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martedì 20 novembre 2018

Le malelingue


Qualche editoriale fa avevo  parlato della fine dell’oggetto fisico come riferimento di misura del chilogrammo. Questo perché il campione di peso, pur conservato con la massima cura, tipo i nostri trofei, subisce inesorabilmente delle microvariazioni. Diciotto oggetti conservati in vari luoghi del pianeta hanno fatto da copia sicurezza del famoso campione di Sèvres. Niente a che fare con Eysseric quindi. Oggetti creati per evitare di restare senza riferimenti nel caso l’originale fosse sparito o danneggiato. Siccome l’unità di misura deve essere stabile, è stato deciso di dire basta agli oggetti fisici. Per questo non abbiamo più ambizioni. Abbandonato il cilindro di platino-iridio ci si è rivolti alla bilancia di Kibble; da qui la nuova definizione di chilogrammo. La bilancia equilibra il peso del campione di massa con la forza generata dalla corrente - misurata in termini di h attraverso l’effetto di Josephson (per definire la differenza di potenziale in termini di h/e2) e l’effetto Hall quantistico (per definire l’impedenza in termini di e/h) - in una bobina posta tra i p(i)oli di un magnete (non magnate) permanente. Successivamente, la bobina è mossa con velocità costante e si misura la forza elettromotrice indotta - ancora in termini della costante h - per determinare la costante di proporzionalità tra la forza gravitazionale e la forza elettromagnetica. La massa del campione è quindi ottenuta dal suo peso attraverso la misura dell’accelerazione locale di gravità. Quando si parla di “massa del campione” ci si riferisce principalmente a Veretout, è soprattutto per lui che si è accelerato questo processo. Per sapere con precisione, finalmente, quanto cazzo pesa. E così  mettere a tacere le malelingue.

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