non le epoche, rimanendo di “marmo” di fronte ai cambiamenti. La sensazione è che sia tutto fermo, come il traffico sui viali, fermo appunto come “aspettando Godot”, o aspettando di godere, sinonimo di una situazione in cui si aspetta un avvenimento che dà l’apparenza di essere imminente, ma che nella realtà non accade mai, diciamo il famoso salto di qualità che io reclamo per l’ennesima volta anche domenica sera a Roma. Il mi’ nonno fiaccheraio lo ripeteva con una certa rintronata cadenza, scandita da una ripetitività che ci aveva fatto scambiare la sua saggezza per arteriosclerosi, si, i’ povero Gigi diceva proprio questo sulla sua carrozza mentre il cavallo affondava il muso nel sacco con la biada, diceva “chi visse sperando morì non si può dire”. Ero piccolo ma oggi capisco perché chi gli stava intorno sbuffava dicendo “oh Beckette, abbozzala!”