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mercoledì 22 febbraio 2012

I surrealfisti

Con Amaugritte e Dalìo Rossi la Fiorentina ha mostrato tutto il surrealismo che ha dentro e fuori di se, e anche se può sembrare il titolo di un pezzo dei Ricchi e Poveri, rende però bene l'idea di tutta la ricchezza e allo stesso tempo della povertà di un primo tempo, che tra errori sotto porta, orrori arbitrali e difensivi, è mancato solo dell'ammonizione di Montolivo colto a giocare a nascondino acquattato sotto al maialino del Var-gas piantato dietro la partita per riscaldare la nostra passione, e poi quel rintronato di Gianni Morandi a presentare ancora Celentano, questa volta però desideroso di far chiudere la pagina Facebook di Teotino e quella Twitter di Cerci. Il primo tempo Viola ricorda molto l'episodio di Bianco Rosso e Verdone nel quale Pasquale Ametrano torna dalla Germania al paesello con l'Alfasud per votare, e che botta botta fico fico gliela smontano tutta, un episodio nel quale non parla mai fino allo sfogo finale, quando cioè esce dalla cabina come noi dall'ennesima sconfitta, maglietta arrotolata e dopo aver fatto il suo dovere e votato si sfoga con un memorabile monologo dove non si capisce niente fino a “sapete che vi dico, sapete che vi dico, che andate tutti quanti a pigliallo nel culo”. Una gara che ci ha mostrato anche il surrealismo della sostituzione di un centravanti spento come Gilardino con uno acceso di voglia di rivalsa, ma proprio mentre la lunga notte calava dentro alle porte di un inverno nordico, con il risultato di avere sì un centravanti lucciola, ma che non riesce a vedere una sega perché il buio pesto si è inghiottito le porte. E poi Dalìo che ha preso il posto di Perdisa ma che sarà difficile che alla fine possa dipingerci una classifica migliore di quello che a Firenze è stato sempre considerato un falso d'autore, anzi un falso allenatore. E' anche vero che Olivera è stato ruvido nel voler ricordare al mondo intero quel modo irruento di combattere che ha caratterizzato la carriera di Tyson, ma è anche vero allora come la difesa sia stata morbida invece nel voler mostrare le doti di ballerina del mitico Cassius Clay, mentre Delio Rossi una volta presi i due ganci ha gettato subito in aria l'asciugamano De Silvestri, forse l'unico ruolo quello dello straccio, che il romano riesce a sostenere senza problemi. In dieci e sotto di due gol la partita era ormai evidentemente compromessa, e una volta che anche dall'angolo si arrendono c'è poco da fare, se non di rilevare come Vargas, dopo Maggio abbia perso il duello anche con Pulzetti, che Montolivo gira il campo ormai con la panda e la pila come fosse uno metronotte, e che a Gamberini vengono i lucciconi quando gli ricordano che l'ultimo attaccante che è riuscito ad anticipare è quando ancora giocava negli allievi. Detto questo Rossi deve riuscire comunque a riportare sulla linea di galleggiamento una barca che fino ad ora non ha saputo far regatare per i soldi che sono stati investiti nel suo scafo, che infatti oggi fa abbastanza schifo, mentre la battaglia vera si svolgerà all'interno del mercato ortofrutticolo, determinante per il rilancio dello skipper Diego e utile per smaltire certi carciofi presenti invece in rosa. E se invece la cittadella non verrà varata, sarà probabilmente conclusa l'esperienza dei Della Valle in città, più amanti ultimamente del surrealismo bisogna dirlo, che non di crociere visto che se è vero che se ne andranno, non seguiranno per fortuna le nuove tendenze low cost, perché dopo Cecchi Gori in Paone, visto il naufragio sull'Isola dei Famosi stronzi rimasti nella storia Viola, e dopo il naufragio di Schettino stronzo e basta, sapranno comunque portare la nave in porto. E poi chi verrà verrà, l'importante è che sappia che dopo un Santo, Firenze non accetterà niente di meno di un Divino, e a me sarà la coda dell'influenza ma non viene in mente altro che Otelma.

3 commenti:

  1. Cecchi Gori in Paone mi ricorda Marina Ripa di Moana di uno che aveva il tuo estro, Pollock, Sergio Saviane.

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  2. Ci vai leggero Blimpe con i complimenti, speriamo che qualcuno non si ricordi di querelarmi come invece hanno fatto spesso con lui.

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  3. Devo dirti che nel caso di Moravia c'erano gli estremi e che quel libro fu una cattiva azione, indegna di una penna come la sua. Poi la morte della figlia giovane lo distrusse (anche professionalmente) e lo scompensò. Era un uomo fine e buono, ho cenato due volte con lui per via di amicizie comuni e in conversazione ristretta scintillava come sulla pagina: lo vedevi in televisione e scadeva, paralizzato dal medium e dall'assenza di pubblico «reale» e fiducioso.

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