E’
rimasto l’ultimo tassello, oggi, un giorno secco per chiudere un
duemiladodici che scappa via come un muretto a secco. Un tassello come
quello che si dice mancare là davanti, che non è il duemilatredici, ma
un reparto, un tassello che completi un sogno che sta a cavallo persino
del calendario. Le bottiglie sono già in frigo ma il pensiero no, è
fisso là, non alla mezzanotte ma al Pescara e a pescare il giusto
tassello, come se fosse quello di un cocomero, per scoprire quanto
ancora quel sogno possa essere zuccherino. La città intanto offre
svariate tessere per completare il mosaico di un anno difficile, privo
di tensioni poetiche, prosaico, più di prosecco che di champagne, come
quelle campagne che si cuciono i confini proprio con i muretti a secco,
c’è chi cercherà il suo ultimo tassello in piazza tra i Subsonica, New
York Gospel Spirit, Nickthe Nightfly Quintet, l’Orchestra Sinfonica
Ucraina in piazza Signoria e New Year’s Woodstock con sei ore di musica proprio
nello spirito di Woodstock. La Fiorentina è oggi un pensiero felice,
probabilmente una zeppa a un traballante senso di smarrimento, è un
pezzetto che risolve il puzzle di tutti i giorni, che non puzza nemmeno
di fregatura. Ieri ho percorso i muretti a secco di Firenze, con un po’
di vino per rendere meno secco questo viaggio gastronomico tra le mura
amiche, panino tartufato dal Procacci per iniziare, burro e acciughe da
“I Fratellini” e panino col lampredotto al “Porcellino”, il caffè invece
l’ho preso in Piazza San Felice dove ci sono esposte alcune foto dei
“Bianchi” con il "rossino” che non c’è più insieme a il figlio allora
piccino che c’è ancora per fortuna, c’è ed è cresciuto, tasselli della
memoria che raccontano che anche in Oltrarno il tempo passa. E’ passato
più di un anno da quando abbiamo cominciato a frequentarci su questo
blog, dopo quattrocento post, diciannomilanovecentotrenta commenti
pubblicati, duecentoventitremila pagine aperte, numeri, tasselli, che
posati a secco sul nostro quotidiano in qualche maniera oggi ci legano. Un
augurio a tutti e una promessa, di questi tasselli stasera non butterò
via niente dalla finestra
.

lunedì 31 dicembre 2012
domenica 30 dicembre 2012
Morte di un commosso randellatore
Un
intreccio di emozioni, si, si può definire anche così. Per una volta
almeno, diciamo pure l’ultima, diamo a quel groviglio di sensazioni dal
polpaccio muscoloso le luci della ribalta. Se c’è spazio in una canzone
di successo per ricordare le fatiche di una vita da mediano, è giusto
anche mettere in risalto certe ruvide mischie dove ci sono santi che ci
mettono persino gli stinchi. Una fase una volta indispensabile, dove si
affondava la determinazione, dove il carattere trovava pane per i suoi
denti, dove anche il rimpallo diventava protagonista, e perché no a
volte anche determinante. Il calcio moderno ha contribuito a svilupparne
nuove forme, sempre più furibonde, sempre più esasperate, perché in
quella lotta sempre più fisica oltre agli eccessi della velocità si è
aggiunto anche quello del doping. Non c’è più solo il semplice raddoppio
è arrivato come un treno l’utilizzo dell’intervento da dietro o a piedi
uniti, spesso è vero anche sanzionati con il cartellino rosso per
arginarne la foga gladiatoria. Ma a quei rigurgiti del tackle sempre
presenti bene o male nel calcio, oggi si sono aggiunti anche degli
aspetti psicologici, difficili da monitorare e sempre più importanti da
contenere per non rimanere in dieci, tanto che per un allenatore è
diventato indispensabile possedere nel suo portabagagli anche capacità
da psicologo, per riuscire a gestire un gruppo pieno di personalità
forti come l’aceto e diverse come l’aceto balsamico, per cercare quindi
di arginarne tutti gli eccessi, anche quello cosiddetto di frustrazione o
di reazione. Poi come sempre c’è chi scende da un altro pianeta e
innova, chi arriva per primo e in qualche modo coglie impreparata la
classe arbitrale che deve imparare a tradurre, a interpretare un nuovo
tipo di fallo fino a quel momento sconosciuto, come quello di Pizarro
che non è altro che un apostrofo giallo tra le parole t’ammonisco.
Insomma, in questo calcio sempre più fisico, dove la mischia, il
contrasto, il takle, lo scontro duro indirizzato a scardinare palloni
all’avversario, è diventato caratteristica addirittura saliente di una
squadra, la Fiorentina erige proprio a centrocampo il suo monumento ai
caduti, e lo fa non ha caso con il suo uomo simbolo, con quel Borja
Valero che in quanto pelato, adattissimo ad ergersi proprio a monumento
ai caduti, in un centrocampo dove però sono cadute anche le ultime
resistenze di certi partigiani del ruolo. Il centrocampo Viola si
presenta oggi perfettamente sbarbato, privo di ruvidi interpreti,
proprio di quelle figure che abbiamo voluto ricordare prima di
abbandonarle definitivamente poggiando una coppia di parastinchi sopra
la bara tattica disegnata da Montella. Qualcuno pensava non fosse
possibile accantonare una simile figura ritenendo la squadra fragile e
soggetta a subire la forza d’urto avversaria, il girone di andata ha
raccontato cose diverse dando ragione a Montella, e oggi regna solo il
bello nel cuore del nostro gioco, sembrano lontanissime anche certe
recenti esaltazioni per il ruvido Behrami. Siamo tornati ad esaltarci
per il bello, insomma, per altri tipi di intrecci di gambe.
