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venerdì 14 ottobre 2016

Dario fu


Giusto per aggiungere ancora una considerazione al tema di ieri sui giornalisti fiorentini inermi di fronte allo sbarramento degli allenamenti a porte chiuse, vorrei ricordare loro (lo sanno tutti, anche Corona quando è dovuto rientrare in carcere) che rispondendo “sono io” quando al citofono del centro sportivo chiedono “chi è?” si entra facilmente. Lo fanno anche per accedere all’Area 51. Il titolo copiato in Rete mi serve invece per evidenziare i vantaggi di chi segue il calcio come noi, sempre additati perché persi dietro a uno sport immorale, oggi dimostriamo di essere i più ricchi, quelli meno colpiti dalla morte del maestro del Grammelot, perché ci rimane ancora Gigi Delneri. Immenso quando sotto la doccia canta: “Ai ai smai sesler eni els so co uil piso ai in de col men seivuan prisencolinensinainciusol ol rait ai ai smai senflecs eni go for doing peso ai in de col men seivuan prisencolinensinainciusol ol rait”. Intanto questo autunno è più esoso del procuratore di Badelj, è già andato a chiedere la percentuale sulle vendite di Aspirina. L’unico davvero contento è il Bambi che in mancanza di giubbotto erano sei mesi che teneva la pancia in dentro. Bambi che ieri vi ha letto con interesse, poi mi ha chiamato per dirmi che anche lui aveva comprato un libro all’area di servizio Cantagallo, era il periodo del Cagiva (anni 80) comprata usata da Valdemaro che giocava nel Porta Romana. Una moto che gli ha dato sempre un sacco di problemi e che alla fine lo costrinse a comprare “Lo zen e l’arte della manutenzione della motocicletta”. Mai letto perché conobbe subito la Nicoletta di via dell’Orto, una gran maiala, che alla richiesta di lui in versione sbruffone, che in presenza del branco le chiese di inginocchiarsi davanti alla moto prima di salirci, rispose “se mi dici in ginocchio io non penso al Cagiva, ma lego i capelli”. Fu una frase che ce lo portò via per mesi, peggio di una pena da scontare per ricettazione. Si ripresentò con il Cagiva tra le gambe quando lei cominciò a legarsi i capelli per uno dei due fratelli Pizzichi (quello più grande naturalmente). Poi un grido di dolore ha squarciato la notte Diladdarno, gli intellettuali di San Frediano hanno ritenuto a quel punto che la collocazione di Bernardeschi fosse uno scherzo a confronto, io ho smesso di leggere “Jubiabà”, forse solo una scusa per abbandonarlo sul comodino per sempre, o forse per capire davvero cosa stesse succedendo. Erano quelli del Marasma che affiggevano uno striscione questa volta slegato dalle vicende Viola: “Stoccolma abbiamo un problema” (nessun riferimento a Schwarz o Hisén).

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