presidio Diladdarno Slow Tifood, lampredotto e Fiorentina
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martedì 28 agosto 2012
Klausola Kinski
La
vicenda Jovetic è come il più classico degli spaghetti western
all’italiana, girato tra la polvere di luoghi che non sono quelli veri,
così come gli articoli che piovono copiosi in un estate di grande
siccità, e che ricalcano quella propensione a sostituire la verità con
scenari più caserecci, come gli articoli su Jovetic ai quali si
sostituisce la verità adattandoci clausole rescissorie alla bisogna,
come fossero tanti cactus a certificare scenari di un Far West ad ovest
del Mississipi, e non il Far West che esprime oggi il giornalismo sportivo
italiano. Clausole rescissorie come fossero i fagioli di Bud Spencer, un
piatto per il quale azzuffarsi, non più sognanti cercatori d’oro ma
sonati cercatori di clausole, non più segnali di fumo, ma tanto fumo e
niente arrosto sul fuoco di versioni dei fatti sempre diverse e sempre
sbruciacchiate. Pistoleri di clausole con scacciacani, e giornalisti
randagi come cani che nel cinturone non hanno Colt ancora il confine tra
il ridicolo e il patetico. La clausola non c’è ma qualcuno tra i più
scaltri sceriffi sostiene che invece esiste eccome, e l’ha individuata
dietro l’atteggiamento sospetto di Toro Seduto, che è proprio nella
postura che nasconde la verità, visto che secondo la Gazzetta dello
Sport ci s’è seduto sopra apposta per nasconderla, ma i Della Valle
fanno gli indiani, negano e intanto sudano, anche se i giornalisti furbi
sanno che dietro al fascino di Diego che fa tanto il Richard Gere del
Piceno si nasconde invece un Richard Geronimo, quando non un Richard
Ginori, che aspetta che fallisca anche la famosa manifattura delle
ceramiche per prendersela come ha fatto con la Fiorentina. Non c’è
proprio pace nel giornalismo sportivo, perché non si comincia un nuovo
giorno senza che qualche soloone non vada al saloon a sbevazzarsi la sua
bella clausola rescissoria doppia per scatenare la rissa tra i tifosi,
si comincia e si ricomincia come i Comanche, che saccheggiavano i
villaggi del Messico ma non la verità. E anche i procuratori fanno la
loro bella parte preparando terreni paludosi dove seminare la zizzania,
da non confondere con i Seminole che uccidevano senza quasi mai farsi
vedere, quello che vorrebbe fare Ramadani con la passione dei tifosi
Viola. Bisognerebbe essere tutti un po’ più diligenti e non cercare di
attaccare la diligenza per saccheggiare il talento di Jovetic, perché il
viaggio di JoJo prevede ancora una fermata a Firenze, e la diligenza è
scortata da una dirigenza che non molla, che non barcolla difronte al
Far West di questo calcio nel quale il primo pensiero della mattina è la
sopravvivenza della passione. I procuratori non sono altro che
cacciatori di taglie ai quali il calcio ha affidato la cattura di
sostanziose provvigioni sugli affari conclusi, una perversione del
sistema, uomini pagati da chi vive nel sistema, ma che alla fine lo
uccidono. Finalmente però stanno calando “Ombre rosse” su questa
benedetta clausola rescissoria, con il “Massacro di Forte Apache” dove
Ramadani capitolerà davanti al fortino dellavalliano di Casette d’Ete
City, “Là dove scende il fiume” che non può essere altro che l’Arno e
che servirà a spegnere quel “Mezzogiorno di fuoco” appiccato proprio con
l’innesco di una clausola rescissoria fasulla. Ma il colpo di scena nel
western all’italiana è sempre lì dietro l’angolo, e alla fine tra i due
Kinski non sarà Klausola ad andarsene ma Nastassjac.