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martedì 22 maggio 2012

Boscaglia canaglia


Dal nastro d’argento dell’Arno, con la complicità dell’inquinamento non solo dei sentimenti, siamo passati a Dario Argento e al suo “Profondo Rosso”, si, perché solo di sprofondo si parla ormai a Firenze, e oggi siamo a sfogliare il diario di una tifoseria che è precipitata in un film dell’orrore, come sono lontani i tempi di “camera con vista” nella quale si faceva all’amore guardando quel cupolone di Vittorio, non più Chiantishire dunque, ma schianti di disfattismo ovunque, tutto è macchiato e nero come un caffè prima di essere macchiato, siamo diventati i macchiaioli del pessimismo, solo ricordi sbiaditi come quello degli inglesi innamorati del nostro morbido declivio, o come i tifosi un tempo innamorati del morbo di Di Livio, sono scomparsi dalla nostra prospettiva anche i giapponesi incolonnati dietro agli obiettivi con il solo obiettivo di portarci via la bellezza. Anche a Lele Oriali non sono più gradite le nostri dolci colline, come sembrano non esserlo più per nessuno, questo è quello che fa emergere il pessimismo cosmico di una città senza più pathos, spesso infilata da Pato, ma soprattutto affetta da patologie ansioso-depressive, perché lo dice anche il detto, che “passato l’appeal gabbato lo santo”, o meglio ancora, “passato lo santo gabbato l’appeal”. E’ incredibile il disfattismo che si respira tra la tifoseria, una Trespiano dalla mortalità precoce dell’equilibrio, che si snoda tra le nostalgie allo zafferano e l’indulto tombale della ragione, e ormai è calata anche l’ultima cataratta del buonsenso, il marchigiano non è povero, ma diavolo sì, sotto le mentite spoglie di un ciabattino che ormai ha reso indegno l’intero territorio, uno scarpaio che ne ha sfigurato i profili e messo i cipressi sopra la passione. Isteria e provincialismo in duplice filar, tifosi che vanno via di pedina come fagiani tra le vigne, una Caporetto dell’ironia e dell’ottimismo che spinge Renzi al gemellaggio con la città di Prozac, che non è l’ennesimo serbo, siamo in buca in tutti i sensi, e la buca è profonda, e se non vogliamo portare i libri in tribunale bisognerà ripianare questo deficit con un po’ di fiducia e buonsenso, con il buongusto e un bel po’ di serenità in attesa degli eventi, perché in molti oggi sono così ansiosi che perderebbero una mano di poker anche con un tris d’assi contro una coppia di jack, convinti come sono dallo sguardo duro della sfiducia, di avere in mano solo un tris di primi, e se è tutto così nero forse allora ci vorrebbe Del Neri più di Zeman, e per un allenatore così schietto come il vino, come quando uno ne ha bevuto troppo che non si capisce quello che dice, e per una città che del bubare ne ha fatto un porto franco, ci starebbe bene anche una bella presentazione della nuova squadra fatta da Franco Nero. Dare del ciabattino e dello scarpaio è solo un modo di drogarsi, di soddisfare il proprio provincialismo tossicodipendente, che fa crescere la schiavitù di pari passo all’invidia sociale che galoppa come lo spread, e mentre ormai è cosa buona e giusta andare in comunità prima che sia troppo tardi, quale miglior luogo per farlo se non proprio quello che ci circonda, meraviglioso e collinare come dei seni, quello che per qualcuno sembra invece diventato inospitale, mentre è sufficiente lasciarsi coccolare dalle dolci colline che ci circondano, affidandosi con fiducia alla solidità marchigiana, insomma, rifugiamoci tra le nostre curve sode, anche quelle meno dolci e più scoscese che lasciano uno spiraglio di boscaglia, perché nel caso venisse tradito il mio ottimismo, sarà lì che mi darò alla macchia.