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sabato 1 marzo 2014

I Braski Beat

Oggi parlo di Braschi, fondatore di un trio di stronzi che annovera sicuramente Nicchi e Gervasoni, ma anche caratterizzato da varie altre collaborazione nel tempo, da ricordare soprattutto quelle di Damato e Calvarese. La Bice in queste settimane di difficile rapporto tra la rozza Fiorentina e la classe di questo gruppo, classe soprattutto arbitrale, ha fatto un’inchiesta per conoscere meglio le radici del suo fondatore considerato a Firenze ormai inopportuno almeno quanto una carie. Sperando, e questo lo aggiungo io, che queste radici vengano estirpate il più velocemente possibile. Diserbante necessario a parte, l’ex arbitro, e mai ex falso, perché in questo è sempre in carica, nasce a Barberino del Mugello, la Bice scrive nella sua ricostruzione, che il sindaco di Barberino ha precisato che è vero che ci è nato, ma solo dopo che tutti gli altri ospedali avevano rifiutato il ricovero della donna perché nessuno si sarebbe voluto macchiare dell’infamante qualifica di sua città natale. Braschi, si legge nel referto dell’allora accettazione del reparto maternità, era già arrivato all’ospedale di Barberino con la testa di fuori, e una volta passato il cartello che indica la località non è più possibile rifiutarne il ricovero. L’ospedale quindi se ne era dovuto assumere l’onere malgrado fossero tutti a conoscenza di quell’increscioso episodio che aveva fatto il giro di tutto il Mugello. I due futuri genitori lo avevano concepito durante la sagra del tortello di Borgo San Lorenzo, dietro a una catasta di patate novelle usate per il ripieno, il padre era addetto a sbucciarle mentre lei si occupava di controllare che lui non buttasse vie le patate e tenesse le bucce come purtroppo era successo, e prima che se ne accorgessero erano già state buttate via quasi 350 chili di patate. L’episodio aveva fatto scalpore perché l’uomo dopo aver bevuto un caffè corretto con la sambuca si era così eccitato da prendere sessualmente con la forza la povera donna, la signora Adelina presente quel giorno perché incaricata di posizionare il ripieno, ha raccontato alla Bice di avere ancora impresse nella mente quelle grida agghiaccianti dell’uomo che tanto ricordano l’intervista di Conte dopo la squalifica, quell’uomo eccitato che rincorreva la povera donna fino a dietro la catasta di patate novelle dove poi l’avrebbe posseduta al grido “vieni qua che ti faccio un tortello così”. Appartenente alla sezione AIA di Prato, fin da piccolo è stato abituato a condividere le sue esperienze con i cinesi, è cresciuto quindi abituandosi a contraffare tutto, prima le decisioni arbitrali, quando ancora esercitava, adesso suggerendo a Gervasoni referti inventati pur di farla pagare alla Fiorentina. Il rancoroso infatti aveva litigato tempo fa con il team manager Vincenzo Guerini durante la sfida interna della Fiorentina contro il Genoa. Emergono i contorni di un infanzia difficile e di una famiglia controversa. Fin da ragazzo Braschi aveva desiderato tanto il motorino, il padre sempre molto sensibile e premuroso, quando rimaneva lontano dalla sambuca, aveva paura degli incidenti e per questo motivo gli aveva sempre negato quella gioia. La Bice ha raccolto la dolorosa testimonanzia di un cugino che ha raccontato che per questo motivo il ragazzo era costretto a prendere sempre l’autobus per andare al corso di paracadutismo. Oggi va ancora in autobus ma a quello di paraculismo estremo. Una famiglia di intelligenti sopra la media. La Bice è stata in grado addirittura di portarmi uno scoop che farà tremare i piani alti del calcio, ma non solo, anche quelli dell’Intelligence italiana, perché nel condominio dove abitava il padre al terzo piano, avevano scoperto che per un periodo aveva fatto persino l’agente segreto. Nessuno lo avrebbe mai detto o minimamente sospettato. Anche perché a tutti sembrava un povero cretino. Compreso quando alle riunioni condominiali gli facevano gestire la disribuzione dei pop corn per levarselo dalle palle. Viveva una vita assolutamente normale, a parte quando toccava la sambuca, si vestiva come tutti, aveva una semplice utilitaria senza nessun dispositivo particolare, e dava degli energici scappellotti a Stefano, come del resto facevano anche altri in quel periodo educativo storico, dicendogli “non capisci nulla, se continui così nella vita potrai fare solo l’arbitro”. A tradirlo solo una lieve distrazione, lo aveva scritto sul citofono. Come oggi è successo al figlio, a tradirlo è stato il controllo incrociato tra il referto di Gervasoni e le immagini di quanto è realmente successo. Per Calvarese e Damato, invece, che sono i meno intelligenti del gruppo dico che non stiamo parlando della moglie di Benigni.