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mercoledì 15 aprile 2015

Tattica e poesia per battere la Dinamo

Invidio chi sa sempre cosa fare, chi avrebbe saputo quale giocatore utilizzare per evitare le batoste della vita. Anzi, oltre a riconoscergli questa capacità, devo pure confessargli che sono io quello che sta cercando da tanto tempo per spaccargli la faccia. Sono io quello che va a citofonare nelle certezze della gente e poi scappa. E sono sempre io quello che va a rigare le fiancate della gente che ha l'autocontrollo, e poi scappa. Questa mia tendenza a sollevare dubbi non mi vale però come attività fisica. Sono statico come un giudice di porta, ma comunque in grado, e da fermo, di ammirare quelli pieni di sé, a differenza di me che sono invece solo pieno di "se". Cerco di sforzarmi e di simulare sicurezze che non ho, non sono ancora mai arrivato a suggerire ad un allenatore quello che avrebbe dovuto fare per vincere, ma ho cominciato a impormi una certa sfacciataggine per combattere questa mia sudditanza psicologica verso le professioni che non siano la mia. Sono stato a Viareggio solo per mettere in dubbio la cosa per la quale da sempre eccelle un marinaio. Io cittadino di merda ho messo in discussione le capacità tipica di una persona con un’ancora tatuata sul bicipite, impegnata sul ponte della sua barca. In poche parole gli ho detto che cosa voleva saperne lui di nodi, se non aveva mai provato a mettere in tasca un paio di cuffie. Sono esercizi che mi sono imposto per combattere le mie titubanze, per far credere alla Rita che sono in grado di ormeggiare una barca in porto al riparo dal mare in tempesta di due disfatte consecutive. Ma soprattutto per farlo credere a me stesso, perché la Rita non la freghi. Tra i tanti esercizi che faccio per autoconvincermi delle mie capacità, ce n’è uno in particolare a cui tengo molto, perché serve a farmi sentire più giovane e desiderato, un tema questo molto sensibile per un uomo oltre i 50. E quando sono giù, quando anche Richards non serve più a salvare la mia Fiorentina, faccio di tutto perché più ragazze possibili mi chiedano di uscire. Così mi chiudo nel bagno delle donne. E’ vigilia di una partita molto importante e allora sottolineo due aspetti che mi vengono in mente guardando le montagne fuori dalla finestra dell’albergo; uno da un punto di vista tattico, l’altro riguarda l’ambito più vicino agli aspetti ambientali che non dovranno condizionarci. Per mascherare certe caratteristiche dei giocatori userei una numerazione delle maglie più fantasiosa, non più per esempio il classico numero 10 al giocatore in possesso di maggiori qualità tecniche, perché troppo facile da individuare per l’allenatore avversario. Quello che voglio dire è che vanno usati numeri furbi, alternativi, ma che nascondono sempre un significato che vada a sorprendere la Dinamo di Kiev. L’88 per me è come il 69, ma solo con persone più grasse. E poi d'aprile l'aria si fa appena calda. Pare una guancia.