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mercoledì 9 agosto 2017

Quando Rosa era al massimo la maiala di tomà


Provo a dire la mia su un tipo di mercato che ha come obiettivo proprio quello di non dare senso di appagamento, perché la fame di acquisti ci permette di non perdere quel po’ di noi come invece succede ogni volta che diciamo “No grazie sono sazio”. Come mai questa filosofia? La risposta sta tutta nell’indole di Corvino che da ragazzo in spiaggia, davanti al falò, era quello che suonava i bonghi. E il tifoso, in un mercato di questo tipo si unisce, si omologa nella lamentela, sembra fatto in serie. In serie difficoltà. Tifosi che se li leggesse Freud rileverebbe la gestione del trippaio di Porta Romana. E alla dichiarazione di Corvino (che è un po’ Jung) “E’ tutto dentro di noi quello che serve”  anche Zemanviola non ce l’ha fatta più e se n’è andato via, prima dei Della Valle. Grucciate agli zoppi insomma, non solo il mercato, ai tifosi Viola più giovani si prospetta persino il liceo breve, quattro anni invece di cinque perché gli anni del liceo sono i più belli. Scie chimiche sul nostro futuro, complottisti che vedono Satana anche dietro la cessione di Satalino. Ed è così che oggi il rischio più grande se lo potrebbero prendere quelli contrari ai vaccini che si sporgono  troppo dalla Terra piatta per vedere se arriva Eysseric, cadono in depressione e muoiono dentro. Per fortuna arriverà in soccorso un po’ di sollievo, un abbassamento delle temperature dovuto a un gradevole vento di mestruale. Sarà per questo che in città non c’è più una cucina senza il sale rosa, gli chef sono diventati delle star, quando prima invece il coho era solo lezzone. Anche offendere qualcuno è ormai diventato un viaggio etnico all’interno della tolleranza e dell’immigrazione; “L’Himalaya di tomà e i’ Cracco di topà”.

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