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giovedì 24 maggio 2012

Midnight in Paris


Se fosse Woody Allen il nuovo Direttore Generale della Fiorentina sarebbe tutto più facile, perché a quei tifosi stanchi di una proprietà di incompetenti  basterebbe aspettare la mezzanotte davanti allo Scheggi, e come nel film, apparirebbe la macchina di Vittorio Cecchi Gori che se li porterebbe via risucchiandoli nel periodo della nostalgia canaglia. Tutti i giorni davanti allo Scheggi a mezzanotte equivarrebbe a rivivere i fasti della competenza, e come nella Parigi dei ruggenti anni venti della sceneggiatura originaria, i tifosi, invece di ritrovarsi con scrittori come Ernest Hemingway e Francis Scott Fitzgerald, si ritroverebbero con chi ha scritto la storia della Fiorentina. Invece di Picasso e Matisse ritroverebbero chi dipinse il nostro futuro, quello del nostro periodo più ricercato, che non è blu e neanche rosa, ma nero, quello più nero, da Salvador Dalì al nostro salvatore cicciottello, da lì in poi, invece e purtroppo, sarebbe cominciato il nostro presente marchigiano, del quale, come il protagonista del film di Allen, il tifoso è ormai stanco. Forse è meglio raccontare molto velocemente la trama del film per rendere comprensibili i miei tortuosi e già di solito poco comprensibili tornanti dialettici. Il protagonista è uno scrittore in vacanza a Parigi, stanco della vita e del mondo di Hollywood, girellando a piedi nella notte parigina, allo scoccare della mezzanotte viene invitato a salire a bordo di un auto degli anni venti, portandolo di fatto proprio in quell'epoca da lui preferita e nella quale conoscerà tra gli altri anche alcuni degli artisti che ho già citato. Poi si innamora di Adriana che non è la versione femminile di Galliani, ma bensì la compagna di Picasso e di Modigliani, e poi Cole Porter che non gioca in porter, Man Ray che non gioca in porta e non è nemmeno Frey. Il protagonista vive tutte le sue notti parigine, da mezzanotte in poi, in quella che considera l’età dell’oro, e che noi possiamo equiparare per la Fiorentina a quella Cecchigoriana, innamorato di Adriana che potrebbe essere Rita Rusic, quando i due subiscono lo stesso incanto e si ritrovano proiettati nel Maxim’s della Belle Epoque, l’epoca questa volta vagheggiata da Adriana, dove incontreranno Toulouse-Lautrec, Gauguin e Degas, che ancora più indietro nel tempo riportano il nostro tifoso fino ai Pontello e ai suoi scenari impressionisti, appunto, che ci impressionarono soprattutto per la cessione di Baggio. E qui il protagonista tifoso scopre che il vagheggiamento di “un glorioso passato perduto” è un aspirazione ricorrente nell’animo umano, da sempre, quando si preferisce guardare nostalgicamente a un romantico passato (di fallimenti) piuttosto che accettare la banalità e l’insoddisfazione del presente e guardare con incertezza al futuro. Adriana è decisa a rimanere nella Belle Epoque come molti tifosi, il protagonista invece, come me preferisce tornare al presente, si insomma, scarpe diem, e guardare con fiducia all’oggi e al futuro, nel film Gil reincontra una ragazza parigina conosciuta al mercatino delle pulci, e la scoperta del comune amore per le notti parigine gli farà abbandonare il vagheggiamento per il passato, accettando finalmente il suo presente. E se il film ha vinto l'Oscar per la migliore sceneggiatura originale con Woody Allen, il variegato mondo che gira intorno alla Fiorentina, concorre invece a quello per la miglior sceneggiata dopo le parole orientali di Della V-Allen.