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domenica 5 marzo 2023

La censura e la metafora


All’improvviso, accecanti lampi di consapevolezza. Quando? Mi resi conto durante la partita che a nessuno gliene fregava finalmente niente del Viola Park. A volte, quasi sempre, molto spesso vorrei una squadra diversa, poi penso a ieri, e la priorità diventa cosa mangiare con il macerato dell’Oltrepò Pavese. Questi post partita sono l’ideale per istituire giornate mondiali tipo quella del mimo, durante le quali nessuno può parlare, nemmeno allenatori e dirigenti nelle conferenze stampa. Per evitare che sciupino tutto. Menomale che dentro di me c’è un mondo più grande di quello miope racchiuso in certe decisioni arbitrali, oggi che i Viola hanno fatto brillare non come stelle ma come mine i giocatori rossoneri. A questo punto dovrebbero recuperare più teatri, antiche dimore, serre vittoriane, fabbriche di bambole, torri astronomiche e stazioni ferroviarie, per poi aprirle al pubblico, in modo che si possa esplorarle in attesa che finiscano il Viola Park. Con calma, che a noi se è così interessa solo il campo. Al Bambi che inveiva contro l’arbitro per il rigore al Milan, ho fatto presente che finalmente aveva fischiato la mano di Zauri con 15 anni di ritardo. E così anche la Cremonese fa meno paura. Mentre a proposito di quello che ha visto l’arbitro sul colpo di testa di Cabral, siccome non mi voglio censurare così e basta, userò una metafora semplice di un lupo che per anni non mangia agnelli e poi finalmente dentro il recinto fa solo un giro e ne esce vegetariano. Viola bellissima, bravi tutti, Cabral super, ma sempre a proposito di Di Bello sono convinto che quando si litiga non sia colpa di uno solo, ma anche di sua madre.

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