presidio Diladdarno Slow Tifood, lampredotto e Fiorentina
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venerdì 15 marzo 2013
Non mi somiglia per niente
Le
cose visibili possono essere anche invisibili, un concetto più facile
da comprendere se prendiamo ad esempio il pallone di Fiorentina - Inter e
quello di Lazio - Fiorentina, un oggetto reale, tondo come la banca di
Ennio Doris costruita intorno a te, che però le due squadre che ci hanno
affrontato non hanno praticamente mai visto. Nel quadro di Magritte è
molto chiaro questo concetto, e se qualcuno va a cavallo in un bosco,
prima lo si vede, poi no, ma si sa che c’è. L’esperienza durissima di
Montolivo che al Camp Nou c’era ma che nessuno ha visto, lo ha portato
oggi ad una crisi d’identità profonda, e come dicevamo ieri, prima lo
aveva portato a pensare addirittura di prendere i voti, poi aiutato
dalla Cristina, anche se orgogliosa in quanto cristiana, Riccardo ha
scoperto la sua vena artistica, grazie proprio alla pittura di Magritte.
E’ partito dal titolo dell’opera che lo ha letteralmente folgorato, la
“firma in bianco”, lui che nella sua inconsapevolezza d’artista del
pallone aveva invece rifiutato di firmare il rinnovo con la Fiorentina
per andare nelle braccia di Galliani, e mentre la cavallerizza di
Magritte nasconde gli alberi e gli alberi la nascondono a loro volta,
lui nascondeva la sua volontà di andarsene da Firenze traccheggiando tra
il firmo e non firmo, tra il lusco e il brusco, che sono stati
praticamente il suo bosco interiore. Oggi, dopo che Barcellona è stata
la sua via di Grugliasco, folgorato prima da una caterva di gol e poi
illuminato, è uscito dal bosco di certi mancati rinnovi per cercare di
superare questa sua crisi mistica facilitata da Messi e compagni, e così
si allinea ai concetti dell’opera di Magritte che ci vuole dire come
tuttavia il nostro pensiero comprende tutti e due, la cavallerizza
nasconde gli alberi e gli alberi la nascondono a loro volta, il visibile
e l’invisibile. E se l’artista ha utilizzato la pittura per rendere
visibile quindi anche il pensiero, Montolivo ha voluto creare la sua
opera scegliendo la fotografia, utilizzando cioè un linguaggio ancora
più moderno per mostrare il suo di pensiero. Una confessione amara per
un comportamento che oggi non riesce più a sopportare, una denuncia per
sensibilizzare i giovani calciatori che fanno melina per far scadere i
loro contratti danneggiando le società che su loro avevano investito, e
tradendo la fiducia dei tifosi che su loro invece avevano investito dei
sentimenti. L’opera fotografica fa intanto subito un riferimento chiaro a
Johnny Stecchino per collocare il significato della stessa dentro alla
vicenda fiorentina, Montolivo richiama Benigni per suggerire la
location, per spiegare allo spettatore che vuole parlare della vicenda
del mancato rinnovo. Questo è quello che si vede, Johnny Stecchino e la
sua Maria, lascivi, dentro a una situazione peccaminosa, ma lo scopo
dell’artista Montolivo è di fotografare il suo pensiero, di confessare
quello che non si vede, che è un qualcosa di molle come il suo
rendimento a Barcellona, ma soprattutto molle come la sua moralità. Da
qui il titolo dell’opera “Johnny Stracchino”.