sabato 29 dicembre 2012
Il sogno di Andrea


venerdì 28 dicembre 2012
Luci della città
In
un momento di crisi economica come questo, se proprio devo spendere un
nome faccio quello di Borja Valero, e pago con la carta del suo credito
sempre in crescita, un giocatore che ha dimostrato carenze nella
ricrescita, ma solo per chi non ama la pulizia del gioco e propende
per manovre caotiche sviluppate da controfigure spesso ipertricotiche. E
se investo parole e giudizi su di lui non è solo perché ritengo sia
stato l’uomo copertina di questa Fiorentina, ma perché è riuscito a
farlo con la facilità dei grandi, che è la stessa con la quale si è continuato ad ammonire Pizarro, quella dei grandi stronzi, prima diventata consuetudine e poi sgarro, una stortura al
buonsenso, una tortura alla decenza fatta con la naturalezza tipica che si ritrova radicata nel comparto conservaturiero del tonno, dove il
giallo è di casa in quanto pinna, mentre nel comparto di centrocampo,
Valero ha dimostrato di essere uno
dei più grandi, insuperabile proprio
come il tonno insuperabile, senza mai un accenno di mattanza o
cassanata, ma con quel modo discreto che è tipico proprio dell’essere grande,
perché per dipingere una grande stagione non ci vuole un giocatore
grande ma un grande giocatore, e quel suo modo di essere superiore si
riassume in maniera eclatante nel vezzo molto intimo di portare i
capelli. Un modo che riconosco appartenermi come anche le more al bosco,
perché Valero è uomo discreto, capace di tenersi tutti i capelli
dentro, privo cioè di certi inutili orpelli, sia nel gioco che nel
differenziarsi da chi pur avendone tanti non si può certo definire
“bellicapelli”. Come chi fa addirittura la cresta al cattivo gusto
rizzando la sua in maniera arrogante come un gallo, o come tutti quei
saccenti che mettono gli accenti su personalità adiacenti al buongusto,
per certi versi indecenti, qualche volta spioventi da mondi paralleli
che non si incontreranno mai con quelli di un campione vero come Valero,
che si è dimostrato sempre umile nell’atteggiamento e ottimo nel
rendimento, in poche parole affidabile, come un luogo comune facilmente
abbordabile ci suggerirebbe di dire, affidabile come una Golf e al
contrario di chi invece è poco affidabile come lo era la colf di Kharja
che perdeva
sempre il treno giusto per fare le pulizie. E tra le tanti
luci che brillano in città non c’è solo la Fiorentina di Borja Valero,
perché Firenze in questo periodo si veste di luci particolari grazie al
Firenze Light Festival, ideato per valorizzare il patrimonio
architettonico con spettacoli di luci e giochi cromatici, gli stessi con
la quale la Fiorentina è stata capace di abbagliarci, e la mia anima
faziosa, quella cioè forgiata sulla riva sinistra dell’Arno mi spinge a
sottolineare solo la spettacolare videproiezione sulla facciata della
Basilica di Santo Spirito, e lo fa con un campanilsmo così terra terra
da far invidia anche alla palla rasoterra che contraddistingue la
manovra Viola, sempre agli antipodi di qualsiasi campanile o traiettoria
troppo arcuata. Luci della città che come quelle di Charlie Chaplin mi
vedono vagabondo di un sogno Diladdarno, che invece di incontrare una
fioraia cieca incontra la passione cieca per la Fiorentina.


giovedì 27 dicembre 2012
Pagellone
Lo
farò lo stesso anche se dopo tre voti puzza, anche se il pagellone
puzza sempre dalla testa, anche se in certi casi ci si ruzza per via di
quei micidiali colpi di testa con i quali Gonzalo e compagni hanno fatto
la festa a difese avversarie così dolci da finire in un qualche altro
pagellone d’acqua dolce. O a fette, si, difese fatte a fette sempre per
lo stesso motivo, ma questa volta finite in un pagellone di una trota
non proprio salmonata, ma anagrammata in salmi per diventare torta. E lo
farò non tanto perché ho la luna storta o perché non c’è più Luna, ma
lo farò perché non è classificato di fondale ma d’alta classifica,
perché un pagellone pelagico che si rispetti è si un mare aperto di
speranze, ma è anche un mare pieno di giocatori pelati, perché non è di
scoglio ma capace di superare lo scoglio delle perplessità di tifosi che
non sapevano se era meglio avere in panchina Franco Scoglio o in
pancina uno spaghetto allo scoglio. Un pagellone che supera agevolmente
la barriera corallina, come Aquilani supera quella su punizione, forse
giallo come il bizzarro destino di Pizarro e non rosso come l’oro del
mare, un pagellone che sguazza è vero sulla barriera corallina, ma
sguazza anche sulla coralità del gioco di squadra, soprattutto di una
squadra che dimostra di avere fegato, cuore e polmoni, e quindi anche
una buona coratella, buona e bella come del resto l’idea del calcio di
Vincenzino Montella. Mi cimento perché ci nuota dentro la passione, un
pagellone felice come Centofanti dove i sogni sono tanti e non sono
infranti sul cemento, di quel duro rosicare che era diventato di
Firenze il vero risorgimento, perché adesso risale le rapide del cuore
per andare sempre più in alto, per schiodare le speranze e i piedi da
quei consigli di tenerli saldamente a terra o troppo posati
sull’asfalto, o come il pensiero un po’ travisato del Jannotti che
arrangiato per l’occasione dice che il sogno per lo scudetto della Fiore
non è una moda del momento ma nasce come un fiore sull’asfalto e sul
cemento. Lo vedo dal pontile e non dalla pontellizzazione, dall’alto del
campanile o da piazza stazione, e nell’acquario della fantasia getto
ami per tirare su sogni tricolorati. C’è chi lo divide in reparti, chi
insomma lo squama per capire meglio quanto lo ama, e chi come me fa
come i sarti, e nella notte si cuce il sogno sul petto, e alla fine è
proprio il suo il pagellone a risultare perfetto. E per esserlo davvero
non darò voti ne alla difesa, ne al centrocampo e nemmeno all’attacco,
perché per paura che il sogno finisca preferisco intanto togliere la
lisca, che potrebbe tradirlo come un’irruzione a chi vorrebbe giocarselo
in una bisca, senza la lisca perché tutto proceda per il giusto verso,
senza cioè che niente possa rimanerci di traverso.
