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martedì 11 settembre 2012

Per sempre lampre

La tifoseria tipo è quella che sta vicino alla squadra, sempre, la donna tipo è invece quella che sta vicino a un panino col lampredotto, un tipo, donna di carattere e personalità come lo sono solo le squadre tipo, una donna con una certa nonchalance di sottofondo, ma anche con una buona dose di salsa verde che le disegna meravigliosamente gli angoli della bocca, quel tipo di donna lì, insomma, che ti guarda rapita, e non certo per il tuo sguardo ebete, o d’abete dopo che sei appena uscito dall’Ikea, rapita invece dal sapore del lampredotto che le tocca il punto G, che è l’iniziale piacere della sua oasi del paradiso Gastrico, la prima fermata, come d’altra parte il punto P è l’iniziale idea fissa da Porco che ti viene quando le vedi affiorare la fiorentinità insieme alla salsa verde sul suo sorriso, una P che fai anche presto a riadattare a una per te più congeniale iniziale della casa del Prosciutto, insomma è una donna dalla nonchalance tipica del sovrappensiero svagato, che supera di gran lunga qualsiasi tuo pensiero nei suoi confronti, di quelli appunto che non si butta via niente, quelli da maiale, mentre il suo sguardo languido come immerso nel brodo di cottura la rende generosa come la sua scollatura, perché alla fine te la concede anche una qualche chance, con olio piccante qb. Stessa opportunità che oggi vogliamo concedere noi a chi in questi anni non è stato poi così vicino alla squadra, chi per intendersi è stata donna malvagia come da foto, capace di incazzarsi abbestia con i Della Valle fino a strappare il panino col lampredotto come se fosse la foto con il tuo profilo migliore, una donna dal punto G come Gobba, quella stessa donna che invece della salsa verde secerne Last al limone, e una donna che non ama il cibo di strada è semplicemente una donna di strada, una spazzina dell’amore, così come il tifoso che non ama la sua squadra è un tifoso uscito di testa dopo che neanche la donna di strada è voluta uscire con lui, uno spazzino della passione. Insomma la situazione è chiara, il lampredotto si ama come la Fiorentina, e meglio ancora è amare una fiorentina con il “semelle” dell’intelligenza gastronomica che la pervade tutta, con l’istinto sano e provocante di chi addenta quel sapore strano, d’altra parte anche Dante aveva amato Beatrice perché rapito dalla sua voracità sotto porta, sì, sotto Porta San Frediano in direzione del trippaio di Piazza del Tiratoio, e i versi parlano chiaro come i sensi, anche quando sono unici come per entrare nel Purgatorio Diladdarno, dove si accenna “ La via è stretta e molto erta” si fa riferimento ai primi vagiti dello street food tagliato molto erto, un po’ grossolanamente come si faceva a quei tempi, oggi invece movimento sincopato sublime che trova la sua perfezione in quel tagliuzzare in dolby surround. E le donne che non mangiano il lampredotto sono donne malvagie, di quelle che ti mettono le valigie dei sogni sul pianerettolo, come i tifosi gobbi che trovano pinzimonio per i loro denti solo quando la squadra perde, il pinzimonio del demonio, oggi però è tempo di allungargli una mano e dimenticare, una mano sul muso, e senza più alcun sussulto vogliamo proporre l’indulto, per cancellare gli anni di tifo contro e ripartire tutti dallo stesso brodo di trippa d’un tempo, il brodo primordiale, quello che primordiale o poi rivedrà il Viola trionfare, insomma, da via dell’Orto dove raccolgo idee a km zero, voglio offrire un pensiero gentile come un’insalatina, preparato però con le fave di cacao,  un modo, credo, per deliziare il palato anche di quelli che un po’ fave lo sono state, e i miei son cioccolatini di pace.