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sabato 1 aprile 2017

Un libro di Tomas Mann sul pouf


Abbiamo fatto la riunione condominiale dal videocitofono perché non è che andiamo così d’accordo, e poi perché questo mi ha permesso di non smettere di cercare il telecomando. Quando poi la Rita mi ha fatto notare che l’avrei trovato al suo posto sono andato subito a cercarlo nel frigo. Una foto campeggia arrogante sopra il divano di Moroso, con la sua cornice fatta a mano nello Sdrucciolo dei Pitti, dorata come per una Madonna del Granduca, la vedi subito quando entri in casa, come un suv di Roma Nord. Siamo io e la Rita che bussiamo sul cocomero, sapore d’estate a parte, quella foto è il nostro stemma di famiglia. Sta a significare il valore immenso che diamo al concetto di gentilezza. Anche se la foto non lo dice, quando bussiamo chiediamo sempre anche permesso. Un libro di Tomas Mann sul pouf, “La morte a Venezia”, un racconto che anticipa le fasi di un attentato che avrebbe dovuto compiere una cellula jihadista a Rialto. Guardo dalla finestra le persone che sembrano innocue, poi all’improvviso si comportano normalmente, spiazzandomi e facendomi sentire fuori posto come il telecomando fuori dal frigo. La lavastoviglie sempre accesa arranca per seguire i ritmi del cantiere al Brennero; tre turni di otto ore. Il campionato torna e allora auguro a tutti gli juventini di venir colti dal singhiozzo mentre sono a pisciare a casa di amici giallorossi. Gallette di riso che sanno di frassino invece per tutti gli altri. E ripenso a quella volta che alzai il volume dello stereo in macchina facendo finta di cantare, in realtà imprecavo come se non ci fosse un domani. Quando la Fiorentina venne cancellata dal fallimento Cecchi Gori. E ritorno da dove sono partito perché la mia è una giornata circolare come la cucina di Igles Corelli, ritorno ai vicini e alla riunione condominiale dove ho premesso per evitare che si facessero considerazioni troppo personali, che una volta quando ancora abitavo in via de’ Serragli, a una vicina che voleva mettere bocca sulla mia vita, feci il gesto di sganciarmi i pantaloni. Questo è il mio pesce d’aprile surreale, non ci avrete creduto neanche un secondo a questo racconto, ma è quello di chi ancora sostiene che i rigori a favore siano un benefit come la macchina aziendale. Di un illuso surreale. Un rigore a favore ti marchia per sempre di surrealismo. Un rigore a favore non va mai in prescrizione e si porta dietro i sentori sgradevoli del crepuscolarismo tipico di Guido Gozzano, noto gobbo.

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