
Alla
fine il risultato è giusto, diciamolo subito, maturato però a terra
davanti a una miriade d’imprecazioni, recriminazioni e recinzioni
lasciate aperte, e dalle quali è poi sfuggito il risultato, nelle quali
spiccano epiteti svolazzanti di ogni sorta, ma dalla quale ci piace
scegliere la varietà più sana, quella allevata a terra insomma, dal
sapore di disappunto lontano e difficile da staccare dall’osso, un ormai
tenero e privo di forza aggressiva “aia aia aia”, di fronte magari a un
più classico vaffanculo, perché è proprio davanti alla partita che si è
aperta l’aia, uno spiazzo tipico dove oggi razzola solo il nostro
rammarico. C’è mancato il calzettone giallo e Spolli a difendere il
becchime dei tre punti, Pollock invece ce l’abbiamo a raccontare una
polluzione pomeridiana accompagnata da sogni di gloria tracimati davanti
al rigore di Jovetic, da ribattere perché il portiere si è mosso due
metri in avanti mentre l’arbitro era intento a cambiare l’acqua ai
polli, che siamo noi naturalmente Cresceremo fino a diventare almeno
tacchini per il giorno del ringraziamento in segno di gratitudine per
una sana vittoria in trasferta, e non quello svolazzare di piume che ha
oscurato il tardo pomeriggio del tifoso Viola, poi quando si è diradata
la tromba d’aia, si sono contati i danni causati da quella volpe di un
Parma, un rigore e espulsione a tre minuti dalla fine buttato ai maiali,
e un rigore regalato al terzo minuto di recupero che è roba da maiali.
In mezzo un arbitro contadino scarpe grosse e cervello fino, un primo
tempo che conferma le grandi potenzialità mostrate nelle tre precedenti,
una ripresa dove per la prima volta la squadra rincula e dove
l’avversario e il destino t’incula. Mati mi è piaciuto fino a ricordarmi
un po’ anche Massimo Orlando, mentre Jovetic è quello che mi è piaciuto
meno, come se le sue gesta fossero state raccontate fino ad oggi da un
mito come Ruggero Orlando, poi fosse sopraggiunta una sorta di
svagatezza, leggerezza, debolezza davanti ai piaceri della carne come
una cronaca del peggior Sandro Paternostro, JoJo davanti al dischetto
mentre il giornalista davanti a Carmen di Pietro. Nota positiva ancora
per Cuadrado, Roncaglia e Gonzalo, meno per la disposizione della difesa
sui calci piazzati, meno nel secondo tempo di Pizarro e nella seconda
partita consecutiva un po’ sotto tono dal punto di vista qualitativo di
Borja Valero, Seferovic impalbabile ma anche tolto nel suo momento
migliore, nota lieta Viviano, finalmente reattivo e prodigioso in un
paio d’interventi, che ha dato per la prima volta la sensazione di
essere un grande portiere. Sciagurata la gestione degli ultimi minuti,
ma un Montella oggi più opaco anche nella scelta delle polacchine, saprà
trarne insegnamento così come la squadra capace nei cinque minuti
finali nell’impresa di dilapidare una vittoria, che pur soffrendo dopo
essersi allungata e misteriosamente dimenticata della sua capacità di
possesso palla, era riuscita comunque a portare fin davanti al dischetto
del raddoppio. Episodi certo non favorevoli, come i rigori subiti,
casuali, sfortunati e per i quali l’arbitro ha dimostrato tanta pignola
passione, quella stessa passione, rigida, quasi inteccherita
nell’applicazione del regolamento e nella distribuzione dei cartellini
gialli, che si è dissolta davanti alla passeggiata di Mirante nel cuore
dell’area di rigore mentre JoJo ancora sistemava il pallone, diciamo una
passeggiata “A piedi nudi nel parco” mentre lui, porco, girava la testa
dall’altra parte, e non certo parco come il povero Sandro Paternostro
che la testa l’aveva messa tra le poppe della Di Pietro, tanto per
essere morigerato.