Nei dintorni del finale di partita contro la Dinamo ho preso atto che in questo blog si è formato un gruppo di pensiero trasversale che però confluisce come per magia in un pensiero coeso che sta ad un livello superiore. Nel superattico del blog. In poche parole facciamo squadra anche pensandola in maniera diametralmente opposta. Qui da noi le distanze di pensiero non portano mai allo scontro, ma al contrario compattano l’ambiente in maniera importante. Ed è proprio questo uno dei vanti che mi pervade da mattina a sera e da sera a mattina, la notte dormo ma lo faccio sempre di più con il rammarico di non poter essere coscientemente pervaso. E alla fine tutti convergiamo verso un intento comune che è il pensiero coeso che sta lassù dove la luce la fa da padrona. L’intento comune è un concetto molto diverso da quello di fossa. Anche meno caratterizzato dalla stagionatura tipica con la quale la fossa connota di sfumature cupe il pecorino. In poche parole facciamo il cosiddetto lavoro di squadra. Deyna attacca l’allenatore perché toglie Gomez, Zeman attacca l’allenatore perché invece ce lo mette. Due visioni di calcio contrapposte, che però portano ad una valutazione assolutamente condivisa sulle qualità del Mister. Se avessimo dei viadotti su questo blog ci scriveremmo con la bomboletta spray “Montella è una fava”, che piova e tiri vento o che ci sia il sole. Con o senza l’ora legale, oppure senza più le mezze stagioni. A niente vale il fatto che la Fiorentina vada a dominare in trasferta in un quarto di finale di una coppa europea. Gente mediocre quella di Kiev mi si dirà, anche se ha fatto cinquina in Inghilterra, e che nel loro campionato sono davanti a chi partecipa con dignità a manifestazioni tipo quella a gironi della Champion. Non ci facciamo certo influenzare nella valutazione sull’allenatore dal fatto che andiamo ad imporre calcio in Europa come poche volte ci è riuscito prima. Non mangio troppo pesce, e senza il fabbisogno di fosforo giornaliero non mi spiego come sia possibile imputare alla squadra e al suo allenatore, un uomo certo madido d’imperfezioni ben più di una Fiat, la mancanza di velocità della manovra contro una squadra chiusa come un paguro dentro il suo guscio, una squadra crostacea che vive sui fondali erbosi della propria metà campo. E malgrado questa lentezza endemica molto napoletana potevamo chiudere il primo tempo col doppio vantaggio, rigori permettendo. Siamo tutti concordi quindi nel contestare a Montella la propensione a commettere anche piccoli errori che sommati però concorrono a rovinarci tutto il resto della vita. E tutto ha origine dal suo errore più tipico che gli addebitiamo senza sconti, che alla fine è un po’ quello di essere nato. Quello su cui vi invito a riflettere per convincervi a rivedere certe valutazioni per quanto riguarda invece la parte di comunicazione di Vincenzo, che non viene apprezzata forse perché il suo modo di essere esprime troppa serenità ed equilibrio solcato da sorrisi inaccettabili, è il fatto che molte cose le dice ma non la pensa. Se voi credete a quello che dice probabilmente prima o poi riuscirà ad educare anche voi al suo modello di calcio. Mi spiego meglio. C’è rimasto solo un biscotto, il bambino di Vincenzo che ha tre anni sta per prenderlo: "Guarda Peppa Pig che vola!". Lo fa solo per educarlo, perché la vita è un inganno.