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lunedì 13 febbraio 2012

Non è un calcio per vecchi

Non ho nessun fratello Coen, però mi rifaccio ugualmente al loro film perché anche il calcio purtroppo non è pensato per una popolazione anziana, ma fatto solo di strutture che ricalcano fedelmente il modello del lager, e che insieme alle temperature siberiane trasformano la concentrazione dei fattori inospitali in un vero campo di concentramento per tifosi. E una volta deportato, al povero  tifoso viene somministrato un calcio spezzatino che fa vomitare, mentre la sua maroniana tessera diventa come quella per il pane, che gli servirà per mettersi in fila tra tornelli e zone di prefiltraggio a elemosinare uno zero a zero all’ora di pranzo a 150 gradi sottozero, su gradoni di cemento ghiacciato abitati da fachiri e pinguini. E poi i rinvii che costringono il tifoso non più di primo pelo a usare pappa reale e ginseng, papaya e guaranà, in una sorta di cocktail di Viagra naturale per riuscire ad avere un minimo di rapporto soddisfacente con le continue modifiche al calendario, che per un uomo già seduto sulla carrozza della pace dei sensi, diventa un inferno di tentazioni fatte di venerdì lussuriosi e martedì lascivi da lasciarci la pelle. Alle 18, alle 12,45, poi alle 15, alle 20,45 costretto a caricare la sveglia per ricordarsi dell’orario giusto, da incastrare poi al giorno dell’evento senza per questo sconvolgere la vita del condominio in cui abita o anche solo quella della povera moglie, perché in realtà avrebbe bisogno di un assistente sociale che lo accompagnasse nel difficile percorso che è ormai diventato quello per seguire il campionato di calcio. L’esplosione del fenomeno delle badanti in Italia, in realtà nasce proprio per  rispondere a questa precisa esigenza, e permettere così al tifoso non più perfettamente lucido, di coltivare la propria fede calcistica, perché anche se il povero derelitto decide di seguire la sua squadra del cuore in televisione, peggio mi sento. Cominciano a telefonargli la sera alle otto mentre cena proponendogli  le offerte più svariate, che prevedono l’amata partita insieme al canale tematico sui funerali, oppure gli propongono un abbonamento alla squadra del cuore e un’offerta per un corso settimanale di permanenza in una casa di cura con l’omaggio della cremazione. Insomma, per chi non è più giovane seguire il campionato di calcio è diventata una via Crucis, anche perché molti di loro sono già vedovi dei giocatori che furono, come Frey ormai al quarantaduesimo gol subito, che non è propriamente il parallelo del libro di Dos Passos ma che è comunque uno spassos per gli attaccanti che lo incontrano, e poi Mutu e Comotto tanto rimpianti in fondo ai nostri cuori, quanto presenti in fondo alla classifica, e poi Santana e Donadel mai dimenticati, e invece dimenticati all’interno di rose dove gli allenatori sono molto più lucidi e meno sentimentali di quelli stessi tifosi. Nel calcio moderno c’è spazio solo per gente in grado di praticare il pentatlon moderno del tifo, capaci cioè di affrontare le diverse discipline che separano dall’avvicinamento alla partita. Il tifoso deve saper nuotare nel mare delle decisioni incomprensibili, praticare il tiro a segno che lo vede spesso bersaglio di quelle decisioni, la scherma dietro alla quale gli viene schermata la partita, perché allo stadio non si vede niente, l’equitazione dove il povero tifoso è costretto a cavalcare le cervellotiche regole imposte, e a pestare la cacca che spesso è il risultato migliore partorito da quelle decisioni, e infine la corsa al peggioramento totale delle condizioni generali per assistere a una partita, e che troppo spesso vedono il tifoso schiantarsi sui Platini.

1 commento:

  1. Caro Poeta, sei sempre un mito. In uno dei prossimi post richiama, come solo tu sai fare, qualche prelibatezza culinaria, visto che siamo vicini al martedì grasso seguito dalle Ceneri che voglion dire quaresima, astinenza e sacrificio. Fammi fare un bel botto prima dei 40 giorni di sacrifici....
    Ciao!

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