mercoledì 26 dicembre 2012
Oltre e al di là
C’è
qualcosa che va oltre, qualche volta nascosto da una coltre, se di neve
si posa lieve, quando di nebbia aiuta a nascondere la rabbia, per chi
va sempre oltre, a tutto, come i Re Randagi che invece della mirra
portano la birra, per sfigurarla con un rutto o con un pensiero brutto. E
andare oltre con il cuore duro significa sporcarlo anche solo scrivendo
l’amore su un muro, tenerlo dentro al cuore anche come uno tarlo
significa invece amarlo. C’è qualcosa che va oltre, come la passione per
la Fiorentina inoltre, come una qualsiasi passione che essendo tale ti
soprassale, ti condisce la vita come il sale, che sale da dentro e
magari fa due passi in centro, ma che appena può ritorna, perché chi è
innamorato non mette mai le corna, almeno che non pascoli nel peccato o
che il Pascoli sia quello della “cavallina storna”. C’è qualcosa che va
al di là, ma che esiste davvero, che non viene dall’aldilà e il futuro
qua non sarà mai il più nero, che va oltre, che va al di là del
popolare, dove qualcuno è capace di bestemmiare pure sull’altare, ma se
ti vuol bene ti accarezza o ti da una pacca, e per dirtelo ti trasforma
la C in acca. Un mago di strada insomma, fortunato a stare lì se solo
della vita volesse far mai una somma, e anche se non sarà sempre stata serena avrà
almeno camminato tutta la sua vita sulla pietra serena, tra momenti belli e brutti, e
monumenti di tutti. Generoso al tal punto che oboli del suo tempo li
passerà in Boboli, al di là, dove la gente non nasce ma rinasce, perché
lo spirito non è solo quello di Santo Spirito ma è quello rinascimentale
di Firenze. Politicamente a sinistra non andrà mai alla deriva, anche
se geograficamente sulla riva sinistra, tra l’Arno e il marmo, tra
santi, giardini, musei e palazzi, che per la troppa bellezza qualcuno ha
scomodato persino Stehdhal, ma che alla fine sono solo cazzi. C’è
qualcosa che va oltre, che va al di là, e per questo ci sono botteghe
che restaurano il cuore di chi non ce la fa, di chi “la lontananza sai è
come il vento” ma anche se lontana, l’anima fiorentina, a riportarla al
proprio posto ci pensa sempre la tramontana. Quel qualcosa che va oltre
o va al di là è il cuore, e quando va oltre va in Oltrarno, quando va
al di là va Diladdarno.
martedì 25 dicembre 2012
Gnam gnam style
Anche
il mio è un buon Natale in gnam gnam style, allineato così agli auguri
ufficiali della società, con un disegno al posto del video, ma
soprattutto in grado di trasformare il ritmo in ingredienti della
memoria, per ricordare i sapori del duemiladodici che ci hanno portato
fino quasi all’eccellenza. Il boccone amaro per una squadra squassata,
sgassata di professionalità e senza più le interiora, senza cuore, palle
e vergogna che servono per indossare la maglia Viola senza fare la fine
delle cailles en sarcophage,
era già finito nella spazzatura di una rivoluzione rosolata bene bene
insieme alle pernici, spennelllate di tanti benserviti, là alle pendici
di una discesa negli inferi della passione. E così sono cominciati ad
arrivare i sapori veri che Macia e Pradé hanno tirato fuori dal
talismano della felicità, in una cucina dove il genio è capace di
risolvere una ricetta anche mettendo l’ingrediente di successo
all’ultimo tuffo, come alla prima di campionato, o come lo zafferano
della vittoria a Milano che ha colorato di giallo la scelta di Montolivo
più di un libro di Faletti, di un’asticella o di quella riconoscenza
alla quale il giocatore aveva messo dei bei paletti. Il passa parola si è
dimostrato come sempre la miglior pubblicità, e insieme alla classifica
oggi ci racconta che a Firenze si mangia bene, una grande cucina che
mantiene intatti i sapori di casa e l’imbattibilità, dove gli avversari
pagano spesso un conto salato, tante portate consecutive e gustose come
le vittorie, solo tre serate storte, di quelle però che non sono proprio
da buttare via, e poi la bellezza della mise en table
con la cura della manovra dalla cucina al piatto, con un gioco sontuoso
e mai piatto, mentre con la lentezza nel capire questa nuova
dimensione, di più di qualcuno non capace a fare il tifo ma con un bel
carapace, c’è venuto fuori un meraviglioso brodo di tartaruga, con
qualche brodo invece che se ne è andato troppo in fretta per passare
dalla bistecca alla cotoletta, non proprio un buongustaio se oggi i suoi
sogni sono ancora rimasti Acerbi mentre i nostri volano alti come gli
Aquilani. In questa verticale di emozioni, di varietà di sapori che
vanno dalla onesta e schietta verità dei porri, alla ricercatezza di
Pinchiorri, abbiamo chiuso l’anno con il dolce al cucchiaio di Jovetic, e
il bello è che non siamo affatto satolli ma aspettiamo la Befana che ci
porti via da questi atolli della memoria, belli si, ma comunque lontani
