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venerdì 23 ottobre 2015

Il rumore dei piatti

Rebic è forse l’unico giocatore in attività che se commettesse un crimine, la madre al TG5 direbbe "Sì, effettivamente era un coglione". Recidivo. Lui, è il simbolo di una squadra senza capo ne coda, almeno fino ai cambi, una sorta di scossuccia finale a 12 Volt che sembra aver risvegliato anche Mati Fernandez da un lungo viaggio nella Coppa America. Una serata no, una sconfitta di squadra, sotto ritmo, e con poca convinzione. Mentre il mistero Mario Suarez s’infittisce come la nebbia a banchi. E poi basta con questa storia che il tempo sistema sempre tutto, ho visto Babacar fare cose orribili senza pagarne le conseguenze. La palla che toglie a Bernardeschi al 94° è come la macchina lasciata nel posto degli invalidi. Da condannare. Stessa cosa aveva fatto al contrario Bernardeschi, che su ribattuta del portiere dopo la botta da fuori di Vecino, ha tirato da posizione defilata invece di appoggiare al Baba che avrebbe appoggiato a porta vuota. I due ragazzi sono andati in loop. Un po’ come andare a cena con qualcuno che di cognome fa Passalacqua e farsi passare la bottiglia quando si ha sete. Una serataccia della quale salvo il gol di un Rossi che cresce, anche se non ho mai visto nessuno godere mentre si accontentava. Di. Av. O. Lo. Peccato, avevo fatto proprio il diavolo a quattro per tornare in tempo, convinto che il grasso turnover avrebbe prodotto  la solita Fiorentina a prescindere. Si era fatto un gran parlare di questa capacità della squadra di essere sempre se stessa malgrado i protagonisti, evidentemente la mancanza dell’intero centrocampo è difficilmente bypassabile tutte le volte. Come quando si fa un gran parlare di giovani e droga e si tace sul dramma delle nostre zie cadute nel tunnel del burraco online. Insomma, alla fine queste sono proprio quelle sconfitte che mi ricordano quando mi dicevano "Da grande capirai", ecco, chissà a quale età si riferivano di preciso. Peccato per la figuraccia europea contro l’ultima in classifica del campionato polacco. Intendiamoci, sono d’accordo sul turnover massiccio, e sono convinto che passeremo il turno, mi dispiace più che altro per quegli episodi di egoismo dei due ex primavera, che ci costringono stamani a prendere un caffè d'orzo con latte di soia e una brioche integrale, e di conseguenza costringono Mario a chiedermi se voglio anche una parola di conforto. O forse questa sconfitta fa parte di una strategia per far credere chissà che cosa alla Roma. Oppure è solo tattica come quella di chi ha inventato l'Expo per non farci più lamentare delle code alle poste. E così dopo aver sprecato troppe occasioni, dopo aver preso atto della mancanza d’intensità, abbiamo dovuto prendere atto soprattutto della sconfitta. Come nei momenti più bui quando se avvicinavo all'orecchio il mio estratto conto, sentivo il rumore dei piatti della mensa dei poveri.






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