Capisco l’incazzatura post Juve, capisco l’entusiasmo post impresa, e capisco anche che il pareggio ha perso il fascino di un tempo. Il pareggio è diventato come una donna senza seno. C’è solo la vittoria oppure il dramma della sconfitta. Tutto subito. Proprio come nella vita che corre parallela tra una partita e l’altra. La vita che ti dà, la vita che ti prende. Ti dà la gioia di vivere con la pizza, te la leva facendoti svegliare di notte per bere alle 1:40, 2:28, 4:37. Tendo sempre a raccontare di queste situazioni come se fossi una voce fuori campo, come se a me non toccassero, o come se a me non facessero lo stesso effetto. Non a caso mi definisco una sorta di saggio del tifo, non guardo le formazioni o le pagelle, vivo il momento gioioso quando c’è da mordere la pizza, e non mi alzo a bere la notte perché la prendo senza acciughe. Invece che incazzarmi preferisco indicare la luna, e se la luna mi chiede cosa voglio, allora la invito a ballare. Lo so che a voi il risultato influenza e non c’è nessun vaccino per questo ceppo, e magari vi chiederete ma che cazzo di saggio sarei mai. Sono un saggio di danza. E’ così, e perché ancora non vi ho mai raccontato che sono anche un vero artista, mentre nel mondo del calcio sono più che altro un immigrato, ho una grande passione per la Fiorentina ma rischio la disidratazione perché non bevo mai. Quando dipingo invece sono veramente me stesso, la mia tecnica di pittura preferita è olio su bruschetta con un quartino di vino rosso. Ieri sono stato alle Cascine al Foodtruck Festival 2015, street food itinerante, dove ho potuto dipingere “en plein air”. Più che impressionismo sono rimasto meravigliosamente impressionato dagli arancini al ragù, dalla crema fritta ascolana, dalla birra artigianale rossa della Valtellina, dal cartoccio di patate novelle sieglinde di Galatina con il curry. E dalle file. Insomma, ho già iniziato l’italianizzazione della mia pittura e stanotte non ho bevuto. Il mio vivere calcio è genuino, per me il superlativo di amare è amarena, non valuto le giornate dal risultato, le valuto dai palloncini impigliati negli alberi. Nel calcio c'è così tanta fame che la gente si rimangia tutto quello che dice. C’è troppa finzione per arrabbiarsi, si dice che sia uno sport di contatto, ma poi non serve nessun contatto per volare in terra e rotolarsi. Non ci sono più le mezze stagioni e sempre di più si ammonisce per simulazione. Ho la fortuna però di guardare il calcio ancora con gli occhi di quando ero bambino. Non amo le donne che simulano gli orgasmi per intendersi. Del calcio apprezzo quel poco di vero che c’è rimasto, soprattutto gli spalti vuoti così almeno non sento i cori razzisti. Come di Angelina Jolie, che anche se c'è rimasta solo la scocca, c’è comunque da perderci la testa.