Dal nastro d’argento
dell’Arno, con la complicità dell’inquinamento non solo dei sentimenti, siamo
passati a Dario Argento e al suo “Profondo Rosso”, si, perché solo di sprofondo
si parla ormai a Firenze, e oggi siamo a sfogliare il diario di una tifoseria che
è precipitata in un film dell’orrore, come sono lontani i tempi di “camera con
vista” nella quale si faceva all’amore guardando quel cupolone di Vittorio, non
più Chiantishire dunque, ma schianti di disfattismo ovunque, tutto è macchiato
e nero come un caffè prima di essere macchiato, siamo diventati i macchiaioli
del pessimismo, solo ricordi sbiaditi come quello degli inglesi innamorati del nostro
morbido declivio, o come i tifosi un tempo innamorati del morbo di Di Livio,
sono scomparsi dalla nostra prospettiva anche i giapponesi incolonnati dietro agli
obiettivi con il solo obiettivo di portarci via la bellezza. Anche a Lele
Oriali non sono più gradite le nostri dolci colline, come sembrano non esserlo
più per nessuno, questo è quello che fa emergere il pessimismo cosmico di una
città senza più pathos, spesso infilata da Pato, ma soprattutto affetta da
patologie ansioso-depressive, perché lo dice anche il detto, che “passato
l’appeal gabbato lo santo”, o meglio ancora, “passato lo santo gabbato l’appeal”.
E’ incredibile il disfattismo che si respira tra la tifoseria, una Trespiano dalla
mortalità precoce dell’equilibrio, che si snoda tra le nostalgie allo zafferano
e l’indulto tombale della ragione, e ormai è calata anche l’ultima cataratta
del buonsenso, il marchigiano non è povero, ma diavolo sì, sotto le mentite
spoglie di un ciabattino che ormai ha reso indegno l’intero territorio, uno
scarpaio che ne ha sfigurato i profili e messo i cipressi sopra la passione.
Isteria e provincialismo in duplice filar, tifosi che vanno via di pedina come
fagiani tra le vigne, una Caporetto dell’ironia e dell’ottimismo che spinge
Renzi al gemellaggio con la città di Prozac, che non è l’ennesimo serbo, siamo
in buca in tutti i sensi, e la buca è profonda, e se non vogliamo portare i
libri in tribunale bisognerà ripianare questo deficit con un po’ di fiducia e
buonsenso, con il buongusto e un bel po’ di serenità in attesa degli eventi, perché
in molti oggi sono così ansiosi che perderebbero una mano di poker anche con un
tris d’assi contro una coppia di jack, convinti come sono dallo sguardo duro
della sfiducia, di avere in mano solo un tris di primi, e se è tutto così nero forse
allora ci vorrebbe Del Neri più di Zeman, e per un allenatore così schietto
come il vino, come quando uno ne ha bevuto troppo che non si capisce quello che
dice, e per una città che del bubare ne ha fatto un porto franco, ci starebbe
bene anche una bella presentazione della nuova squadra fatta da Franco Nero.
Dare
del ciabattino e dello scarpaio è solo un modo di drogarsi, di soddisfare il
proprio provincialismo tossicodipendente, che fa crescere la schiavitù di pari
passo all’invidia sociale che galoppa come lo spread, e mentre ormai è cosa
buona e giusta andare in comunità prima che sia troppo tardi, quale miglior
luogo per farlo se non proprio quello che ci circonda, meraviglioso e collinare
come dei seni, quello che per qualcuno sembra invece diventato inospitale, mentre
è sufficiente lasciarsi coccolare dalle dolci colline che ci circondano,
affidandosi con fiducia alla solidità marchigiana, insomma, rifugiamoci tra le nostre
curve sode, anche quelle meno dolci e più scoscese che lasciano uno spiraglio
di boscaglia, perché nel caso venisse tradito il mio ottimismo, sarà lì che mi darò
alla macchia.