dalla frenesia che si respira in cucina, per riportarci con le gambe
sotto al tavolo della prossima partita. Intanto Babbo Natale ringrazia
per avergli inviato letterine a reti unificate, e così con un solo
centravanti riuscirà ad accontentare tutti, e può darsi che risparmiando
sulle spese di spedizione alla fine riesca a portarci anche
qualcun’altro. E’ tempo di auguri, di parenti, di brasati e di parenti
brasati, un solo consiglio per il dolce che non dovrà essere un
coniglio, oppure se lo è dovrà essere come quello tirato fuori dal
cilindro di una campagna acquisti magica, sennò dovrà essere un dolce un
po’ lontano dalla tradizione delle feste ma sempre presente nelle
nostre teste, senza bisogno di alcuna lievitazione, canditi e uvetta, di
glassa o strane rivisitazioni per conquistare la massa, nei secoli
fedele come i carabinieri, non si taglia a fette ma si prende a morsi,
non è un sedere, potrebbe anche essere poppa, ma perché sia ancora vento
in poppa, per un Natale come si deve ci vuole il tipico cibo
fiorentino. Perché per imbarcarsi sul sogno non basta prendere
l’aeroplanino, per il terzo scudetto c’è bisogno dell’aeropanino con il
lampredotto. E per alimentare il sogno e la tradizione non può certo volerci
un panettone, in perfetto Firenze gnam gnam style come il masticare dei
fumetti. E allora tanto, tanto lampredotto a tutti.
lunedì 24 dicembre 2012
Il vello è bello


domenica 23 dicembre 2012
Scelte spigolose
La
notizia non è tanto quella di una classifica che non fa più notizia ma
vanto, oppure che sono stati già realizzati gli stessi gol meno uno
dell’intera stagione scorsa, e meno male che ci mancano le punte, e
diciamolo senza tentennamenti, no, nemmeno aver avuto due rigori a
favore, o meglio ancora avere avuto Celi ad arbitrarci, che con quella
di ieri è alla sua undicesima vittoria consecutiva con la Fiorentina. E
neanche Mauro, visto che a Sky ha fatto l’ennessima domanda del cazzo a
Montella, un’intelligenza inferiore la sua che ormai non fa più notizia,
come nemmeno la giovanile partita di Dorian Tony che è il ritratto
della salute e di una scelta estrema ma indovinata. Per colpa di
Montella e di Gianni Vio non è stata nemmeno la mancata ammonizione di
Pizarro, dopo che hanno studiato una soluzione vincente che prevede
d’ora in avanti di giocare solo quindici minuti a partita riducendo
drasticamente la percentuale di rischio e preservandolo fisicamente. Non
farebbe notizia nemmeno l’esonero di Gasperini o una labbrata di Delio
Rossi a Pozzi dopo aver preso subito una labbrata da Petkovic al suo
rientro, e non può essere certamente la personalità, il gioco della
squadra, la superiorità contro un Palermo venti punti indietro, Valero
veliero di centrocampo, o Savic perché con lui è ormai chiaro da tempo
che il City ha sbagliato a farci il resto, oppure la porta inviolata
perché oggi lo sarebbe rimasta anche con Viviano. La notizia vera sembra
essere invece che dopo la vittoria di ieri non ci sia rimasto proprio
più nessuno da utilizzare come scomodo paragone, si dice forse solo
Pappagone che con quel suo ciuffetto qualcuno dei rosiconi avrebbe
preferito anche ad El Sharaawy, ma incredibile a dirsi il male
marchigiano sembra aver sbaragliato davvero tutta la concorrenza che il
competente pubblico fiorentino gli aveva rinfacciato negli anni come
esempi da seguire. Zamparini, Preziosi e Pozzo come presidenti non solo
più illuminati nelle scelte e più generosi nel tipo di gestione, ma
soprattutto più innamorati delle loro creature, oggi sicuramente più
vicini e quindi capaci di eccellere nella lotta per non retrocedere
senza bisogno di farsi mandar affanculo come invece ha fatto in maniera
arrogante Andrea la scorsa stagione, e poi son finiti anche i tecnici
emergenti da ingaggiare per dimenticare Prandelli come il mitico
Gasperini , ieri ridicolizzato in campo e poi dalle sue stesse
dichiarazioni. E allora sfruttiamo il fatto che intanto anche l’anno sta
finendo e che ci ha salutato con un’altra grande partita, un’altra
vittoria, a dimostrazione di grande forza e bellezza di gioco, di
qualità assoluta che non ci ha fatto pesare neanche di aver giocato e
vinto tre giorni prima a Udine, a casa dell’altro grande Maestro
Guidolin, e quindi non ci resta che festeggiare la mezzanotte del
trentuno buttando dalla finestra le cose vecchie di cui liberarsi e di
cui magari qualcuno oggi si vergogna come la pontellizzazione, la
riconoscenza di Montolivo, i nasi e le parrucche da pagliaccio, gli
striscioni offensivi. Un grazie alla Fiorentina per questo magnifico
campionato, mentre personalmente mi sento in dovere di scusarmi per
l’atteggiamento di Montolivo che pur di alzare l’asticella in modo che
da sotto filtrasse copioso il profumo dell’euro, ieri all’Eur ha
costretto il proprio Babbo Natale a schiantarsi sull’ennesima
figuraccia.
