Dopo
le rivelazioni uscite ieri sul Corriere dello Sport Stadio nelle quali
sono emersi alcuni particolari sul mancato rinnovo del contratto di
Montolivo, il cugino di Vargas su un emittente di Genova ha raccontato
la toccante storia che ha coinvolto invece il giocatore peruviano, un
fatto di cronaca fiorentina che è stata tenuta nascosta dalla società
Viola, ma che alla fine ne ha minato il rendimento a Firenze fino a
metterne in serio dubbio anche la carriera, visto come ancora oggi Manuel non
riesca a uscirne psicologicamente, cercando nella birra quel conforto
artificiale che invece lo spinge sempre di più verso un baratro
saccarometrico. E’ una storia d’amore finita male la sua che il cugino
ieri ha avuto il coraggio di rendere pubblica con la speranza di
sensibilizzare un ambiente focalizzato solo a contestarne il rendimento
non conoscendone affatto le profonde cause che lo hanno causato,
ricordando anche che la notte del ribaltamento con la Porsche in Piazza
Pier Vettori fu proprio quello nel quale il giocatore fu sconvolto e
coinvolto nell’incidente stradale che tanto ha fatto parlare, una corsa
disperata che il cugino ha raccontato con l’aggiunta di un filo di
commozione a crudo. L’inizio della crisi di Vargas, quello per
intendersi nel quale le galoppate sulla sinistra sono scomparse dal suo
repertorio coincide con la scomparsa di Beatrice, una fruttivendola di
Santo Spirito del quale il peruviano si era perdutamente innamorato un
giorno che cercava la menta per il mojito. Lei aveva un banco di frutta
in Santo Spirito, da quando però era caduta rovinosamente da un fico,
quel frutto era stato bandito dalla sua mostra, poi era diventato una
fobia. Quando si parlava di sesso la sua poteva essere solo la
“passera”, nient’altro che ricordasse la causa di quelle fratture
multiple, mora come una mora e bellissima come una composizione di
frutta da matrimonio, i suoi occhi avevano una strana forma che
ricordava quella di un fico adagiato su un fianco. Aveva anche una
strana intolleranza emotiva verso Ficarra, senza mai riuscire a capire
bene il perché, visto che invece con Picone andava molto d’accordo,
Vargas che se ne era innamorato subito era diventato ormai un suo
storico cliente. Lei non lo vedeva proprio e anzi lo aveva scambiato per
uno che vendeva la Nazione al semaforo in fondo al viale Europa, lui
subdolo intanto aspettava, come quella sera che la sorprese terrorizzata
dallo stalking messo in atto dal meglio fico del bigoncio di tutta San
Frediano. La rassicurò e poi la invitò prima a cena, e dopo la
macedonia, a casa. Disperata allora si lasciò andare, si baciarono e
dalla sua bocca uscirono tutti i sapori della frutta esotica del suo
banco, un campionario che si portava sempre con se per deformazione
professionale. Vargas aveva pronto il colpo di scena, il suo pezzo
forte, scenografico, un rituale seduttivo che aveva imparato da un
playboy di Lima. “Vado in bagno mettiti comoda”, lui sicuro di stupirla
lei già sul letto tutta avvolta dal desiderio quando si apre la porta
del bagno ed esce quella fava in costume adamitico, corpo scultoreo e
solo una foglia di fico a coprire il sesso. Una trovata tale che quella
foglia se la sarebbe dovuta mettere anche in testa perché a lei si
annebbiò subito la vista, cominciò a sudare fruttosio mentre le salivano
i valori del diabete, del colesterolo e dalla glicemia. Il sangue
diventò sciroppo di mele, la pelle si coprì di peluria come una pesca.
La chiesa di Santo Spirito fu addobbata con albicocche e ciliege di
Vignola, ed era tutto uno sputar di noccioli mentre l’epitaffio sulla
tomba recitava “ sono arrivata alla frutta”. Il resto è noto, lui non si
è più ripreso e l’epitaffio sulla sua carriera è lo stesso di quello di
Beatrice sulla tomba.