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martedì 6 giugno 2017

Non si chiamava Gloria


Tutto si capisce dagli occhi, non solo la marijuana e la cocaina, anche il dolore per la sconfitta, e nello specifico in quelli della D’Amico (arrossati - pupilla dilatata - lacrime). Tanto che gli juventini con il ritmo dentro, quelli che per intendersi vanno ai concerti, cominciano a sostenere che negli stadi ci vorrebbe più musica e meno calcio. Il Bambi mi ha fatto presente che enfatizzo troppo la sconfitta della Juve, che dedico cioè risorse espressive eccessive togliendo tempo anche alla famiglia, quando sarebbe sufficiente combattere gli juventini in città semplicemente ordinando pizze a domicilio quando diluvia. Perdonatelo per l’associazione lavoro sottopagato-cultura medio-bassa-difficile integrazione-motorino rubato = juventino. Gli ho risposto che il bello del calcio è anche prendere per il culo, non c’è solo razzismo, oppure offese alla mamma del Presidente, e visto il suo scetticismo gli ho fatto il paragone del pomiciare, che non ritengo (forse è più corretto dire “ritenevo) tale senza le mani sulle poppe. E poi prendo per il culo riempiendo gli editoriali perché in questo periodo è più facile incontrare Igor che uno juventino, e non posso prendere per il culo lui sennò mi ammazza. Il problema della maglia Viola indossata a Cardiff è che adesso in molti si sono innamorati di lei pensando che sia un’altra. E io sono un tipo che ci tiene alla precisione degli affetti. Ne ho visto uno a Vipiteno ieri notte che stava scrivendo sul muro di una scuola femminile giustappunto “W la Fi…”,non gli ho certo dato il tempo di finire e gli ho chiesto se era amore vero oppure se inseguiva solo la gloria di Cardiff. Mi ha risposto che inseguire era una parola grossa, diciamo che stava dietro a una, ma che non si chiamava Gloria ed era di Bressanone. E’ giugno, lasciamo stare Gloria piuttosto che Hugo e pensiamo solo a gridare W Fiorenza.

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