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martedì 11 aprile 2023

Cianfrusaglie


Esiste una parola giapponese, e qui Hidetoshi Nakata non c’entra niente, per descrivere il lasso di tempo che intercorre nel mentre in cui maturi seriamente l’idea di saltare il picnic di Pasquetta e quando invece ti ritrovi ad addentare la frittata coi piselli: Akojoneee. Altri del bar Bianchi hanno preferito citare vocaboli dell’antico aramaico giudaico, spiegando che il termine “Pasquetta” significava “Leggero rompimento di palle”. Io è da quando non penso al sesso che posso concentrarmi meglio su altri dispiaceri tipo il gol di Nzola. Il Bambi dopo la terza bottiglia di Amarone ha cominciato a sostenere che ci sono state persone giudicate ingiustamente dei guardoni solo perché colte a guardare altri due che trombavano, e così marchiati a sangue da quella infamante etichetta, oggi però la scienza li assolve perché in realtà si trattava di fecondazione assistita. Una Pasquetta, insomma, tra immagini di campi colorati con i pastelli e una mattinata pastellata. Mentre la cosa più pericolosa di questo periodo pasquale è da scegliere tra l’occasione di Shomurodov, e la bottiglia di alcol vicino al barbecue. Rimane la speranza delle coppe, e che non abbiate buttato via anche questo festivo con il telefono in mano. La cosa che più mi è rimasta impressa, oltre alla lombata di manzo del Paese dei Campanelli, è stata quando ho sentito uno urlare “cianfrusaglie” e mi sono girato convinto che parlasse dei miei editoriali.

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