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domenica 22 gennaio 2012

L'ombrello (racconto pre partita per allentare la tensione)

Camminavo appiattito al muro come un geco, per ripararmi dall'acqua che veniva giù copiosa, tanto da disegnare nel cielo di Santo Spirito un gessato in diagonale. Odio l'ombrello perché rompe l'equilibrio delle proporzioni, perché è appendice poco nobile e perché mostra il timore reverenziale verso una pioggia che invece non temo affatto. E allora scansavo i motorini sul marciapiede di via Maffia in un trekking urbano estremo, che mi costringeva ad allargare la traiettoria con il rischio di imbarcare acqua, mentre il Cool Water reagiva all'umidità esprimendo tutto il suo effluvio fuori tempo. L'acqua rimbalzava forte sulla pietra serena formando uno sporco cuscinetto intrecciato dentro al quale le Allen Edmonds soffrivano le pene dell'inferno, mentre furtivo andavo a casa della Cecilia. L'avevo conosciuta alla Misericordia, e insieme facevamo coppia a briscola, fuori dalla Misericordia invece la facevamo a scopone. Scientifico era invece il modo di frequentarci di nascosto quando suo marito andava a lavorare la notte al forno del Materassi in via de' Serragli. Una grondaia rotta in via Sant' Agostino mi aveva costretto a una pausa di riflessione prima di scelte dolorose come quella se preferire lo scroscio concentrato della cascata oppure il più esteso e naturale diluvio in atto, mentre la bella Cecilia mi aspettava asciutto e profumato come al mio solito, quando si avvicinava Aziz che aveva colto l'opportunità commerciale di vendermi un ombrello. Eravamo lì e rideva forte della sua appetibile e secondo lui irrinunciabile offerta fatta di ombrelli oltretutto dozzinali, e di fronte a quella che sempre per lui era una mia chiara debolezza, ma l'ombrello no, è insopportabile. E poi alla fine tutta quell'acqua non poteva che fare bene all'igiene intima del rapporto in procinto di essere consumato, e comprata una confezione di fazzoletti di carta da Aziz avanzavo deciso verso il paradisiaco mondo della moglie del fornaio. Il nostro modo scientifico di incontrarci consisteva in poche ma ferree regole di sicurezza, niente telefono, e appuntamenti rigidamente prefissati e non modificabili in alcun modo, e quindi all'ora stabilita dovevo essere al portone che doveva essere necessariamente aperto come segnale del via libera, solo che la Chiara che abitava lì era scesa una attimo prima che girassi l'angolo e se l'era richiuso alle spalle. Portone chiuso voleva dire un secondo e ultimo tentativo a distanza di cinque minuti, dopodiché ci si aggiornava l'indomani a briscola. La Cecilia non vedendomi arrivare, dopo cinque minuti riaprì il portone proprio mentre la Chiara rientrava dopo aver buttato la spazzatura, e così, uscito dal riparo costituito dall'angolo della strada dove con il cronometro in mano controllavo il tempo scorrere, lo ritrovai chiuso pensando che il marito fosse rientrato per qualche motivo, giustificazione che la Cecilia ribaltò pensando a mia moglie. Rientravo allora mesto pensando all'inciucio sessuale mancato, quando Aziz mi ripropose l'acquisto dell'ombrello al quale risposi comprando calzini che mi sarebbero serviti per lucidare le scarpe, mentre passavo davanti al forno dove lavorava il marito della Cecilia. Proprio in quel momento usciva uno strano figuro con una tuba in testa, Burberry's, pantaloni di vigogna e scarpe di vernice che si vedevano fino da piazza del Carmine, mi veniva incontro con fare deciso, aveva un cornetto alla crema in mano, corna parzialmente celate sotto una tuba nera, era Cornelio il protettore dei cornuti. Ero rimasto a bocca aperta, che subito mi si riempì d'acqua in un attimo e che risputai violenta come quando qualcosa ti va di traverso, una volta valutata l'assoluta idrorepellenza del protettore dei becchi nell'attraversare la strada sotto quel nubifragio, per venire a pararmisi di fronte con fare minaccioso. Arrestai l'andatura di colpo aspettandomi il peggio, mentre Cornelio non fece discorsi, nessun discorso ma solo gesti, anzi uno solo. Mi fece il gesto dell'ombrello. 

7 commenti:

  1. Ma chi tu sei? i' Pierozzi?

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  2. Ha ragione Jordan, fossi stato il fornaio te l’avrei  fatta trovare sotto casa con bagagli e Birillo, e me ne sarei andato via ridacchiando.

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  3. No, il Pierozzi è a un livello nettamente superiore, io sono fondamentalmente una fava, ma chi mi frequenta penso che fondamentalmente si trovi bene con le fave.

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  4. Quello de' bagagli e Birillo l'era il prof. Sassaroli (ai quali qualcuno dice che somiglio) col Melandri, l'era un'altra barzelletta. Il Pierozzi se un n'era pe' l'alluvione trombava e mangiava cornetti caldi tranquillo. Quanto alle fave l'importante gli è sapello, "gnoti sautòn" conosci te stesso che è la più grande saggezza. C'è chi l'è fava e crede d'esse' ganzo, e quello l'è il problema. Poi in realtà ognuno di noi l'è un po' fava e un po' ganzo, se no lo sai che monotonia!

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  5. Vero, ho fatto confusione col Perozzi quello che invece muore d'infarto. Non serve che te lo dica ma non è una barzelletta è un film.

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  6. Volevo dire un'altra storia, o un tu vo' che sappia che l'è "Amici miei" che l'ho 'mparato a mente? Pollock perchè per scrivere e bisogna aprie l'archivio blog? la pagina diretta non riporta automaticamente i commenti come prima

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  7. Che vi siete suicidati tutti dopo la partita? In fondo un s'è mica perso. O che volevi vincere senza fa' go'? O un ve l'aveo detto che con Ljaic e Acosty e si marcava i' lunedì? E l'è ancora domenica o icche vu' volete? Se al posto di Acosty c'era Gilardino che vu' lo pigliavate tanto pe' le mele, su qui' crosse di Vargasse all'urtimo minuto magari e ci scappava anche il gollonzo!

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