.

.

giovedì 24 novembre 2016

Quando il bicameralismo perfetto erano le due "mini"


Il bicameralismo perfetto si è manifestato per la prima volta in San Frediano, naturalmente, era l’ultimo periodo di convivenza del Bambi con la Nicoletta prima che si mandassero definitivamente affanculo. Tutto ebbe origine nel preciso istante in cui lei rimase a dormire in camera da sola mentre lui si trasferì sul divano. Poi una volta che lei se ne andò via per sempre e lui rimase solo mi chiamò, con quel livello di tragicità che può raggiungere solo il Marasma nei testi dei suoi striscioni, e mi supplicò di lasciarlo morire su un letto (non divano questa volta) di patatine San Carlo pepe rosa e lime. Perché rimasti soli ci avveleniamo anche per i rigori assegnati a cani e porci. Rimasti soli senza una cometa dalle poppe grosse da seguire, il terzo scudetto diventa quella cosa che accade mentre aspettiamo che venga su il caffè dalla moka senza aver acceso il gas. L’esigenza di amare nell’uomo regola le ricadute sul tifo, e quando c’è carenza d’affetto il disagio si riversa sugli spalti, al bar, in Rete. Pensate cosa vuol dire per un tifoso Viola “amare”; se verbo da un senso alla sua vita e si riferisce a tutto ciò che riguarda quella maglia con il giglio, se aggettivo racconta di certe giornate avvelenate da una sconfitta. Se la cosa può interessarvi, in merito al referendum mi asterrò così come fa l’inverno,  per le parole di Sousa su Bernardeschi, invece, s’invoca a gran voce l’intervento della società quando sarebbe bastata la mi’ povera  nonna, maestra nel risolvere le piccole beghe del quotidiano. Ricordo ancora quando da piccolo dopo aver mangiato il gelato mi ritrovai con le mani tutte appiccicose, un tipo di fastidio molto simile a quello provocato dalle parole del Mister, la nonna non fece discorsi, entrò in chiesa e me le pulì dentro l’acquasantiera.

Nessun commento:

Posta un commento