Sarà stato l’odore forte dell’olio di canfora che ci racconta senza mentire del ritorno al campionato, un misto tra Cool Water di Davidoff e il soffritto per il ragù, odore che è filtrato dagli spogliatoi dei tre anticipi e che mi ha cambiato la vita per sempre. Come a Paolo Brosio. Ma invece della Madonna ho visto finalmente i meriti di tutti quegli eroi silenziosi spesso ignorati dai media che alla cassa del supermercato fanno passare chi ha poca roba. Niente più dubbi di formazione della vigilia ma solo nuove certezze; Empoli-Fiorentina non è un derby, ed Emily Bronte è quella dei pistacchi. L’olio di canfora mi ha riportato alla mente i bei tempi quando le partite cominciavano alle 14:30, e anche di quando non si dovevano inserire password. Questo nuovo capitolo chiude definitivamente un periodo ingiusto della vita cominciato quando a scuola lasciavo copiare il Benedetti e lui prendeva sei mentre io quattro, e proseguito con la sconfitta in coppa Italia contro il Napoli. Con lui non troveremo diciture piene d’intolleranza sulla confezione dei nostri biscotti preferiti, l’olio di canfora non sarà mai bandito come quello di palma. Anzi, una sua gloriosa declinazione ci riporta dritti negli anni 80 alla scatoletta tonda del Balsamo di Tigre. Non in purezza ma insieme al mentolo e a vari oli di cajuput, cinnamomo, cannella, menta e garofano, poi tanta paraffina e petrolato. Non conteneva tigre come invece veniva erroneamente creduto, così come gli occhi di tigre sono un atteggiamento che non appartiene più da tanto ai giocatori della Fiorentina. Almeno dai tempi del tiki taka. Da quando ho sentito l’odore forte dell’olio di canfora sul fine settimana finalmente calcistico ho deciso di gettare via tutti i beni materiali che un tempo mi appagavano ma che dal girone di ritorno della scorsa stagione ormai mi lasciano indifferenti. Così ho buttato via tutti i pettini.
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