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martedì 11 agosto 2015

Comprare Kalinic è Pato-logico

Su Kalinic che dire? Se son rose, sei al ristorante con una tipa e un indiano. E poi c’è da sperare che Cognigni non abbia guardato solo al portafoglio come fu per Gomez, il dirigente marchigiano non è come Galliani che è un tipo tosto nelle trattative, e che da una richiesta di 30 è riuscito a scendere fino a 30 più bonus per Romagnoli. Speriamo solo che adesso non ci spaccino Kalinic per un centravanti vero. Altrimenti dopo Gomez dovrò dare ragione a chi sostiene che Cognigni faccia come quelle donne che con la scusa di spacciarsi per nuove adepte del sadomaso, in spiaggia ti dicono che non sono smagliature, ma frustate. Giocatore che se è vero che è stato esplicitamente richiesto da Sousa dovrebbe essere compatibile con il suo gioco. Se essere compatibili significa avere lo stesso caricabatterie per il telefono. Qualcuno dei suoi detrattori adesso potrà dire che con Kalinic, il marchigiano incompetente ha raschiato il fondo del barile per scoprire se ha vinto qualcosa da investire sul difensore centrale. E in questi giorni d’agosto a Firenze capisco ancora meglio il DNA di una città sempre votata alla richiesta di chiarezza. Basta uscire di casa per cogliere questa indole, e in mancanza di cantieri aperti basta andare a fare la spesa per vedere anziani che invece di attendere serenamente la morte in casa, iniziano a domandare alle cassiere se sono aperti a Ferragosto. E devo dire che la foto di oggi è lì a dargli ragione purtroppo, si, il mare è grigio, e se è vero che Cognigni ha il mare dentro, la bandiera non può essere che nera. Se ci sono rimasto male? Si, non mi aspettavo di essere fatto bersaglio di discriminazioni solo perché amo bere del vino bianco. Non accetto tali rozze pressioni provinciali, e sappiate che non mi piegherò alla tirannia del Sangiovese, anzi, faccio proprio come Cognigni, tiro diritto per la mia strada, e mentre lui continua a non farsi influenzare su Pato e compra Kalinic, io non mi faccio intimorire da chi oltre Greve in Chianti ha bisogno dell’ambasciata per farsi rimpatriare. La mia cartella colori è molto più varia della vostra poca duttilità, quando mescolo il sugo per esempio, tengo un polso piegato sulla fronte per aggiungere un che di teatrale alla mia vita. E sullo sfondo c’è sempre un bicchiere di vino bianco. Anche fosse solo un Frascati ghiacciato. Per non parlare di quelli che nascondono la propria solitudine alimentare dietro alle mode come quella di voler reinterpretare sempre tutto, il rosso con il pesce, l’ala che deve fare anche la fase difensiva, addirittura le barzellette. Poi vi ritrovate a mangiare una spigola al sale accompagnata da un Amarone mentre volete reinterpretare barzellette che non fanno più ridere se contestualizzate. Lei vi ascolta, e con la bocca impastata di Amarone che ammazza il sapore della spigola, non ride affatto. Anzi, guarda con un velo di tristezza il tavolo accanto dove la bottiglia di Ribolla Gialla è affondata nel secchiello del ghiaccio. Comunque voi gliela volete raccontare lo stesso, certi che è la forza della vostra integrità di vigna a fare la differenza. Incuranti anche del vostro calzino corto e quello si  purtroppo bianco. E allora raccontategliela. Cazzi vostri: “Un uomo entra in un caffè macchiato freddo in tazza di vetro grande con aspartame. Splash. Si, avete avuto ragione voi con la scelta del vino, del resto anche l’indiano che si aggira intorno al vostro tavolo ha delle rose rosse.



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