sabato 22 dicembre 2012
Bacinovic


venerdì 21 dicembre 2012
Quando fiocca la neve, l'occasione da rete e la calza a rete


giovedì 20 dicembre 2012
Il canone si paga al canile


mercoledì 19 dicembre 2012
A spasso nel tempio
I
nuovi linguaggi arrivano sempre più veloci e se vuoi lottare davvero
per la Champion bisogna che alzi il monte ingaggi, perché loro incalzano
con il pressing alto e cancellano dal campo certi altri modi di dire,
irreparabilmente, lasciandoli sul posto come colpiti da un infarto
dialettico, da ripartenze fulminee, da folate che di fatto li rendono
cardiopatetici, come un vero defibrillatore del tempo. Prendiamo un
testo di un qualsiasi rapper italiano e confrontiamolo con uno degli
Alunni del Sole, prendiamo una vecchia foto di quando eravamo noi gli
alunni e guardiamo le foto dei nostri figli su un social network, oppure
una telecronaca di Martellini che secondo il tempo della logica nel
frattempo è diventata archeologica, che fa specie, imbalzamata che fa
più che altro Specola, il cui taglio si staglia polveroso come la
piramide di Cheope, lenta e miope, con inquadrature fisse come lo
sguardo di un ciclope, come lessa davanti al ritmo imposto oggi da
uomini come Caressa. Poi c’è chi di questo nuovo linguaggio se ne
vergogna anche un po’ come Cassano che si mette la mano davanti alla
bocca, chi non si vergogna più di niente come Montolivo e i suoi
procuratori, e c’è invece chi addirittura ne soffre come certi portieri
che provano disagio per l’incoerente traiettoria dei nuovi palloni, come
i nuovi pallori di recidivi scandali di calciatori scommettitori, e c’è
anche chi gode senza per questo che sia frode come gli attaccanti per
la marcatura a zona, molto meglio della zona euro, che sostituisce una
zona Cesarini naufragata ormai in certi recuperi così lunghi che ci
vuole il disco orario, che perciò diventano una zona Cesaroni, diventata
a sua volta una fiction di successo, recuperi che un tempo avrebbero
esondato sul Novantesimo Minuto di Paolo Valenti. Panchine ergonomiche
con gente sdraiata come in una Spa, e pacchine economiche che erano
quelle che invece si davano quando uno su tagliava i capelli, mentre i
giocatori sono avvolti da coperte e coperti da insulti al di là del
vetro e del tempo, e i capelli sono avvolti da gel che ne modellano
tagli che sono sculture astratte come quelle di Jo Pomodoro, quando un
tempo di “pomodoro” c’era solo Banchelli e io mi ritrovo come un
pomodoro pelato. Poi è arrivata la profanazione del tempio, un tempo
inaccessibile come oggi un’intervista di Del Neri senza il linguaggio
dei segni, con le telecamere che hanno fatto irruzione negli spogliatoi
dei maschi, quando noi ci ingegnavamo come Clint Eastwood in “Fuga da
Alcatraz” per scavare una prospettiva su quello delle femmine. Parole e
pensieri che cambiano col passare del tempo ma che sono legati sempre
dalla stessa grande passione Viola, anche quando il domani diventa ieri.
Anche quando cambiano i tessuti, gli sponsor e la velocità del gioco,
quando un’altra partita di Coppa Italia ci farà stare incollati a
quell’arnese sempre più piatto e la nuova emozione si chiamerà Udinese,
anche se certi modi di dire certificheranno in maniera spietata la
nostra carta d’identità, e magari non potremo più dare del topo di fogna
a chi come Mauro cerca sempre rogna, perché più che offendere farebbe
ridere, e fa ridere soprattutto certi topi se quella fogna è in zona
Montalcino dove un ex dipendentente di un’azienda vinicola ci ha scaricato seicento ettolitri di Brunello.

martedì 18 dicembre 2012
Una verità più calzante
Torno
sulla vicenda Montolivo solo perché cosciente di quanto abbia sofferto
chi nasce davvero dal tornio del giornalismo italiano, e non come un
perdigiorno come me che al limite può essere inserito tra i
perdigornalisti, ma che ha comunque sofferto per la stessa insostenibile
ironia del destino, ironia che in quanto gratis si è persino accanita.
