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giovedì 9 agosto 2012

Olio di semiotica

La semiotica studia la capacità del segno di dare la possibilità a chi interpreta di comprenderne il contenuto, e non avendo visto la partita perché volgarmente distratto da una grigliata mista, la interpreto proprio da uno di quelli considerati più classici per eccellenza, che è il segno di una notte di mezza estate, l’infortunio di Viviano appunto. Utilizzo la semiotica perché Firenze ne è la patria visto che la vede nascere nel luglio del 2007 grazie all’arrivo di Franco Semioli, uno dei più grandi teorici di questa disciplina, capace di approfondire nella sua esperienza Viola i segni e il modo in cui questi formano un senso, e ancora oggi ci domandiamo qual’è stato il senso del suo acquisto. Per quanto riguarda la partita invece, leggo le parole di un soddisfatto Montella, e mi sembra di capire che la Fiorentina non abbia poi sfigurato di fronte ad una squadra non proprio modesta, più avanti nella preparazione e nella conoscenza dei meccanismi di gioco, diamo quindi il giusto valore al calcio di agosto, che secondo me è inferiore a quello di una bella fetta di cocomero ghiacciato. Torniamo  però a quanto è accaduto sul Bosforo grazie al fosforo delle riflessioni di una disciplina che potrà spiegarci meglio ogni relazione che lega qualcosa di materialmente presente a qualcos'altro di assente, ovvero l’infortunio alla gufata, si tratta se vogliamo, di un uso della semiotica che è stato definito altrove come micro chirurgia del senso, come se non fosse bastata la chirurgia applicata al ginocchio del portierone, che già qualcun’altro è lì a sperare in un supplemento. Si può dire in sintesi che “la ci s’è tirata”, anche se l’infortunio sembra meno grave del previsto, perché avendo due portieri validi continuo a non vedere il problema, pensiamo a tranquillizzarci un po’ e ad imparare a difenderci dall’ansia determinata dall’abbondanza di un ruolo che è quello a difesa dei nostri sogni, e proprio sul tema della ridondanza degli estremi difensori che Thiago Motta ha lanciato sul mercato il suo Maxibon, che a proposito di semiotica aveva proprio questo tipo di significato, e non a caso lo slogan scelto recitava “ Two is megl che one”. La Bice di ritorno da Istambul, sempre più in grado di cogliere il significato di quanto succede in un campo di calcio, con le due foto vuole affrontare proprio questo tema, le due facce cioè di quella stessa medaglia che è la qualità del numero uno elevata al quadrato, e quando si parla di champagne e caviale ognuno alla fine può scegliere quello che preferisce sapendo comunque di cadere sempre in piedi, concetto quest’ultimo riassunto perfettamente dalla Bice che mostra il cadere della spallina, oppure lasciando proprio al tifoso il gusto di sfilare la maglia di uno dei due suoi beniamini