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domenica 2 ottobre 2016

Ottobre


Grazie al blog mi riconoscono, mi ha scritto l’INPS indicando tutti gli editoriali che sono stati esaminati. Mi riconoscono l’invalidità. Deficit o no, comunque non sto certo zitto di fronte al Marasma che spreca striscioni per Pinchiorri e manco una cazzo di parola per Van Gogh a Castellammare di Stabia. No dico, Van Gogh a Castellammare non si può sentire. So che non ve ne frega niente neanche a voi della nuova Goghmorra, perché oggi c’interessa solo capire se la Fiorentina giocherà con le due punte. Mi terrò la mia malinconia conscio che un paio di belle cosce possono curare alcune tra le più diffuse manifestazioni di malinconia. Tanto i moduli tattici sono solo mode come quelli che portano la barba, quando passerà la moda si rivedranno di nuovo certe facce di merda. Insieme alle due punte. Intanto è morto Caprotti e il Bambi seguendo il tam tam della “Rete” è già eccitato perché tutte le passere si ritroveranno per commemorarlo lunedì all’Esselunga del Galluzzo alle 18. E forse la malinconia non è nemmeno per il Van Gogh a Castellammare, ma piuttosto perché è arrivato ottobre, mese mite e interlocutorio, spesso accompagnato dal prefisso “è già”. Ricordo una delle mie prime poesie che dedicai alla Beatrice dalle poppe grosse quando ancora non me l’aveva mai data. La intitolai proprio “ottobre” e la scrissi una sera dopo aver strappato il mese di settembre dal calendario di Frate Indovino, e dopo aver pomiciato tutto il pomeriggio senza concludere. Non so se l’atmosfera che si respira nella poesia è più dovuta alla tromba di Chet Baker che stavo ascoltando o dal fatto che mi facevano ancora male le palle per non aver trombato. Poesia: “calano le sere, cadono le foglie, ma le tue mutandine no”.

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