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domenica 1 maggio 2016

L'Ulisse di Joyce o quello della Fiat?

 
Ci sono due campionati in uno, quello fantastico del girone di andata e questo che si avvia, malinconico, al termine. Due come certi tipi di donne, quelle che agitano i croccantini ai gatti e altre che agitano il culo davanti agli uomini. Due campionati così diversi, come questo aprile che ha visto i marciapiedi imbiancati di polline e le montagne imbiancate di neve. Non è stato comunque uno zero zero insulso, al contrario invece, uno spot ideale per chi è depresso e quindi potrebbe diventare un poeta di successo. Un sussulto d’intensità ante Benalouane solo quando Tata allunga il tentacolo strozzando in gola la gioia di Floro Flores. Trame di gioco che ormai non funzionano più da tempo, area di rigore spesso deserta, sterilità da fecondazione assistita. Manca la fame, il terrore di vincere è ormai pari a quello di chi ha più paura dei carboidrati che della morte. Alonso spreca una palla gol da due metri, Ilicic sembra calciare una pallina di carta in via Tornabuoni, o forse quell’indolenza al tiro è solo per ricordarti che la vita è una donna che si mette a pecora solo per scoreggiarti in faccia. Cataloghiamolo tra i pari deludenti, e andiamo oltre, verso la telenovela dell’incontro tra Sousa e la società, appassionante come Branduardi, anzi meno, perché almeno "Alla fiera dell'est" mi ricorda il motivo per il quale la mamma non mandava mai il babbo a far la spesa da solo. Poco da annotare se non una bella conclusione di Kalinic nel primo tempo, il fallaccio di reazione di Cacciatore non sanzionato col rosso, la traversa di Zarate su punizione, e il salvataggio di Tata. So che tutto ciò sarà ricondotto sempre lì, al solito mortificante mercato di gennaio, del resto sono mesi che vi leggo e non vi capisco. Ormai siete come l'Ulisse di Joyce per me. Apro, inizio, mi perdo, richiudo. Ogni volta. Non penso insomma che si possa spiegare sempre tutto dando la colpa agli ambulanti, come succede  quando si è alla Coop, accosti il carrello in un angolo tranquillo dell'ortofrutta per telefonare e all'improvviso arrivano Angeloni, Cognigni, Pradè, Andrea, Rogg, tutti che hanno bisogno delle banane. No, non ci credo. Ma per sfruttare questa facilità a credere che ha colpito la città, il Bambi si è fatto tatuare la scritta "Bio" sul braccio, dice che così magari riesce a rimorchiare qualche salutista credulona. Io rimango fedele a quello strepitoso girone di andata, e non lo cambio certo con due fustini o fratelli, come da quando ho scoperto l'Arbre Magique alla fragranza di passera, no, non lo cambierò mai più.

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