Non posso reputarmi un vero collega dell’esimio giornalista, diciamo più
un Colgate nel senso che finalmente posso lavarmi i denti dalle scomode
verità conosciute e fino ad oggi mai svelate perché amico di una cugina
alla lontana della De Pin, anche lei lontana anni luce dalla verità,
tanto da sapere una sega di cosa sia veramente successo. Non c’è cosa
peggiore per un giornalista che avere la soffiata della vita e invece di
poterla raccontare prenderci prima il torcicollo e poi di bischero,
questa è un po’ la storia, anzi le Traversie, di un tipo di figura
professionale nuova che sta tra Gian Aldo Biscardi per via del taglio di
capelli e Mara Maionchi per via della conoscenza musicale e la facilità
d’insulto, un uomo che sapeva e che non poteva dire, come una escort
che non la poteva dare, o come un venditore della Ford che non poteva
vendere la Escort, un uomo che sussurrava le sue verità ai cavalli per
non macerarsi dentro, un uomo dalle mille risorse tanto da poter vantare
nel suo curriculum interviste come quella a Winnie the Pooh pensando
che fosse il quarto uscito dai Pooh, ma anche un uomo dai mille cognomi
tanto che tra il nome composto e il secondo cognome c’è la carrozza
ristorante dove fanno una meravigliosa composta di prugne, per la quale
il nostro uomo che ne va matto ci ha scritto uno dei suoi pezzi più
memorabili “Torna a casa Lassativo”. Volendo in questo modo giocare un
po’ con quella strepitosa figura di cane che ci ha accompagnati da
bambini con le sue avventure e che lui continua a frequentare nella sua
vita professionale anche se oggi nella veste di un carlino invece di un
pastore scozzese, perché lui più che un giornalista di getto è un
giornalista di resto, e come Antognoni che giocava nel Resto del Mondo
lui gioca nel Resto del Carlino, quello che poi gli ha permesso di
raccogliere certe confidenze su Montolivo, che pensavo fosse possibile
leggere solo su Confidenze. Un giornale che mia mamma continua a
comprare da quarant’anni, che esce in un unica copia e che scrive la
giornalaia di Porta Romana per arrotondare. Insomma, oggi che filtrano
verità come quella che Montolivo se ne sarebbe andato perché privato della
fascia di capitano, cosa che Galliani evidentemente già sapeva prima di
far accomodare Aquilani in tribuna per non doverlo riscattare, è l’ora
che anche io tiri fuori tutta la verità che mi ha raccontato quella
cugina di secondo grado della De Pin che lavora da Intimissimi, per
rispetto dei tifosi ma anche dello stesso giornalista bolognese che così
potrà integrarla alla biografia “L’invernole di un uomo” che sta
scrivendo su Corvino. Perché secondo la gola profonda della famiglia di
Cristina, se è vero che Riccardo se ne è andato da Firenze per via della
fascia di capitano è anche vero che sarebbe dovuto andare al Chelsea
dove facevano salti mortali sull’asticella pur di averlo, quella era la
sua destinazione, quella la sua vera asticella, e la cugina della De Pin
fa sul serio e porta le prove mostrandoci le calze che Riccardo aveva
regalato a Cristina per festeggiare il trasferimento a Londra. Poi le
calze si sono smagliate proprio all’altezza del Big Ben e allora è
sembrato un segno del destino, questa si una giustificazione finalmente
seria, e così hanno deciso di prendere l’assegno del destino firmato da
Berlusconi.
lunedì 17 dicembre 2012
Spek affumicato d'affetto
Mentre
il Pek si commuove il posticipo ci dice che dopo Inter e Roma anche il
Napoli non si muove, impantanato in una sconfitta interna pesante come
la pastiera, e che anticipa di poche ore una penalizzazione che incombe
come un’altra testata di Portanova. La Fiorentina ritrova i sapori del
Pata Negra in mezzo al campo e in mezzo al risentimento dei padrini di
Viviano che non riescono a godere del balzo in avanti della squadra come
se Neto non difendesse la porta Viola, e come se un rimbalzo fasullo
avesse tradito il proprio beniamino. Il cartellino giallo a Pizarro ci
ricorda invece che Tagliavento ha regolarmente timbrato il suo
cartellino di presenza, Toni la sua doppietta, Pasqual la sua miglior
partita, Serse Cosmi il suo probabile esonero, il Siena una disfatta che
per quanto ci tenessero a questo derby di similpelle non è proprio un
augurio di buon Natale. Vincenzo intanto le indovina tutte compresa la
sostituzione di Cuadrado con Romulo che rimesso sui binari di fascia
ritrova la fisionomia della littorina, e con l’assist per Aquilani anche
la sua miglior giocata in Viola, indovina anche la coppia d’attacco che
permette a Jovetic di mettere minuti nelle gambe senza che la squadra
paghi pegno, perché una volta recuperato lui potremo utilizzare la
giocata personale sul tavolo di certe partite nelle quali il gioco non
gira come dovrebbe. Difficile che con i tre tenori in mezzo al campo si
possa verificare una qualche stitichezza di gioco, ma tutto è possibile,
anche le difficoltà dettate dalla bravura degli avversari oppure da
quelle racchiuse nell’umiltà di certi atteggiamenti prudenti come
l’abbraccio stretto di una cerniera lampo, nei quali il colpo del
campione può risultare il giusto grimaldello. Uova di lompo quindi sulla
tartina domenicale, per via di un Siena così poco consistente, ma anche
perché il caviale deve avere il sapore più piratesco della vittoria
esterna che ci andremo a gustare a Palermo alla faccia di Zamparini e
dello zampone, solo per ribadire che nel gruppone delle grandi ci siamo
anche noi che ormai abbiamo il palato troppo fine per non apprezzare il
raffinato gusto dell’alta classifica. Peccato solo per la questione
Viviano, che sono convinto sarà sereno per il turno di riposo che gli ha
concesso Montella, almeno lui, dispiace quindi per la divisione che
invece sembra aver spaccato una parte della tifoseria, che dopo
Montolivo, ha ritrovato pane per i propri denti aguzzi dai quali
schizzare veleno anche su una serena vittoria di metà dicembre. E la
Bice che conosce quanto sia umorale questa città, che è sempre al passo
con la polemica anche quando certa tifoseria prova addirittura il doppio
passo per cercare di macerare la gioia con una polemica secca come una
finta di corpo, un disagio per il portiere tifoso che li fa andare di
corpo, ha voluto interpretare quest’ennesima manfrina senza capo ne
coda, mettendosi la serpe invece che in seno, in capo, al posto della
cenere.
