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venerdì 16 marzo 2012

Davanti ai Kanchelskis


Ricordi di una partita che cominciava subito dopo aver aperto gli occhi la domenica mattina, inzuppata ancora calda di sonno nel caffellatte, senza il fastidioso risveglio dagli incubi del rarefatto mondo dello spezzatino tv, tra anticipi aticipi e posticipi di un calcio postumo, quando l’orario d’inizio aveva la sua sacralità fissata con cerimonia di ringraziamento alle due e mezzo, mentre quello del contrappello davanti ai cancelli ancora chiusi, era rigorosamente fissato tre ore prima. A provare e riprovare l’asta della bandiera in due pezzi da montare come una canna da pesca telescopica, con la stoffa lucida solitamente utilizzata per foderare, bianca e Viola cucita dalla mamma la quale aveva ideato anche un artigianale chiusura sull’asta attraverso tutta una serie di fiocchi. Strappata qua e là e sporcata dalle tante partite nelle quali veniva sdraiata sui gradoni sotto i piedi di mille entusiasmi e delusioni. Un panino con la frittata incartato nella stagnola, la cassatina e poi tanta, tanta voglia di vederli apparire dal sottopassaggio, con il cappello bianco a zuccotto del vigile urbano uscire per primo a dichiarare la fine della grande attesa. In piedi, stretti come sardine e mossi dalla passione di un onda unica che si muoveva come l’azione in campo, interrompendo il suo moto perpetuo, bloccata e irrigidita in attesa solo di esplodere di fronte al miraggio del gol, per ripartire subito dopo l’occasione sfumata, con la voce graffiata dai mille cori e i coriandoli di giornale come una pioggia a lento rilascio che non bagnava, e poi boccate di fumogeni a colorare di viola anche il panino con la frittata. Il mio ricordo di Fiorentina - Juventus è il quattro a uno del settantacinque, come solo quattro alla fine erano le lettere dell’alfabeto che utilizzavamo per uscire dall’adolescenza, la A di Antognoni, la B di bar, la C di calcio e di campo che comprendeva quello delle Scuderie a Porta Romana dove giocavamo  dalla mattina alla sera, e ovviamente quello di Campo di Marte dove vivevamo la nostra passione, la D e la E erano sempre e solo Domodossola ed Empoli, e ultima ma affatto ultima la F che era il vero tripudio della nostra esistenza, perché era la F di Firenze, la F di Fiorentina, quella di Fiesole che era la nostra curva, e poi la F di fi… si insomma, quella che di lì a poco ci avrebbe sconvolto la vita.