Alla fine della partita con il Bambi ci siamo scambiati un segno di mi dispiace. La Samp capitalizza mentre la Fiorentina dilapida, tra occasioni sprecate e pali, di cui uno anche quello del proprio portiere sul quale il rumeno difende con le scarpe di cartone come fosse la campagna di Russia. Poi Baba all’ultimo istante ci lascia in bocca il rabarbaro delle caramelle Fallani. Importante la reazione della squadra ai due svantaggi, e la determinazione nel cercare di ribaltare il risultato fino alla fine dimostra che lo spogliatoio è unito. Merito di Sousa come è suo anche il merito per la buona condizione atletica. Poi con l’ingresso di Kalinic però la squadra ritorna in parità numerica. Giampaolo a fine partita esalta le qualità della Fiorentina fino a sostenere che potrebbe lottare per i primi tre posti, Sousa di contro sostiene che l’obiettivo non è neanche rincorrere l’Europa. Quello del portoghese è senza dubbio un altro modo di vedere, non è la realtà. E non è neanche l’intervista di uno che esce da Vinitaly. Poi c’è la dichiarazione delle dichiarazioni “la squadra non è mia, sono io che l’alleno, ma non è mia”, che da qui alla fine del campionato darà lo stesso contributo alla causa delle piante grasse nelle recite dell’asilo. Sarò anche stato influenzato dal calendario liturgico ma a me certe dichiarazioni mi hanno fatto due palme così. Lo stesso calendario ci dice che per Lazio e Inter è stata invece la domenica delle salme. Kalinic e Chiesa in panca, Saponara solo una manciata di minuti, mi immagino gli alieni: “La Terra? Bella ma non ci vivrei”. Ormai alle formazioni iniziali preferisco stropicciarmi gli occhi dopo aver sminuzzato il peperoncino con le mani. Sarà perché preferisco il piccante al piccato.
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