domenica 16 dicembre 2012
Sotto sotto
Vediamo
di spadellarla subito nel piatto giusto prima che la partita sappia
troppo di soffritto, per metterla in soffitta senza soffrire di questo
calcio stuprato e servito come uno stufato ad un pubblico già stufo, un
calcio che invece di Jovetic avrebbe più bisogno di un bicchiere mezzo
pieno di Alka Seltzer per digerirne la folle programmazione. Andiamo a
vedercela però almeno con la consapevolezza di avere i tre tenori a
centrocampo al posto di tre taniche di vino a centrotavola, con ancora
la brioche sullo sfondo della mattinata, puntando eventualmente tutto su
una merenda riparatrice, e per abituarci ad una partita che entra in
scivolata sul pranzo della domenica ci vuole solo il sapore buono e
consolatorio della vittoria, che è accettabile come l’aglio olio e
peperoncino a mezzanotte e la pasticceria appena sfornata in piena
notte. E a parte il jet lag morale di chi si è prostituito alle
televisioni, fatto all’amore con uno sconosciuto buonsenso e quindi
partorito un calendario così bastardo, i sapori giusti ci sarebbero
tutti lo stesso, dal rientro di Jovetic al ricomposto trio delle
meraviglie in mezzo al campo, alla probabile sostituzione di anca
sbilenca con l’aneto, che impossibilitato a profumare un pranzo
ghigliottinato dagli interessi televisivi, potrebbe risultare comunque
terapeutico se usato in infusione per fermare il singhiozzo e la
flautulenza di certi interventi di Viviano. Speriamo che Montella ci
serva una bella partita frizzante almeno come una Blanquette de Limoux
per pulire la bocca dalla coda del risultato di Roma, un risultato che
funzioni da vaccino per la coda alla vaccinara che ci ha cucinato
l’eterno Totti, con qualcosa di più familiare, va bene anche
il sapore datato di una fetta di pane e pomodoro, o la fettunta con
l’olio nuovo che strozzi sul nascere le speranze dell’orco roco Cosmi,
che a Firenze butti per aria il cappello della salvezza senese e per
consolarsi se ne vada a mangiare un bel panino con il lampredotto.
Perché oggi vorremmo ritornare proprio a godere, quindi a vincere e
guadagnare intanto tre punti sull’Inter, posizionandoci di nuovo a
ridosso di quello che dire più non posso, ritrovando quel gioco che ci
ha fatto stropicciare gli occhi come se con le mani avessimo toccato il
pepeorncino. Insomma una domenica fuori dai canonici spazi gastronomici
della tradizione, che però potrebbe addirittura piacerci di più, siamo
aperti anche alle gioie fuori orario, anzi pensiamo che quelle
fuori pasto possono risultare addirittura le migliori, ma sì, sotto sotto
alla fine potrebbe essere proprio un bel vedere.
sabato 15 dicembre 2012
Il piatto piange
I
Greci del periodo arcaico ritenevano che la Terra fosse piatta, come
del resto anche la passione Viola di certi tifosi in Borgo dei Greci
prima dell’avvento di una concezione più sferica del calcio, piovuta
sulla città grazie allo staff di Montella composto da Pitagora,
Aristotele per quanto riguarda le prove osservative, oltre a Gianni Vio
capace di dimostrare che i saltatori della difesa che staccano verso il
cielo dell’area avversaria riescono a vedere un incremento della sfera
che ruzzola dentro la rete in confronto a chi invece rimane piantato per
terra. La credenza di una terra piatta si trova nei più antichi
concetti di calcio dell’umanità, cito Mazzone oppure anche Ciro Ferrara
fino ai mesopotamici del catenaccio come Nereo Rocco, un calcio pensato
solo come agli antipodi della modernità. Ma grazie a Montella Firenze ha
conosciuto finalmente il calcio sferico, quello scoperto dall’astronomo
Guardiola che aveva disegnato il gioco del Barcellona mettendolo al
centro dell’universo calcistico, una modernità che di fatto ha reso di
dimensioni insignificanti le altre filosofie di gioco rispetto al cosmo
blaugrana. E oggi che abbiamo finalmente conosciuto la verità della
bellezza sferica di questo nuovo calcio, avanzano le teorie degli
oppositori che prima alzano il pelo di fronte a tale e tanta modernità, e
subito dopo innalzano il concetto della diga a centrocampo, del
medianaccio, dell’incontrista randellatore senza il quale non
riconoscono nessuna visione di calcio, non esiste partita insomma senza
la figura rassicurante tipica del distruttore di gioco, perché viene
considerata squilibrata e illusoria una visione che preveda invece un
cerchio infernale di centrocampo con i vari Pizarro, Aquilani e Borja
Valero, solo farneticazioni tattiche, non riconoscendo ammissibili fasi
di gioco come il pressing alto o la squadra troppo alta, ma solo quel
tipo di calcio che era stato pensato nell’Alto Medioevo. Noi non ci
stiamo a questo ritorno al gioco disadorno, non vogliamo sentire nessun
spiffero di ripensamento, non si torna più indietro perché ormai
sappiamo che possiamo girare intorno all’avversario con una manovra
avvolgente e meravigliosamente rotonda, che possiamo circumnavigare la
classifica attraverso questa filosofia di gioco ricurvo,
infischiandosene di qualche smagliatura come quella di Roma, perché
siamo convinti che il calcio non è piatto anche se ci sono gli
oppositori dell’ultim’ora che dopo la sconfitta dell’Olimpico sostengono
che non esiste nessuna curvatura terrestre, una visione miope che
poggia le sue convinzioni su studi fatti dentro a stadi attraverso
figure di maniscalchi che randellano calci come Donadel o simili. Noi
domani contro il Siena vogliamo rivedere la Fiorentina barcellocentrica
di Montella senza se e senza ma, senza nessun ripensamento tattico, anzi
se possibile vorremmo addirittura rilanciare rendendo sempre più
tecnica la nostra squadra aggiungendo allo staff di Montella anche un
ufficio tecnico, lasciando ad altri la visione di un calcio tatticamente
pensato su una tavola da stiro, e per sostenere questa nostra conquista
estetica abbiamo preparato il manifesto del movimento che divulga
questa nostra filosofia di gioco, con un semplice slogan “ Il mondo non è
più piatto”.
