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sabato 9 gennaio 2016

Ho visto un uomo e una donna abbracciarsi felici davanti alla Chiesa di Santo Spirito

Soffro di insomma. O tanto o niente, siamo stati tutto il periodo natalizio senza la Viola ed ora siamo già alla seconda partita in rapida successione. Stare lontano dalla Viola è un po’ come non trombare da 16 ore. Si, 16 ore e 95 giorni, per l'esattezza. E stare troppo vicini significa non godere a sufficienza della vittoria precedente. E’ anche vero che in questo periodo non tutti soffrono di insomma, ho visto un uomo e una donna abbracciarsi felici davanti alla Chiesa di Santo Spirito. E senza che fate tanto i cinici, vi invito a cogliere il significato vero di quell’abbraccio nel quale si vede chiaramente che è ripartita la Serie A, e sono iniziati i saldi. E poi un insomma ci sta tutto anche per l’arbitro Rizzoli. Uno ce lo metto perché in assenza di Bernardeschi non sono così sicuro che Kuba sia in condizione di sostituirlo. Un insomma mi ci scappa anche per l'uomo ucciso a Parigi con una finta (niente a che vedere con quelle di Borja Valero a Palermo) cintura esplosiva: E’ ancora ignota la sua identità, mentre le ricerche si concentrano nel giro delle teste di minchia. Massimo Mauro ha un alibi di ferro. Un insomma poi perché c’è un limite alla gazzarra, inaccettabili tutte queste urla disumane che squarciano il cielo, di gente che si pesa dopo le feste. Perché c’è la possibilità concreta di scambiarle per urla di tifosi. Da lì a temere che lo streaming sia in ritardo è un attimo, specie se in quel momento sta attaccando la squadra avversaria. Insomma a tutto c’è un limite, come questa cosa di Leopoldo Mattia ci insegna che quando qualcuno ha un nome di merda, il portiere di riserva del padre si chiama Neto. Un insomma me lo sparo anche per certe trasmissioni di Calciomercato su Sportitalia, perché non è che mi annoi, io metto sempre le cuffie con gli AC/DC a palla quando sono interessato. E se oggi battiamo la Lazio chiudendo il girone d’andata a 41 punti, avremo confermato il forte cambiamento ai vertici del calcio italiano. Sarà 8 e mezzo in pagella il mio voto alla squadra, mentre altre città con la nostra stessa dimensione sono rimaste fedeli alla tradizione della propria classifica. Mi viene in mente Genova dove il piatto tipico rimane saldamente le trofie al pesto, o Bologna con i tortellini al ragù, oppure come Roma dove malgrado una dimensione superiore, non ci si sposta dal classico bucatino all'amatriciana. Firenze no, ha fatto il salto raggiungendo addirittura l’internazionalità di Milano dove il piatto tipico è diventato il sushi. Si al cambiamento quindi, anche per le famiglie tradizionali che ormai sono composte da un puttaniere, una milf e due piccoli rompicoglioni sempre con il tablet in mano. E un insomma finale non poteva mancare per la mia faccia tosta, visto che non solo mi prendo certe licenze poetiche, ma senza neanche avere quella elementare mi avventuro in operazioni tipo 38 + 3.



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