venerdì 14 dicembre 2012
Palp fiction


giovedì 13 dicembre 2012
Lasciare il posto a sedere a Scanziani


mercoledì 12 dicembre 2012
I soliti sospetti
Strane
analogie tra il terzo gol della Roma subito sabato da Viviano e il
primo di Pjanic subito ieri sera in Coppa Italia da Consigli, qualcosa
non torna davvero, perché o la Roma usa palloni truccati come i motorini
dei ragazzi, compreso quello di Agazzi, oppure Atalanta e Fiorentina
usano giocatori truccati da portieri. Come del resto le partite truccate
e come dice Elio anche appalti truccati e il visagista delle dive è
truccatissimo, mentre il regista è solito truccarsi di tatuaggi, e poi
come i passaporti truccati e la carta di’identità di Babacar che ha
trentacinque anni come Toni. Come mai poi i due presunti portieri si
somigliano così tanto, come del resto anche i palloni, e qua la
fisiognomica sembra volerci svelare attraverso i lineamenti del volto,
proprio il volto peggiore di chi non è adatto a difendere i lineamenti
di porta. E come mai ieri sera Consigli ha voluto dimostrare solidarietà
ai vari Gillet, Frey e Viviano, tutti diversamente portieri, sembra che
questi interventi difettosi facciano parte di un disegno più ampio che
diventerà poi il piatto forte del programma politico che caratterizzerà
la nuova discesa in campo di Berlusconi. Per prendersi i voti del calcio
e non solo più quelli dei milanisti, si dirà che i tre portieri in
questione sono comunisti, si dirà che la Fiorentina non è in
autofinanziamento ma che Della Valle ha messo in atto la spending
review, si dirà che Viviano l’ha voluto il Vuturo e l’Imu Mamma Ebe.
Insomma il calcio è in crisi, si gioca a tutte le ore, e tutti i giorni
come alla Coop, il fior fiore dei giocatori se n’è andato in altri
campionati mentre Fior Fiore è la linea di prodotti migliore a marchio
Coop, figuriamoci un po’ gli altri. E nel calcio tutti possono dire la
loro persino il Gat, ma quello che è peggio è che tutti cercano di
fregare tutti, simulazioni, finte di corpo, guardie del corpo, l’inno
del corpo sciolto fino all’attesa spasmodica del passaporto comunitario
palesemente falso di un nonno palesemente italiano come Petkovic. La
Fiorentina per combattere tutto questo ha ingaggiato uno staff di
specialisti che studiano tutti gli aspetti più difficili del calcio,
degli specialisti che lavorano a compartimenti stagni per analizzare
minuziosamente ogni specifico ambito, Vio come sappiamo bene si occupa
con successo delle palle inattive, altri come dicevamo prima di
fisiognomica, c’è chi si occupa di etica e in questo caso è stato
assunto un professionista del settore nato direttamente da una costola
di Prandelli, che si è subito dimostrato determinante a Moena
intervenendo drasticamente dopo il ratto delle pernici. Poi c’è una
figura emergente che si occupa di etimologia del giocatore, che ne
studia cioè i tratti del cognome, per non ricadere in certi errori
tipici e banali del calcio, come Bolatti era palese che alla fine si
rivelasse solo una Bollatti di sapone oppure come Osvaldo che faceva il
barbiere o le pizze, o come Maggio buono solo per contarci le pecore.
Ieri in tutta questa confusione fatta anche di giornalisti giornalai,
nonché perdigiorno e quindi perdigiornalai, lo specialista etimologo ha
voluto precisare l’infondatezza delle voci su Vecino, perché ha spiegato
chiaramente che in uruguaiano Vecino significa vecchino, con
l’aggravante che il giocatore ha sospetti tratti femminili, e infatti ci
ha mostrato un fermo immagine di una sua tipica azione di gioco dove
quello che sostiene sembra essere molto più di un semplice sospetto.
martedì 11 dicembre 2012
Via Viviano non è una nuova via


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